Il “miracolo” El Salvador in un continente sempre più violento

L’America Latina è una regione in cui le dispute territoriali dei gruppi armati legati al narcotraffico e alla criminalità organizzata, la violenza politica e quella di genere, e i conflitti ambientali si intrecciano in un mix letale di estrema violenza. La regione ospita infatti 39 delle 50 città più pericolose al mondo e almeno 10 Paesi hanno registrato tassi di omicidio superiori ai 10 ogni 100 mila abitanti nel 2022, la soglia oltre la quale l’Onu considera i livelli di violenza come epidemici. La maggior parte dei paesi hanno sperimentato dei trend simili all’anno anteriore, con alcune eccezioni. In Ecuador, per esempio, gli omicidi sono raddoppiati rispetto al 2021.

Il paese che ha conosciuto la riduzione più spiccata, invece, è El Salvador, dove solo qualche anno fa gli scontri tra Stato e gang criminali quali la Mara Salvatrucha e il Barrio 18 erano valse al paese l’epiteto di “capitale mondiale degli omicidi“. Il giovane presidente Nayib Bukele ha trovato nell’imposizione di uno stato d’eccezione – che sospende certe garanzie costituzionali dei cittadini – e una campagna di arresti massivi, la ricetta perfetta per questo proposito.

L’effetto pandemia sulla violenza

Nel 2020, i livelli di violenza si erano ridotti praticamente ovunque. Infatti, le restrizioni imposte da quasi tutti i governi per contenere la pandemia del COVID-19, quali limitazioni alla mobilità e le chiusure dei confini, avevano inizialmente ostacolato le capacità operative dei gruppi criminali, contribuendo a ridurre gli omicidi, almeno temporaneamente.

Tuttavia, le organizzazioni criminali si sono adattate velocemente alle nuove circostanze, intensificando le truffe online, camuffando le attività di spaccio da consegne a domicilio e arrivando a utilizzare delle ambulanze per il traffico di stupefacenti. In Messico e America Centrale, i cartelli della droga offrivano aiuti alle popolazioni in difficoltà economica, sostituendosi allo stato, per “conquistare cuori e menti” dei locali e ridurre così le probabilità di collaborazione di questi ultimi con le autorità.

La successiva riapertura ha posto in evidenza la temporaneità di questi risultati, con l’aggravante che la violenza domestica non ha fatto che peggiorare coi lockdown e il peggioramento delle condizioni socioeconomiche e l’abbandono scolastico dovuto alla chiusura delle scuole – in paesi dove porzioni significative della popolazione non hanno accesso a internet – hanno alimentato il bacino di reclutamento per i gruppi criminali. Nel 2021, i flussi di cocaina sono ripresi veementemente: i paesi centroamericani hanno confiscato un record di quasi 250 tonnellate di questa sostanza. Conseguentemente, la violenza è tornata a crescere in quasi tutti i paesi dell’America Latina.

2022: dove sono aumentati gli omicidi

In alcuni casi, tuttavia, questo trend è continuato nel 2022. In Guatemala, gli omicidi sono cresciuti del 4,5%. Sebbene l’incremento non sia significativo, è la prima volta in 12 anni che la violenza aumenta per due anni consecutivi. Alla ripresa delle attività criminali va aggiunto il progressivo smantellamento dell’apparato giudiziario, da qualche anno concentrato nel perseguire oppositori politici e operatori di giustizia che nel passato avevano collaborato con la Commissione Internazionale contro l’Impunità dell’ONU (CICIG), chiusa nel 2019 dopo aver avviato investigazioni contro familiari dell’ex presidente Jimmy Morales.

Perfino la Costa Rica, tra i paesi più sicuri e sviluppati della regione, ha subito un contraccolpo. Nel 2022 le autorità hanno registrato un tasso di 12,6 omicidi ogni 100 mila abitanti, la più alta nella storia del paese, con la violenza che si è concentrata nelle località costiere come Limón e Puntarenas, snodi cruciali del narcotraffico marittimo. Il caso più eclatante, però, è senz’altro quello dell’Ecuador. Il paese andino, collimante con paesi produttori di coca come Colombia e Perù, era riuscito a ridurre i livelli di violenza in seguito a un processo di “legalizzazione” delle principali gang del paese, tra le quali i noti Latin Kings, promosso dall’ex presidente Rafael Correa (2007-2017). Il vuoto di potere lasciato dalla loro uscita di scena sembra però essere stato colmato da un numero crescente di gruppi criminali che, a partire dal 2020, si disputano il controllo del territorio e delle carceri per il traffico e la distribuzione della droga, provocando un’ondata di violenza che ha fatto triplicare gli omicidi annuali da circa 1200 a più di 4500 nell’arco di tre anni.

