Il Kazakistan, la Russia e il “nuovo grande gioco” in Asia centrale

Negli ultimi giorni, il Kazakistan ha visto l’intervento di un contingente militare a guida russa in risposta alla chiamata del presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev per porre fine ai disordini scoppiati nel paese. Le truppe sono state inviate dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), alleanza militare guidata da Mosca che comprende sei paesi ex sovietici. Il grosso dei 2.500 soldati schierati appartiene alla 45a brigata dell’esercito russo, formata da forze speciali già utilizzate in passato in vari teatri di guerra, come la Cecenia, l’Ossezia del Sud e la Siria. L’intervento a guida russa ha confermato il ruolo chiave di Mosca come principale garante di sicurezza in Asia centrale.

Pechino spaventa Mosca

Ciononostante, per mantenere la sua influenza nella regione nel lungo periodo, Mosca dovrà controbilanciare l’influenza cinese. Infatti, negli ultimi anni l’Asia centrale ha assistito all’emergere di una crescente rivalità tra Russia e Cina, che potrebbe gradualmente superare il cosiddetto “asse di convenienza” tra Pechino e Mosca dei primi anni 2000. Oggi, la Cina sembra voler estendere la sua influenza nella regione sia a livello istituzionale, con iniziative come la Shanghai Cooperation Organization (SCO), sia tramite progetti economici e infrastrutturali come la Belt and Road Initiative (BRI). Le strategie del Cremlino per mantenere l’egemonia regionale nel suo “vicinato” includono la creazione di forti legami con i regimi locali filorussi, una presenza militare nei paesi dell’Asia centrale, il sostegno alle minoranze etniche russe e la marginalizzazione dell’influenza occidentale e cinese.

La nuova via della seta nel Grande Gioco

Anche se il Cremlino è ancora il principale intermediario tra l’Asia centrale e l’Europa per le reti di transito energetico, l’ascesa della Cina a livello regionale rappresenta una grande sfida. Legami storici e interessi divergenti potrebbero presto portare Mosca e Pechino verso un nuovo “grande gioco” in Asia Centrale. Il progetto cinese di creare una “Nuova via della seta” annunciato proprio in Kazakistan nel 2013 ha rappresentato un evento epocale per gli equilibri di potenza in Asia centrale, a testimonianza del crescente interesse cinese verso la regione.

Dal 2014, la Cina è diventata uno dei principali partner commerciali per i paesi dell’Asia centrale e uno dei principali investitori nel settore energetico. Inoltre, nel 2015, la Cina e il Kazakistan hanno espresso la comune volontà di collegare la BRI alla strategia kazaka del “sentiero luminoso” (Nurly Zhol) come preludio a una collaborazione economica, logistica e infrastrutturale a lungo termine. In parallelo, l’Uzbekistan ha annunciato il proprio impegno a raccordare la sua Nuova strategia di sviluppo alla BRI. Anche se direttamente coinvolto nell’iniziativa, il Cremlino ha interpretato la BRI come un tentativo di attirare i paesi dell’Asia centrale nell’orbita geoeconomica della Cina, a spese dell’Unione economica eurasiatica (EAEU) a guida russa, di cui Kazakistan e Kirghizistan sono membri. L’accesso cinese alle risorse energetiche regionali contrasta con l’obiettivo della Russia di mantenere un monopolio nel controllo del settore energetico in Asia centrale.

A livello istituzionale, inoltre, la Cina gioca un ruolo di primo piano in iniziative come la SCO. Creata nel 2001 allo scopo di favorire la cooperazione politica, economica e di sicurezza, oggi la SCO ha otto stati membri a pieno titolo (Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan, Uzbekistan, India e Pakistan), e l’Iran come membro in via di adesione. L’inclusione dell’India nel 2017 è stata fortemente incoraggiata dalla Russia per controbilanciare l’influenza della Cina nell’organizzazione, mossa a cui Pechino ha risposto sostenendo l’adesione del Pakistan come ulteriore forma di bilanciamento. È proprio attraverso la SCO che la Cina si sta proiettando come alternativa concreta alla Russia come garante di sicurezza in Eurasia.

La Russia punta ancora sui vecchi legami

Certamente, i paesi dell’Asia centrale vantano ancora significativi legami culturali e militari con Mosca. Infatti, la minoranza etnica russa – piuttosto cospicua, per esempio, proprio in Kazakistan – rappresenta uno strumento rilevante per la difesa degli interessi di Mosca. Inoltre, dal punto di vista militare, come dimostra l’intervento in Kazakistan, la CSTO gioca ancora un ruolo fondamentale nella regione. La Russia controlla tuttora le basi militari di Baikonur, Sary-Shagan e Balkhash in Kazakistan, la base aerea di Kant in Kirghizistan e la base militare di Dushanbe in Tagikistan. Inoltre, nella sfera della sicurezza, la presenza occidentale nella regione è trascurabile. Dopo l’espulsione dalla base aerea uzbeka di Karshi-Khanabad (K2) nel 2005 e dalla base aerea kirghiza di Manas nel 2014, neppure gli Stati Uniti sono più presenti militarmente nella zona.

In questo contesto, Mosca ritiene che le possibilità future per l’Asia centrale siano sostanzialmente tre: rimanere nell’orbita russa; cadere in una condizione di instabilità cronica; o passare sotto l’influenza cinese. Tuttavia, una futura rivalità sino-russa in Asia centrale potrebbe non necessariamente materializzarsi in uno scontro aperto, ma piuttosto in una competizione geostrategica e geoeconomica, in quello che potremmo chiamare il “nuovo grande gioco” del ventunesimo secolo.

Questo articolo è una traduzione dalla sua versione originale, in inglese, scritta dall’autore per il blog di The International Spectator, la prima rivista scientifica di peer-review italiana in lingua inglese, isituita nel 1966 e pubblicata da Routledge. The International Spectator è una pubblicazione curata da Leo Goretti e Daniela Huber.

Foto di copertina EPA/ALEXEY DRUGINYN / RIA NOVOSTI / KREMLIN POOL MANDATORY CREDIT

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