Lo scorso primo febbraio il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il presidente russo Vladimir Putin si sono incontrati per l’undicesima volta dal 2010 ossia da quando Orbán è tornato al potere. La visita si è svolta a Mosca in piena crisi ucraina ed è stata duramente criticata dall’opposizione ungherese e vista con diffidenza dai vertici dell’Ue.
“Non vogliamo una guerra fredda”
In una nota firmata dai rappresentanti dei partiti che si sono uniti in una coalizione formatasi in funzione delle elezioni politiche del prossimo aprile, si legge che nella situazione tesa alla quale stiamo assistendo, andare a Mosca “è semplicemente un tradimento” che avviene contro gli interessi dell’Ungheria e dell’Europa. Dura anche la reazione della presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa dell’Ue, Nathalie Loiseau, la quale ha espresso la speranza che il premier ungherese “si renda conto di cosa sia in gioco e che rimanga fedele al messaggio di unità emerso dall’Unione europea”.
L’Ungheria è l’unico paese dell’Europa centro-orientale ad aver rifiutato di accogliere truppe Nato da utilizzare in funzione della crisi, secondo la proposta del presidente americano Biden. “Non vogliamo una guerra fredda, preferiamo una soluzione diplomatica”, ha affermato il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó che ha anche definito “isteria” la reazione occidentale a questa nuova fase della crisi russo-ucraina.
Diplomazia energetica
L’avvicinamento di Budapest a Mosca non è cosa nuova, ed è uno degli aspetti che caratterizzano la politica estera del governo Orbán. Il premier si è recato in visita al leader del Cremlino per parlare soprattutto di energia e in effetti, prima di partire, aveva dichiarato di voler incrementare l’import energetico. L’Ungheria aveva già concluso con la Gazprom un accordo per la fornitura di 4,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno fino al 2036 aggirando l’Ucraina e facendo quindi perdere in questo modo a Kiev i diritti di transito. Infatti va considerato che, fino a poco tempo fa, il gas russo arrivava in Ungheria grazie a un gasdotto che attraversava il territorio ucraino.
Secondo le informazioni di cui si dispone, il primo ottobre scorso è iniziata la fornitura di 3,5 miliardi di metri cubi di gas attraverso la Turchia e la Serbia e un miliardo di metri cubi attraverso Germania e Austria. Un accordo vantaggioso secondo Putin e la diplomazia ungherese a parere della quale il medesimo “garantisce a lungo termine il riscaldamento delle case e il funzionamento del settore industriale”.
Il caso della centrale Paks 2
Ma in ballo nei rapporti economici fra i due paesi non c’è solo il gas. Il governo Orbán è infatti sostenitore dell’energia nucleare e nel 2014 ha firmato con Mosca un accordo per il potenziamento della centrale di Paks. Ora però si sa di una nuova intesa fra le parti per la realizzazione di una centrale ex novo in territorio ungherese a poca distanza da quella preesistente. Si parla di un progetto che potrà essere portato a termine grazie a un finanziamento russo pari a 10 miliardi di euro che copriranno la maggior parte dei costi dell’operazione stimati a circa 12,5 miliardi di euro.
Ora, sembra che la nuova centrale chiamata Paks II, debba sorgere in una zona giudicata poco sicura in quanto caratterizzata dalla presenza di una faglia sismica attiva. Anzi, pare che l’impianto sia destinato a trovare posto proprio su questa faglia.La cosa preoccupa la confinante Austria i cui esperti avanzano seri dubbi sul progetto. Citato da Europa Today, Franz Meister, dell’Agenzia austriaca per l’ambiente, sostiene che l’opera non rispetterebbe neppure la normativa ungherese e che la medesima andrebbe vietata in quanto “la linea della faglia attraversa il cantiere”.
Il nucleare, l’Ue e il vaccino Sputnik
L’esecutivo di Budapest, però, mostra determinazione nei suoi intenti riguardanti tale settore e afferma che senza il nucleare non si potrà raggiungere la neutralità climatica. Il tutto avviene in un clima di rimostranze da parte dell’opposizione che condanna l’amicizia con Putin e l’allontanamento da Bruxelles.
Questa amicizia non è storia di ieri, come già precisato, e sembra proprio essere uno dei cardini della politica estera del leader danubiano. Quest’ultimo critica da anni le sanzioni dell’Ue contro Mosca e sostiene da tempo che la politica anti-russa è ormai “una moda”. Un’amicizia, si diceva, che caratterizza la vita politica ungherese da quando Orbán è al potere e che ha avuto il suo peso anche nel frangente della pandemia. L’Ungheria è stato, infatti, il primo paese europeo ad adottare il vaccino russo Sputnik V non riconosciuto dall’EMA. Sembra, inoltre, che Budapest voglia costruire un impianto per produrlo in proprio. A tanta apertura da parte ungherese la Russia risponde, tramite la tv di stato, che quello danubiano è uno dei pochi paesi che abbia il coraggio di avere una sua opinione sulla situazione in Europa.
Foto di copertina EPA/YURI KOCHETKOV