El Salvador: da maglia nera a “esempio virtuoso”?

In una regione complicata, El Salvador spicca come un unicum. Nel 2015, il piccolo Paese di 6,5 milioni di abitanti e l’estensione dell’Emilia Romagna registrò più di 6600 omicidi, propiziati dagli scontri tra le principali gang criminali – la Mara Salvatrucha e le due fazioni del Barrio 18, che si stima contino su un esercito di più di 70 mila membri – e le autorità, in seguito alla rottura di una “tregua”. Nel 2018, l’imposizione di stretti regimi di isolamento nelle carceri e un lasciapassare per l’uso della forza da parte delle forze di sicurezza da parte del governo di Salvador Sánchez Cerén contribuirono a dimezzare gli omicidi.

Un cambiamento ulteriore nell’ambito della sicurezza di El Salvador – viene definito un “miracolo” – avvenne con l’avvento al potere di Nayib Bukele nel 2019. Nel 2020, gli omicidi quotidiani crollarono da 9 a 5, e nel 2021 addirittura a 3. Nonostante Bukele abbia attribuito i risultati alla sua politica di sicurezza, il Piano di Controllo Territoriale, è ormai assodato che essi siano stati il prodotto di negoziazioni segrete coi leader delle gang, con le quali il governo avrebbe barattato programmi sociali e migliori condizioni di reclusione a cambio di una riduzione della violenza e supporto elettorale nelle elezioni parlamentari del 2021, stravinte dal partito di Bukele, Nuevas Ideas.

Il cambio di rotta di Bukele

Nel 2022 Bukele ha cambiato rotta. Una rottura delle negoziazioni avrebbe spinto la principale gang del paese, la Mara Salvatrucha (o MS-13), a intensificare la violenza che portò 87 vittime in soli tre giorni a fine marzo. In risposta, il governo ha avviato quella che chiama una “guerra alle gang”, imponendo uno stato d’emergenza, aumentando le pene per i crimini legati alle gang, e lanciando una campagna di arresti massivi senza precedenti. In quasi un anno, le autorità riportano la cattura di più di 64 mila presunti pandilleros (membri delle gang), arresti che hanno portato il totale della popolazione carceraria a circa 100 mila persone, ovvero il 2% della popolazione adulta del paese, la proporzione più alta al mondo. Il governo prevede di ospitare 40 mila criminali in un nuovo mega carcere costruito in tempi record e recentemente inaugurato, dove ogni detenuto avrebbe a disposizione 0,6 metri quadrati, meno della metà dello spazio che l’Unione Europea richiede per trasportare bestiame su strada.

Per ora, la strategia sembra funzionare. Le gang hanno accusato il colpo, allentando il loro controllo territoriale e riducendo l’estorsione, il loro storico motore economico che colpiva circa un quinto delle attività economiche del paese. Il 2022, in effetti, ha chiuso come l’anno meno violento della storia recente del paese, con “solo” 495 morti violente, per un tasso di 7,8 omicidi ogni 100.000 abitanti. Anche l’approvazione pubblica riflette la percezione del miglioramento: circa l’80% dei salvadoregni appoggia il giro di vite.

Detenzioni arbitrarie e stato di diritto

Il “metodo Bukele” non è esente da critiche. Difensori dei diritti umani come Human Rights Watch hanno denunciato l’inumanità di queste misure, che di fatto polverizzano il diritto di difesa e di giusto processo, documentato migliaia di detenzioni arbitrarie e riportato la morte di almeno un centinaio di persone in circostanze sospette nelle carceri. Il governo ha inoltre modificato i criteri di conteggio degli omicidi, escludendo per esempio i pandilleros uccisi dalle forze di sicurezza e i resti umani ritrovati in fosse comuni.

Bukele, forte dei risultati raggiunti e dell’accettazione popolare di queste misure, ha respinto le accuse al mittente. Tuttavia, il caso de El Salvador suscita due domande: queste misure e i relativi risultati sono sostenibili nel tempo? E poi, per combattere la criminalità si può sacrificare lo stato di diritto?

Foto di copertina EPA/GOBIERNO DE EL SALVADOR

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