Proliferazione nucleare e guerra in Ucraina: intervista a Polina Sinovets e Iryna Maksymenko

La conversazione, a cura di Ettore Greco, con Polina Sinovets, direttrice del Centro di Odessa per la non proliferazione (OdCNP), e Iryna Maksymenko Professore associato presso il Dipartimento di Relazioni Internazionali dell’Università nazionale I.I. Mechnikov di Odessa. Fuggite dall’Ucraina per via della guerra, sono al momento in Italia per presentare un libro sulla “Storia nucleare dell’Ucraina”.

Le due professoresse si esprimono sulla plausibilità di un ricorso russo alle armi nucleari, sugli effetti della guerra sugli equilibri internazionali, sullo stimolo che essa ha fornito alla proliferazione nucleare, sulla debolezza delle garanzie di sicurezza ad oggi esistenti, sulla linea sottile che intercorre tra il concetto di assicurazione e garanzia, e sulle modalità di una soluzione effettiva e duratura del conflitto.

Professoressa Sinovets, lei dirige un centro studi ucraino – il Center for non proliferation, con sede in Odessa – che si occupa, fra l’altro, di armi nucleari. I dirigenti russi, compreso il presidente Putin, hanno più volte minacciato l’uso dell’arma nucleare nella guerra in corso in Ucraina. C’è, secondo lei, questo rischio? Pensa che Mosca possa davvero far ricorso alle armi nucleari?

Effettivamente abbiamo ricevuto diverse minacce di attacchi con armi nucleari da parte del presidente Putin. La prima è stata rivolta all’Ucraina il giorno in cui Putin ha dichiarato l’inizio della cosiddetta “operazione speciale” contro l’Ucraina. In tale occasione ha affermato che chiunque si fosse opposto avrebbe dovuto affrontare “conseguenze senza precedenti”. In un secondo momento Putin ha ribadito la minaccia mettendo in allerta le proprie forze nucleari.

Personalmente non credo che Putin utilizzerà armi nucleari in Ucraina. Ma anche se la possibilità di un loro utilizzo è bassa, esiste. L’obiettivo principale della minaccia nucleare russa è la deterrenza. L’obiettivo è quello di dissuadere le altre parti dall’interferire nel conflitto e di dissuadere l’Ucraina dallo stabilire una no fly zone.

Sappiamo però che i missili che Putin ha utilizzato in Ucraina sono di duplice utilizzo: possono essere utilizzati sia con testate convenzionali che nucleari. Quindi non possiamo escludere il rischio di utilizzo di armi nucleari. Questo potrebbe avvenire per diverse ragioni. Innanzitutto, potrebbero essere utilizzate per costringere l’Ucraina ad accettare un trattato – che non sarebbe vantaggioso per la stessa Ucraina. In secondo luogo, potrebbero essere utilizzate come parte della strategia generale della Russia. Come sapete, la Russia sta distruggendo le città ucraine e uccidendo civili, e ha già usato più di 2300 dei suoi missili. A un certo punto i missili convenzionali saranno esauriti e Putin potrebbe usare le armi nucleari, molto più efficaci per la sua strategia.

Professoressa Sinovets, nel 1994 l’Ucraina rinunciò alle armi nucleari sovietiche che erano sul suo territorio aderendo al trattato di non proliferazione in cambio di un impegno da parte della Russia a rispettare la sua sovranità e integrità territoriale. È quanto prevedeva il cosiddetto Budapest memorandum che fu sottoscritto anche da Usa e Gran Bretagna e poi da Francia e Cina. Invadendo l’Ucraina la Russia ha platealmente violato questo impegno. Nel suo libro sulla Storia nucleare dell’Ucraina che sta presentando in questi giorni a Roma lei ricostruisce la vicenda del Budapest Memorandum del 1994. Che lezioni se ne possono trarre?

