Lo scorso 23 giugno il Consiglio europeo ha dato il via libera al riconoscimento dell’Ucraina e della Moldova come Stati candidati ufficiali a diventare membri dell’Ue. Nonostante i due Paesi abbiano davanti a loro un percorso lungo e complesso, questa nuova atmosfera di apertura offre speranze ad altri Paesi, primi fra tutti i Paesi dei Balcani occidentali che sono stati e sono tuttora in “sala d’attesa”.
Non a caso, nella mattinata del 23 giugno, prima dell’incontro del Consiglio, si era tenuto un altro incontro tra i leader dell’Ue e quelli dei Balcani occidentali. “Questo è un momento importante perché esiste oggi una forte volontà politica di rivitalizzare il processo con i Balcani occidentali, per inviare un messaggio chiaro e forte”, aveva commentato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
La storia dell’allargamento dell’Ue ai Balcani occidentali è una storia lunga. Lentezza e frustrazione hanno caratterizzato il processo di adesione di questi Paesi all’Unione. Ad oggi, i negoziati di adesione sono stati aperti con Serbia e Montenegro; Albania e Macedonia del Nord sono ancora nella fase di attesa dell’apertura dei negoziati e per Bosnia-Erzegovina e Kosovo la situazione è ancora più complicata.
La conferenza di IAI e DGAP
L’Istituto Affari Internazionali (IAI), insieme al Consiglio tedesco per le relazioni estere (DGAP), ha organizzato lo scorso 28 giugno una conferenza dal titolo “La ricerca di autonomia strategica dell’Unione Europea nei Balcani occidentali: Prospettive politiche ed economiche” per affrontare il tema.
Alla conferenza hanno preso parte esperti di alto profilo oltre che dell’Istituto Affari Internazionali e del Consiglio tedesco per le relazioni estere, anche dei Ministeri degli Affari Esteri italiano, tedesco, albanese e sloveno; del George Marshall European Center for Security Studies e del Vienna Institute for International Economic Studies.
Si sono discusse in particolare due questioni della politica di allargamento dell’Ue che hanno implicazioni per il futuro dell’Europa nel suo complesso: il modo in cui la politica di allargamento si collega alla spinta dell’Ue verso l’autonomia strategica dopo la guerra all’Ucraina e le implicazioni geo-strategiche dell’integrazione economica regionale all’interno dei Balcani occidentali.
L’importanza strategica dell’allargamento per l’Ue
L’allargamento è certamente un progetto per la promozione di sicurezza e prosperità in Paesi non ancora membri, ma è anche fondamentale per il futuro dell’Unione europea stessa. L’Ue dipende fortemente dalla Russia per il petrolio e il gas. Nel 2021, due quinti del gas e oltre un quarto del greggio importato dall’Ue provenivano dalla Russia. Con l’invasione russa dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni europee nei confronti di Mosca, improvvisamente l’Unione si è ritrovata sull’orlo di una crisi energetica.
In questo scenario, è importante non dimenticarsi dei Balcani occidentali. Una scarsa attenzione verso questi Paesi, in un momento storico tanto delicato, potrebbe alimentare il senso di frustrazione e spingerli verso altri attori già attivi da tempo nella regione: Turchia, Russia e Cina. I Balcani occidentali dovrebbero invece essere considerati ora più che mai come parte dell’Europa geopolitica e inclusi nelle soluzioni europee alle crisi in atto.
Stanchezza e frustrazione nei Balcani occidentali, ma c’è ancora speranza
La regione dei Balcani occidentali è permeata da stanchezza e frustrazione diffuse quando si tratta del processo di allargamento dell’Ue. Il Barometro dei Balcani – l’indagine annuale sull’opinione pubblica nei sei Paesi dei Balcani occidentali condotto dal Consiglio di cooperazione regionale – ha evidenziato che solo il 22% degli intervistati ritiene che l’allargamento possa avvenire entro il 2030. L’incontro di giugno tra i leader dell’Unione e dei Balcani occidentali non ha dato i risultati sperati, alimentando questa frustrazione.
Ma dalla regione è arrivato anche un messaggio di speranza: nonostante l’incapacità dell’Ue di prendere decisioni all’unanimità e di essere credibile nella regione, la cooperazione regionale per ora continuerà. Ciò dimostra la necessità di cooperare nell’attuale contesto di crisi multiple (la guerra in Ucraina, la conseguente frammentazione delle catene di approvvigionamento, l’insicurezza alimentare).
Il percorso a ostacoli verso l’integrazione
Nonostante l’impegno a cooperare da entrambe le parti e le numerose iniziative volte ad approfondire l’integrazione e la convergenza economica e politica, il processo di integrazione è estremamente lento.
L’approccio dell’Ue negli ultimi due decenni si è concentrato sull’integrazione economica regionale, intesa come mezzo per il raggiungimento di obiettivi più ampi. Intensificando i rapporti economici tra i Paesi della regione, l’idea era quella di spingerli ad una convergenza di interessi – dapprima economici e in un secondo momento anche politici. La speranza era che una maggiore integrazione economica avrebbe risolto le dispute territoriali e aiutato i Paesi ad avvicinarsi all’Unione Europea. L’integrazione economica di per sé ha avuto successo, soprattutto per i cinque Paesi più piccoli, ma non ha raggiunto i suoi obiettivi più ampi.
Innanzitutto, l’integrazione economica regionale è stata ostacolata dalla Serbia. Mentre Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro e Kosovo si sono integrati abbastanza bene tra loro, la Serbia – la cui economia è grande quanto quella di tutti gli altri cinque messi insieme – ha perseguito con successo un’integrazione al di fuori della regione, in particolare con l’Ue ma anche con la Cina, alcuni Stati del Golfo e la Russia.
In secondo luogo, esiste nella regione un serio problema di qualità istituzionale che incide negativamente sull’attuazione delle politiche. I livelli di efficacia dei governi, la qualità dei legislatori, lo stato di diritto e il controllo della corruzione non sufficienti per gli standard europei. Un ulteriore ostacolo è poi costituito dal fatto che, nonostante la gran parte dei cittadini della regione siano e siano stati favorevoli all’integrazione regionale, questo non è sempre stato vero a livello di classe politica. La strada dei Balcani occidentali verso l’Ue è ancora lunga.
Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