Il ruolo delle marine militari nell’Europa della difesa

Dalla fine della Guerra Fredda le marine militari europee hanno subìto un ridimensionamento delle proprie capacità ed una netta riduzione dei loro bilanci. Tra le cause principali la necessità di allocare risorse in settori diversi dalla difesa, e l’inizio della guerra principalmente terrestre ed in parte aerea contro il terrorismo a seguito dell’11 settembre 2001. Anche gli interventi di stabilizzazione nei Balcani, Medio Oriente e Africa hanno avuto una connotazione principalmente terrestre.

L’Europa ha in una certa misura marginalizzato il ruolo delle marine militari rendendo i loro compiti di deterrenza, controllo del mare e difesa collettiva secondari. Allo stesso tempo è gradualmente diminuita la consapevolezza politica e culturale nei confronti delle marine in quanto attori chiave per garantire la sicurezza e la difesa europea, un fenomeno prende il nome di “sea blindness”.

Il parziale declino delle marine militari europee

Nel periodo successivo alla Guerra Fredda, le marine europee si sono focalizzate su missioni a basso livello di intensità, come ricerca e soccorso in mare e contrasto alla pirateria. Si stima che tra il 1999 e il 2018 le marine europee abbiano perso il 32% dei loro mezzi combattenti di superficie, a partire da caccia-torpedinieri e fregate; difatti numerose navi e piattaforme sono state smantellate senza essere sostituite.

Numerosi sono i casi in cui le marine europee hanno dovuto ridimensionale le loro flotte nel corso del ventunesimo secolo: la flotta olandese è passata dall’essere una delle migliori della Guerra Fredda ad una marina di secondo livello; a causa dei tagli al bilancio la Spagna ha dovuto dismettere la sua unica portaerei, mentre la Germania si è dovuta accontentare di una flotta relativamente piccola.

Negli anni 2000 anche la marina francese ha riscontrato numerose difficoltà a causa del rinvio dell’acquisto di nuove fregate e dalle limitazioni dovute alla presenza di un’unica portaerei. Ad invertire la rotta vi è però la marina inglese che dispone di due nuove portaerei, simbolo della ripresa del rango marittimo del paese.

Le marine europee hanno inoltre fatto spesso affidamento sui mezzi e alle capacità degli Stati Uniti all’interno del contesto Nato per la difesa marittima; un esempio è rappresentato dalla crisi libica del 2011 in cui l’Europa ha sofferto la mancanza di portaerei e missili da crociera navali.

Gli sviluppi dall’Artico al Mediterraneo allargato

Gli sviluppi geopolitici in atto richiedono un maggiore impegno delle marine militari europee. Negli ultimi anni l’Artico ha visto un significativo incremento della presenza della flotta russa nei mari del nord, esemplificato dall’emersione nella regione dei due sottomarini a propulsione nucleare a marzo 2021. L’elevato numero di atti ostili nel Mediterraneo allargato e il crescente sviluppo della marina militare cinese rappresentano ulteriori fenomeni su cui porre particolare attenzione e di fronte ai quali le marine europee non possono farsi trovare impreparate.

La dimensione marittima della Bussola strategica

A marzo 2022 l’Unione europea ha adottato lo Strategic Compass, un documento strategico per rafforzare la politica di sicurezza e difesa europea nei prossimi 5-10 anni. La Bussola Strategica è essenziale per delineare anche il futuro della sicurezza marittima e delle marine militari europee. Il documento mira ad aumentare gli impegni dell’Ue in mare migliorando l’interoperabilità delle forze navali attraverso esercitazioni e organizzando scali portuali per le navi europee.

Inoltre l’Ue aspira ad estendere le presenze marittime coordinate al momento attive nel golfo di Guinea, ad attuare i meccanismi Ue di scambio di informazioni sulla situazione in mare, ad aumentare la visibilità legata alla presenza marittima all’interno e all’estero dell’Ue anche attraverso esercitazioni e scali portuali e sviluppare capacità strategiche come piattaforme navali di alta gamma. A fronte di queste numerose ambizioni è però essenziale per gli stati europei aumentare i propri investimenti nelle marine, in deficit di capacità navali di fascia alta necessarie per condurre operazioni fondamentali come la salvaguardia delle linee di comunicazione marittime.

Nel quadro dello Strategic Compass le marine devono ambire a quattro principali obiettivi: preparare le forze ad operazioni anfibie per la gestione di crisi in nuove aree; rafforzare la loro resilienza combinando ed attuando le strategie già esistenti e facendo riferimento ad un’unica Maritime Task Force europea; investire in capacità navali di fascia alta e realizzare un quadro di cooperazione flessibile per la difesa di aree strategiche.

Tuttavia, una maggiore potenza navale dell’Ue non può essere considerata meramente in termini di mezzi militari, per quanto necessari, ma anche di obiettivi e di consapevolezza dello stretto legame che intercorre tra il dominio marittimo e la sicurezza, il commercio, la libertà ed una crescita socio-economica a livello europeo. Il futuro delle marine militari europee deve dunque essere basato sul superamento della “sea blindness” sperimentata negli scorsi decenni ed una presa di coscienza nei confronti della centralità della dimensione marina per l’Europa.

Foto di copertina EPA/PNPAO / HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

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