Grecia e Turchia: realpolitik marittima all’orizzonte?

Le relazioni marittime greco-turche potrebbero evolvere verso una svolta positiva e pragmatica. Fonti stampa parlano di una mediazione della Germania per indurre Grecia e Turchia, su pressione degli Stati Uniti, a risolvere i loro contenziosi. La notizia potrebbe essere credibile, considerato che Berlino si era già spesa in passato per attenuare gli attriti tra le due Parti.

Si profila ora un’inedita congiuntura favorevole: i due contendenti iniziano una nuova fase politica interna dopo le elezioni, il che potrebbe facilitare un abbandono della tradizionale retorica marittima nazionalista ed una maggiore attenzione allo sfruttamento delle risorse energetiche dei mari di casa. La Turchia utilizzerebbe anche il gas del Mediterraneo allentando i rapporti con la Russia cui è legata dai gasdotti del Mar Nero.

E’ significativo che l’Amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi abbia di recente dichiarato: “Non possiamo pensare che si possa trovare un accordo tra Israele, Cipro e la Grecia per un pipe, senza che Ankara partecipi”; con ciò sottintendendo che il consenso turco alla realizzazione di EastMed, in una prospettiva economica inclusiva, non sia impossibile.

La contesa del Mar delle Isole

Tante sono le dispute che oppongono in mare Atene ed Ankara da quando cogli art. 12 e 13 del Trattato di Losanna del 1923 furono assegnate alla Grecia , con vincoli di demilitarizzazione, tutte le isole antistanti la Turchia, tranne quelle poste “a meno di 3 mg. dalla costa asiatica” ed all’ingresso dei Dardanelli, nonchè il Dodecanneso e Kastellorizo attribuite all’Italia.

La questione del “peso” di tali isole nelle delimitazioni della piattaforma continentale e della Zona economica esclusiva (Zee) è vista, sulla base di una incerta disciplina della Convenzione del diritto del mare (Unclos), in modo antitetico: la Turchia è per l’effetto ridotto da valutare caso per caso; la Grecia sostiene a spada tratta la loro massima proiezione marittima a prescindere dalle dimensioni. Entrambi i Paesi sottovalutano i principi di proporzionalità che, secondo l’Unclos, dovrebbero portare a risultati equi.

Il paradigma di tali opposte visioni è la piccola Kastellorizo, passata alla Grecia nel 1947, distante dalla madrepatria 350 mg. ma attaccata alla Turchia. Atene ne ha fatto il perno delle sue rivendicazioni sino al centro del Mediterraneo Orientale che negano ad Ankara, ai fini della superficie della Zee, la giusta rilevanza dell’estesa costa anatolica. Analogo l’approccio di Cipro che nel 2003 si è già spartita con l’Egitto parte della Zee pretesa dalla Turchia. Per reazione, Ankara ha stipulato nel 2019 con Tripoli un contestato accordo di delimitazione che lambisce le acque territoriali di Creta e Karpatos.

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Quadro di sintesi dei limiti unilaterali o per accordo delle Zee del Mediterraneo Orientale (Fonte: Sovereign Limits)

I compromessi possibili

Se fossero confermate le voci di un prossimo avvio di trattative, bisognerebbe vedere se si tratta di un “pacchetto” che preveda reciproche concessioni. Nell’Egeo, per la Turchia non sarebbe facile accettare la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia che rifiutò cinquant’anni fa ignorando una Risoluzione del Consiglio di sicurezza; tra l’altro, la posizione turca era condizionata dalla mancata adesione all’Unclos e dal problema della smilitarizzazione delle isole greche. Più semplice, quindi, immaginare una soluzione transitoria come l’esplorazione e lo sfruttamento congiunto di aree offshore rivendicate anche dalla Grecia.

Nel Mediterraneo Orientale, la revoca dello spregiudicato Accordo Turco-Libico del 2019 (già adombrata lo scorso anno) sbloccherebbe molte questioni: Grecia e Libia potrebbero delimitare le rispettive Zee e così Turchia ed Egitto. È noto, peraltro, che il Cairo ha lasciato la porta aperta a questa soluzione quando nel 2020 ha concluso con Atene un accordo che non tocca l’area di interesse turco. Anche in questo quadrante ci sono cospicue riserve di gas.

Insomma, non è detto che le lungaggini ed i giochi procedurali di una corte arbitrale siano realmente la migliore scelta, quando invece le immense risorse energetiche da spartire offrono da subito la possibilità di pragmatiche intese commerciali, vantaggiose per tutte le parti in causa.

In questo ambito si inserisce la questione di EastMed: la sua realizzazione potrebbe sbloccarsi se la Turchia, collegandosi all’infrastruttura, acconsentisse ad un tracciato che attraversi le Zee delimitate con Cipro, Egitto e Grecia. Cadrebbero in questo modo le riserve statunitensi, considerando anche le finalità antirusse dell’impresa. Pregiudiziale è ovviamente la soluzione del problema della Repubblica Turca di Cipro del Nord.

La lezione per l’Italia

Dalla possibile svolta positiva della disputa greco-turca ci vengono indicazioni per affrontare alcuni contenziosi coi nostri vicini. La posta in gioco è anche per noi lo sfruttamento delle risorse viventi, rinnovabili e minerali della Zee. Pare, ad esempio, che ad ovest della Sardegna, proprio dove l’Algeria nel 2018 ha proclamato unilateralmente la sua Zee (da noi contestata), ci siano ingenti giacimenti di gas.

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Possibili limiti della Zee italiana ipotizzando una coincidenza con quelli della piattaforma continentale ( cartina tratta da: Ministero sviluppo economico, Il Mare, 2013, 27)

Perché non pensare allora a pragmatiche soluzioni congiunte di carattere provvisorio? E perché non farlo anche con Malta con cui si trascinano trattative da cinquant’anni? E che dire dell’incertezza del confine della Zona di protezione della pesca libica che è all’origine di molti incidenti e che non sarebbe poi così difficile fare oggetto di un’intesa informale? Lo stallo su tali questioni rischia di rendere velleitarie le nostre pur giuste rivendicazioni sui mari d’Italia.

Nel momento in cui il neocostituito Ministero del mare si avvia a redigere il “Piano del mare”, sarebbe allora logico attendersi la definizione di indirizzi strategici per rendere quanto meno effettiva la normativa-quadro sulla Zee. Fino a che non si emaneranno i necessari decreti attuativi che fissino i confini (anche provvisori per le aree disputate) e regolamentino le materie di giurisdizione -soprattutto, energie rinnovabili, protezione ambientale, contrasto pesca irregolare- la Zee italiana sarà un’ ennesima incompiuta.

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