La lotta ai crimini ambientali in Europa è ancora troppo frammentata

I crimini ambientali sono una delle maggiori minacce non solo per gli ecosistemi e le specie protette, ma anche per la nostra economia e la nostra società. Danneggiano le attività economiche, l’integrità dei territori e delle comunità che vi abitano, minacciando l’esistenza stessa di habitat già fragili.

In quanto principale blocco economico e commerciale del mondo, l’Unione Europea è una delle principali destinazioni e snodi di transito per il commercio illegale legato ai crimini ambientali, nonché una regione soggetta ad un incremento dei crimini ambientali all’interno del suo territorio. Il quadro generale dei crimini ambientali in Europa è quello di una minaccia complessa, in crescita e già grave che, nonostante la crescente attenzione da parte dei responsabili politici e della autorità di enforcement, manca ancora di un’azione efficace, coerente e integrata.

Crimini ambientali, un fenomeno in aumento

Stime dell’Interpol/UNEP hanno registrato un aumento dei crimini ambientali a livello globale del 5% nel decennio 2010-2020. È molto probabile che questo aumento accelererà ulteriormente nei decenni a venire, anche a causa del crescente coinvolgimento di grandi aziende internazionali e di gruppi di criminalità organizzata, nonché del notevole margine di profitto e delle basse sanzioni previste.

Infatti, non solo è aumentato il valore assoluto dei crimini ambientali, ma sono cambiati anche gli attori e i reati: i crimini dei colletti bianchi sono ora molto rilevanti, anche a causa del coinvolgimento di numerose aziende (in particolare multinazionali) in attività la cui illegalità è difficile da dimostrare (per esempio, il commercio di legname). L’alto valore economico dei flussi di commercio illecito, come quello di rifiuti pericolosi o di specie in via di estinzione, le basse sanzioni e gli ostacoli alle indagini internazionali hanno portato anche a un ruolo crescente dei piccoli e grandi gruppi criminali organizzati, che a volte si infiltrano anche a livello istituzionale, truccando gare d’appalto e valutazioni ambientali.

Lo studio dello IAI fa una panoramica aggiornata dei crimini ambientali in Europa.

Una definizione mancante

Nonostante i recenti miglioramenti, l’Ue nel suo complesso e la maggior parte degli Stati membri sono ancora lontani da un’azione efficace contro i reati ambientali. Uno degli ostacoli principali è la mancanza di una definizione condivisa: non esiste una delimitazione esaustiva di cosa siano i crimini ambientali, né a livello globale ed europeo, né, nella maggior parte dei casi, a livello nazionale.

A livello di Unione Europea, la  Direttiva sui crimini ambientali (Direttiva 2008/99/EC) e la nuova direttiva proposta nel 2021 sono entrambe prive di una definizione chiara e definitiva di crimini ambientali. A livello degli Stati membri, sebbene alcuni paesi abbiano definizioni nel loro Codice penale (come nel caso della Spagna o dell’Italia), a ciò non corrispondono dichiarazioni analoghe sul piano amministrativo, limitandone così l’efficacia.

L’attuale Direttiva sui crimini ambientali non affronta con chiarezza come le legislazioni penali ed amministrative competenti in materia ambientali devono interagire tra loro all’interno dei singoli stati membri, causando una varietà di approcci nazionali diversi. Per contrastare le attività illegali contro l’ambiente, alcuni paesi (come Malta o la Germania) adottano sistemi fortemente orientati verso il diritto amministrativo, altri (come Ungheria) verso quello penale. Questo influisce anche sul tipo e grado di sanzioni che possono essere applicate ad un determinato tipo di crimine ambientale, creando una situazione tale per cui uno stesso reato può essere punito in modo significativamente diverso da un Paese all’altro.

Altri ostacoli all’azione contro i crimini ambientali

I crimini ambientali sono inoltre complicati da trattare a causa di una serie di caratteristiche intrinseche a questi reati, come la difficoltà ad identificare tempestivamente i reati commessi e la difficoltà di collegare il reato a chi lo ha commesso. La maggior parte dei casi di bracconaggio sui lupi italiani, per esempio, non viene individuata perché avviene su terreni privati o in aree montane particolarmente difficili da monitorare.

La transnazionalità, che è una caratteristica della grande maggioranza dei reati ambientali, è un altro problema fondamentale. Affrontare i reati transnazionali richiede una cooperazione intraeuropea e internazionale che in molti casi manca (soprattutto quando si tratta di Paesi extra-Ue). I crimini transnazionali sfruttano le lacune della legislazione e beneficiano della mancanza di coordinamento e di definizioni condivise. Esempi di cooperazione difficile sono, ad esempio, tra la Danimarca e diversi paesi asiatici per quanto riguarda l’esportazione di rifiuti o tra Malta e diversi paesi africani per quanto riguarda la demolizione illegale di navi e la caccia illegale.

La sfida ricorrente nella lotta ai reati ambientali rimane l’inadeguatezza del quadro legislativo e di quello operativo, che si traduce in pene troppo basse nella maggior parte dei casi e in bassi livelli di specializzazione – un problema che riguarda soprattutto la magistratura e molte forze di polizia nazionali, e che spesso si traduce in condanne inadeguate o addirittura in un alto numero di casi bloccati fin dall’inizio.

Il futuro dell’azione contro i crimini ambientali

Nuovi strumenti legislativi, economici e politici possono tuttavia ribaltare questa situazione anche nel breve-medio termine. Le unità di polizia centralizzate, dedicate esclusivamente ai reati ambientali, si sono dimostrate particolarmente efficaci anche se presenti solo in alcuni stati membri. É il caso, ad esempio, dell’OCLAESP in Francia, di SEPRONA in Spagna e del CUFA in Italia – che vantano un alto grado di specializzazione e svolgono funzioni fondamentali come il coordinamento degli attori nazionali rilevanti e la condivisione di informazioni tra le autorità nazionali e internazionali coinvolte.

La cooperazione internazionale è poi fondamentale per il successo dell’azione contro i reati ambientali. Ciò di cui gli stati membri hanno bisogno è una guida a livello europeo su come affrontare la crescente minaccia dei crimini ambientali. La proposta di nuova direttiva amplia il campo d’azione e aumenta l’accuratezza del precedente testo, ma manca di una visione comune, linee guida sui quadri legislativi e sull’azione di contrasto, nonché standard per la raccolta dei dati e la condivisione delle informazioni. L’azione contro i crimini ambientali ad oggi è ancora altamente eterogenea tra paesi membri e manca una visione e un coordinamento unico europeo, il che facilita la loro diffusione e riduce l’efficacia delle azioni di contrasto messe in atto.

Questo articolo è un estratto dal report Fighting Environmental Crime in Europe. An Assessment of Trends, Players and Action.

Foto di copertina EPA/HOTLI SIMANJUNTAK

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