La lezione principale che si può trarre è che le assicurazioni non sono sinonimo di garanzie. In occasione del memorandum di Budapest gli Stati Uniti hanno accettato di dare assicurazioni dell’Ucraina, ma non hanno mai voluto dare garanzie di sicurezza. Il problema sta nel fatto che, in russo e in ucraino, il termine “assicurazioni” viene tradotto con il termine “garanzie”. Quindi prima del 2014 l’Ucraina faceva affidamento sulle garanzie di sicurezza del Budapest Memorandum.

La lezione principale che l’Ucraina ha imparato è che, a prescindere dalle garanzie di cui si dispone, è necessario rafforzare le proprie capacità di deterrenza. Non ha senso affidarsi a potenze esterne se non si hanno garanzie simili a quelle della Nato.

Professoressa Iryna Maksimenko, la Russia, una superpotenza nucleare ha invaso uno Stato, l’Ucraina, che aveva accettato di rinunciare all’arma nucleare. Questo non rischia di convincere altri Stati che l’unico modo per difendersi è dotarsi di un arsenale nucleare? Non diverrà più difficile contenere la spinta verso una proliferazione nucleare?

Sicuramente l’invasione dell’Ucraina ha già impattato la proliferazione di armi nucleari perché ha fornito una scusa ad altri attori per dotarsi di un arsenale nucleare o per rafforzarlo.

La situazione attuale fa emergere crescenti preoccupazioni su come negoziare con attori quali la Corea del Nord o l’Iran che hanno messo in atto programmi nucleari – ufficiali o meno.

Una delle implicazioni della guerra della Russia contro l’Ucraina è legata alle garanzie di sicurezza e, prima di tutto, alla credibilità di tali garanzie da parte degli Stati dotati di armi nucleari. Il fatto che uno Stato dotato di armi nucleari abbia attaccato e minacciato l’utilizzo di armi nucleari contro uno Stato non dotato di armi nucleari, al quale aveva fornito assicurazioni in precedenza, rafforza la sfiducia verso tutti gli impegni e le assicurazioni di stati dotati di armi nucleari. Possiamo quindi aspettarci che gli Stati non dotati di armi nucleari cercheranno garanzie di sicurezza più stringenti da parte degli Stati dotati di armi nucleari e la domanda che ci si pone è se questi ultimi siano pronti a fornire tali garanzie di sicurezza.

Viene poi legittimata la percezione che l’opzione nucleare sia una polizza assicurativa per la sicurezza a lungo termine contro la minaccia militare sia nucleare che convenzionale. E possiamo già vedere alcune prove di questa posizione. Per esempio, la Corea del Nord ha fatto riferimento al caso ucraino, sottolineando che l’Ucraina non sarebbe mai stata attaccata se non avesse rinunciato alle sue armi nucleari.

La guerra della Russia contro l’Ucraina non fa altro che consolidare la volontà di alcuni Stati a investire nel nucleare. La Corea del Nord è incentivata a continuare a sviluppare i suoi programmi nucleari. Per l’Iran la possibilità di missili nucleari è percepita ora come ancora più importante in una logica di autodifesa e di garanzia di sopravvivenza.

Professoressa Sinovets, al momento non sembrano esservi concreti spiragli per un negoziato che ponga fine alla guerra in Ucraina. Ci si interroga però sui possibili assetti di sicurezza dopo la fine del conflitto. Quali garanzie di sicurezza sono indispensabili per l’Ucraina? E come si potrebbe coinvolgere la Russia nella gestione del dopoguerra?

È difficile dirlo perché ad oggi le promesse della Russia mancano di credibilità. Per questo abbiamo bisogno innanzitutto di un cessate il fuoco completo e di un ritiro dell’esercito almeno fino alla posizione che aveva prima del 24 febbraio. Dovrebbe poi naturalmente seguire un trattato di pace in cui siano menzionati gli obblighi della Russia, come il rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità. Non dovrebbe però trattarsi solo di assicurazioni, ma di garanzie menzionate nel trattato stesso, che obbligherebbe la Russia a rispettarle. Si dovrebbe risolvere poi anche la questione della Crimea e del Donbass. Nulla dovrebbe rimanere irrisolto, altrimenti si lascerebbe spazio a una nuova aggressione.

Ultime pubblicazioni