Il futuro del diritto all’aborto negli Stati Uniti

Da quando la Corte Suprema ha emesso le sentenze Roe v. Wade e Doe v. Bolton nel 1973, gli Stati federati degli Stati Uniti hanno costruito un reticolo di leggi sull’aborto, codificando, regolando e limitando se, quando e in quali circostanze una persona può abortire. Con l’annullamento della sentenza Roe vs. Wade, il diritto all’aborto è diventato prerogativa dei singoli Stati americani. Due esempi di Stati contrapposti nella ricezione della sentenza della Corte Suprema sono la Georgia e il Kansas, entrambi stati a guida repubblicana. 

Repubblicani a confronto 

In Georgia le donne in gravidanza potranno riconoscere i loro feti come dipendenti nelle dichiarazioni dei redditi. Lo ha annunciato in un comunicato lunedì 1° agosto il Dipartimento delle Entrate dello Stato americano, dichiarando che avrebbe iniziato a “riconoscere qualsiasi bambino non ancora nato con un battito cardiaco rilevabile come idoneo a ricevere l’esenzione individuale dall’imposta sul reddito per lavoro dipendente”. La detrazione, fino a 3 mila dollari, vale per qualsiasi feto il cui battito cardiaco possa essere rilevato, il che può verificarsi già a sei settimane di gestazione, quando molte donne non sanno neanche di essere in gravidanza. Lo scorso 20 luglio una Corte d’appello federale inferiore aveva deciso l’entrata in vigore di una legge della Georgia che vieta la maggior parte degli aborti all’interno dello Stato. 

Dall’altra parte gli elettori del Kansas, stato repubblicano, il 2 Agosto hanno respinto con un referendum una norma che prevedeva la rimozione dei diritti di accesso alle interruzioni di gravidanza dalla Costituzione dello Stato. Il 59% degli elettori è favorevole alla conservazione dei diritti all’aborto rispetto a quasi il 41% che sostiene la rimozione delle protezioni contro l’aborto dalla costituzione statale. Va segnalato che sia nelle contee urbane che in quelle rurali il voto a favore del diritto all’aborto ha ottenuto risultati migliori di quelli ottenuti da Joe Biden contro Donald Trump nel 2020. 

I diritti riproduttivi in campagna elettorale

Secondo i dati forniti dal Guttmacher Institute, al 25 agosto 2022  43 dei 50 stati americani vietano l’aborto dopo un determinato periodo della gravidanza, con alcune eccezioni. Le circostanze consentite sono generalmente quelle in cui l’aborto è necessario per proteggere la vita o la salute della paziente. I divieti, che ogni giorno aumentano, sono estremamente differenziati tra loro e rendono difficile individuare l’eventuale esistenza di una coerenza normativa a livello federale che possa, nonostante la frammentazione, garantire alle donne americane di gestire autonomamente e senza interferenze i propri diritti riproduttivi. Con l’avvicinamento, poi, delle elezioni di medio termine di martedì 8 novembre e che vedranno il rinnovamento di tutti i seggi della Camera dei Rappresentanti, di 34 seggi del Senato e la contestuale elezione di 38 governatori su 50, gli abortion bans aumentano al fine di assicurarsi il voto dei cittadini più reazionari e conservatori. 

Il Sud Carolina è proprio tra gli stati che andrà a eleggere un nuovo governatore e che vedrà scontrarsi, il prossimo novembre, il governatore repubblicano uscente Henry McMaster con il candidato democratico Joe Cunningham. Recentemente la Camera della Carolina del Sud ha introdotto un divieto totale di aborto, tranne per gravidanze causate da stupro e incesto. Queste due eccezioni sono state oggetto di un aspro dibattito interno alla Camera, che ha visto sottoporsi un testo inizialmente privo di tali casistiche e fortemente voluto come tale dai Repubblicani. L’emendamento è stato adottato con voto vocale in una frettolosa riconsiderazione del disegno di legge originale, che era stato appena respinto dalla Camera nella notte.

Un attacco locale 

La domanda da porsi, a fronte di questo scenario, è se sia ancora utile provare a parlare di diritto all’aborto nella Federazione degli Stati Uniti o iniziare ad abbracciare il destino di questo come una materia ad esclusiva competenza locale. Gli stessi giudici locali e statali stanno giocando un ruolo sempre più significativo nel determinare se una donna può accedere a un aborto. Spesso l’ottenimento di una udienza presso i giudici locali richiede settimane e le decisioni possono essere ampiamente influenzate dalle inclinazioni personali e politiche dei singoli giudici. I giudici statali e locali sono selezionati separatamente da quelli che fanno parte della magistratura federale. In alcuni Stati, i giudici sono eletti. In altri, invece, si tratta di funzionari politici selezionati dal governatore.

Sulla scia della decisione della Corte Suprema di rovesciare la sentenza Roe v. Wade, 14 Stati ora vietano totalmente o parzialmente l’uso del mifepristone e del misoprostolo, farmaci che sono utilizzati in più della metà di tutti gli aborti. Anche le associazioni anti-abortiste si concentrano sulla proibizione di questi farmaci, “supportate” nelle loro crociate dall’intervento spesso intrusivo delle compagnie tecnologiche americane. Facebook ha, infatti, fornito alla polizia informazioni riguardanti una giovane del Nebraska che cercava di reperire, in chat privata con la madre, pillole abortive per interrompere una gravidanza che aveva ormai superato le 20 settimane.

Il futuro federale del diritto all’aborto 

Tornerà mai ad esistere un diritto all’aborto garantito a livello federale? I tentativi di intervento legislativo ed esecutivo degli ultimi mesi non sembrano puntare in questa direzione: nonostante il Presidente Biden si sia fatto promotore e firmatario di un ordine esecutivo presidenziale dando mandato al Dipartimento della Salute di proteggere ed espandere l’accesso all’aborto farmacologico in linea con le indicazioni della Food and Drug Administration, è dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato che dovrebbe arrivare la vera condificazione di un diritto all’aborto federale; possibilità estremamente remota e che si vedrà negata dal verosimile affossamento dell’Abortion Bill passato nei mesi passati alla Camera, ma che continua a non avere i numeri per superare l’ostruzionismo al Senato.  

Foto di copertina EPA/MICHAEL REYNOLDS

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