Il tempo della Diplomazia non è ancora arrivato

Se per diplomazia si intende il complesso delle regole e dei processi che presiedono alle relazioni internazionali con l’obiettivo di prevenire o risolvere dispute e conflitti, o anche come una speciale abilità nella trattazione di questioni complesse e nella ricerca di compromessi, si deve concludere che, rispetto al conflitto in corso da un anno in Ucraina, la diplomazia ha complessivamente fallito. Ma forse conviene analizzare la questione più da vicino.

Un percorso credibile per la diplomazia

Si può sostenere che la diplomazia ha fallito nella fase che ha preceduto l’invasione russa dell’Ucraina, ad esempio perché l’occidente non ha preso sul serio le minacce di Putin o non ha saputo offrire al presidente della Federazione russa soluzioni che consentissero di evitare la cosiddetta operazione militare speciale. Ma si può anche obiettare che Putin aveva già deciso da tempo che una Ucraina democratica, indipendente e filo-occidentale era una minaccia insostenibile per la sicurezza della Russia, e che quindi non c’erano alternative all’invasione del Paese vicino.

Ugualmente si potrebbe sostenere che la diplomazia ha fallito perché dopo un anno di guerra non è stata ancora in grado di individuare un percorso credibile per una cessazione delle ostilità e un accordo fra aggressore e aggredito. Ma anche in questo caso si può obiettare che la ricerca di un dialogo si è finora scontrata con la sistematica pratica del fatto compiuto da parte russa (con l’annessione alla Federazione russa dei territori occupati) e con la fissazione sempre da parte russa di condizioni evidentemente inaccettabili (come la rinuncia da parte di Kyiv ai territori occupati dalle truppe russe).

Le reazioni dell’occidente

Se invece si guarda alle reazioni dell’occidente all’aggressione russa, il giudizio cambia radicalmente. Perché proprio la mossa sconsiderata di Putin ha rinsaldato come non mai i rapporti fra americani, europei e altri like minded, che hanno definito senza eccessive esitazioni una strategia comune fondata sulla condanna dell’invasione russa dell’Ucraina, sull’adozione di pesanti sanzioni contro la Russia, sull’impegno a fornire all’Ucraina aggredita tutta l’assistenza necessaria per difendersi con aiuti economici, finanziari, umanitari e militari. La diplomazia in questo caso ha funzionato perché sulla base di una reazione politica di solidarietà nei confronti dell’Ucraina ha consentito di dispiegare un’azione collettiva rapida, articolata ed efficace. E la diplomazia ha ugualmente funzionato quando si è trattato di promuovere accordi limitati e settoriali fra Russia e Ucraina, ad esempio sullo scambio di prigionieri o sulla partenza dai porti ucraini di navi per il trasporto di cereali destinati all’esportazione.

La diplomazia ha funzionato meno bene, invece, nel tentativo di allargare la base del consenso su questa linea di condanna della Russia e di assistenza all’Ucraina dal campo occidentale ad altri protagonisti sulla scena internazionale. L’occidente in effetti, che pure ha reagito compatto e in maniera solidale all’aggressione russa, non è riuscito a coinvolgere, su una linea di condanna della Russia e di convinta assistenza all’Ucraina, né la Cina né l’India né altri importanti attori sulla scena internazionale. Troppi governi di Paesi importanti hanno preferito non schierarsi apertamente e hanno praticato una linea di deliberata ambiguità nei confronti della Russia, o hanno, in alcuni casi, aiutato la Russia ad aggirare le sanzioni occidentali.

Il tempo della diplomazia

Tutto questo non certo per concludere che lo spazio per la diplomazia è definitivamente precluso rispetto al conflitto in Ucraina. Ma più semplicemente per constatare che , purtroppo, il tempo della diplomazia non è ancora arrivato. Della diplomazia sicuramente ci sarà bisogno, ma quando il Paese aggressore avrà finalmente realizzato che i costi politici e ed economici della guerra stanno diventando insostenibili, che l’integrità territoriale dell’Ucraina è irrinunciabile e che un compromesso dovrà fondarsi sul riconoscimento dei confini che esistevano prima del 24 febbraio dello scorso anno.

Allora si potrà parlare di un nuovo assetto per l’Ucraina che comprenda la tutela delle minoranze russofone, un regime di autonomia per il Donbass, garanzie per la sicurezza della Russia, ma anche e soprattutto di garanzie di sicurezza per un’ Ucraina destinata a un futuro in Europa, e forse in prospettiva anche una nuova architettura di sicurezza in Europa. Allora la diplomazia potrà tornare a svolgere il suo ruolo.

Foto di copertina EPA/SERGEY SHESTAK

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