Il Green Deal europeo in pericolo

Il Green Deal europeo, nato a fine 2019, ha mostrato grande resilienza dinanzi alle crisi che lo hanno attraversato, dalla pandemia alla crisi energetica. La legge climatica europea adottata nel 2021 ha introdotto per la prima volta un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di lungo periodo e il pacchetto legislativo Fit for 55 – inclusivo di misure di adeguamento della legislazione precedente e di nuove iniziative –  ha definito standard regolatori internazionali in materia di transizione verde.

In quattro anni, il quadro normativo si è arricchito di molte nuove proposte e rinvigorite misure, facendo dell’Unione Europea un’apripista a livello globale nella definizione delle politiche a sostegno della neutralità climatica. Tra queste misure, la riforma dell’Emission Trading Scheme (ETS), la riforma delle direttive rinnovabili (REDIII), efficienza energetica (EED), performance energetica degli edifici (EPBD), e dei regolamenti sugli standard emissivi per auto e furgoni, sui settori non soggetti all’ETS (ESR) e sull’uso e modifiche d’uso del territorio e delle foreste (LULUCF), la regolamentazione delle emissioni di metano nel settore energetico e l’introduzione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (carbon border adjustment mechanism, CBAM).

Nel 2024 si apre per la politica climatica europea una fase delicata. Le proposte del pacchetto Fit for 55 sono per la maggior parte state adottate o hanno raggiunto la fase dell’accordo politico e dunque potranno verosimilmente chiudersi prima delle elezioni europee il prossimo giugno. Guardando alla prossima legislatura però, i maggiori rischi di stallo per il Green Deal Europeo riguarderanno principalmente l’implementazione delle numerose misure approvate in questi anni.

Grande attenzione sarà perciò dedicata ad attutire gli impatti sociali che la transizione, se condotta in modo disordinato, potrà portare con sé. Nel corso dell’anno appena passato a livello europeo si è infatti manifestata una crescente politicizzazione del tema nei dibattiti domestici di molti Stati membri. Mentre in precedenza la politica climatica era concepita come puramente tecnica, c’è ora una maggiore consapevolezza della trasformazione necessaria per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

In Olanda nel corso del 2023 si è affermato un movimento di protesta del settore agricolo contro la riduzione del 50%   entro il 2030 di emissioni inquinanti; in Germania, il bando delle caldaie a gas al 2024 ha scatenato reazioni anche all’interno della stessa coalizione di maggioranza. Pur riaffermando l’impegno nel perseguimento degli obiettivi del Green Deal, anche in Italia si è manifestata una crescente polarizzazione politica sul tema della decarbonizzazione. Durante il 2023, rappresentanti della maggioranza di governo hanno per esempio chiesto di diluire una direttiva volta a migliorare l’efficienza energetica degli edifici e di rivalutare i piani di eliminazione graduale dei motori termici alimentati a benzina e diesel.

Questo genere di dinamiche suggeriscono che l’agenda climatica otterrà un’inconsueta centralità nelle prossime elezioni europee e nazionali e che l’eventualità di una crescente polarizzazione sul tema rimane un rischio per la fase di implementazione del Green Deal a livello locale. Uno spostamento a destra dell’asse del Parlamento europeo potrebbe in qualche modo avere un impatto sugli sviluppi delle politiche europee ancora meno toccate dalla legislazione in materia di sostenibilità come, ad esempio, la politica agricola.

Appare invece affrettato ipotizzare una regressione delle politiche energetiche a sostegno della decarbonizzazione, mentre è possibile che ci sia una revisione della pianificazione finanziaria o, non meno preoccupante, delle tempistiche della transizione. Sul piano della governance, il 2024 sarà ugualmente un anno impegnativo: il prossimo esecutivo UE dovrà occuparsi dei target intermedi al 2040 previsti dalla legge europea sul clima.  Come previsto dal Regolamento (UE) 2018/1999 e sulla base dell’obiettivo comunitario di riduzione dei gas serra del -55 % al 2030 rispetto al 1990, i governi nazionali dovranno inoltre consolidare l’aggiornamento dei propri Piani nazionali Energia e Clima (NECPs) entro giugno 2024 secondo le direttive inviate loro dalla Commissione Europea a fine 2023.

Il 2023 è stato anche un anno significativo per un altro obiettivo del Green Deal, quello di rafforzare la competitività dell’UE nella transizione. La normativa sull’industria a zero emissioni nette (Net Zero Industry Act), emersa con la crescente geopolitizzazione e securitizzazione delle catene del valore nel contesto delle tensioni tra USA e Cina, propone una riarticolazione della decarbonizzazione intorno a filiere domestiche. Nel contesto di questo dibattito, è tornato il tradizionale dibattito in merito all’erogazione di nuovi strumenti di sostegno finanziario – con i paesi nordici a favore di schemi di sussidio nazionale, sfruttando allentamenti nella disciplina degli aiuti di stato, e paesi con ridotti margini di manovra fiscale, come l’Italia, che rischiano di non poter sfruttare le opportunità industriali della transizione.

Nel 2024, dunque, la conversazione sul più ampio Piano Industriale dell’Unione continuerà. Sarà, infine, un anno importante anche per la definizione di una più strutturata dimensione esterna del Green Deal. A partire, in particolare, dalla riconfigurazione dei flussi energetici che ha restituito una maggiore centralità al Mediterraneo, con cui la cooperazione resta tuttavia ancora embrionale e frammentata.

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