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La mossa imbarazza l'Ue

Libia/Turchia: concordata delimitazione rispettive Zee

2 Dic 2019 - Fabio Caffio - Fabio Caffio

Ankara si allea con Tripoli per uscire dall’isolamento della disputa marittima che la oppone a Cipro e Grecia. Lo scorso 27 novembre il premier al-Sarraj e il presidente Erdogan hanno concordato la  delimitazione delle rispettive Zone economiche esclusive (Zee)[1]. La decisione era nell’aria da qualche mese dopo che Ue, Gran Bretagna, Israele e Stati Uniti erano scesi in campo a difesa dei giacimenti di gas attorno a Cipro.

La mossa turca costituisce una minaccia per i diritti della Grecia sugli spazi marittimi circostanti Creta e il Dodecanneso e presenta varie implicazioni politico-giuridiche divenendo un fattore di escalation delle tensioni. Costringe pure l’Italia a ponderare con attenzione le proprie azioni per non finire, inconsapevolmente, nella palude del contenzioso.

Libia marittima
Da quando il colonnello Gheddafi nel 1973 inserì nelle acque interne l’intero Golfo della Sirte, la Libia non ha mai cessato di sorprendere per la sua spregiudicata applicazione dei principi del diritto del mare.

Nel 2005 vi fu la proclamazione della Zona di protezione della pesca (Zpp) di 62 miglia, cui seguì nel 2009 quella della Zee estesa “sino ai limiti permessi dal diritto internazionale” secondo un provvedimento che, inglobando la preesistente Zpp, potrebbe averne eliminato gli aspetti contestati dall’Ue.

La presenza di pescatori italiani nella Zpp libica ha inoltre più volte generato reazioni da Tripoli e Tobruk, mentre è per ora sospeso l’accordo di collaborazione tra Federpesca e le autorità della Cirenaica.

Zee Mar di Levante
La Turchia, sino ad oggi, ha giocato di rimando per contrastare l’attivismo unilaterale di Cipro che nel Mediterraneo orientale ha già delimitato la propria Zee con Egitto (2003), Libano (2007) e Israele (2010).

Ankara non ha invece una Zee se non quella delimitata nel 2011 con l’autoproclamata Repubblica turca di Cipro del Nord. Con svariate note verbali ha tuttavia reclamato come propria la porzione della Zee cipriota a ovest del meridiano 32° 16′ 18′′E , contrastando con azioni in mare l’offshore energetico.

La Grecia, vincolata dagli obblighi Nato che le impongono di non esacerbare le tensioni con la Turchia generate nel 1974 dal caso della piattaforma continentale dell’Egeo, si è imposta sin qui di non istituire la Zee. La recente iniziativa turco-libica ha però infranto lo status quo.

Mediterraneo ottomano
L’intesa sulla Zee nella politica neo-ottomana vede la capitale del vecchio Impero e l’antica Reggenza legate da rapporti militari ed economici. Ma Ankara si muove secondo proprie logiche provocatorie non convenzionali. La Turchia si presenta ora come lo Stato che fronteggia le coste della Cirenaica senza tener conto dei diritti a proprie Zee, oltre le acque territoriali, delle isole di Rodi e Scarpanto.

La potenziale Zee di Creta è stata privata di un’ampia porzione poiché quella turco-libica si estende dal promontorio ad ovest di Antaya al tratto di costa libica tra il confine con l’Egitto e Derna e al suo interno si trova l’isola greca di Castellorizo. Molte sono le criticità di un simile provvedimento che ignora volutamente tutte le complesse questioni del diritto delle isole ad avere una propria Zee. La sua invalidità potrebbe anche essere collegata all’ineffettività del Governo fiduciario di Tripoli.

La Grecia, attaccata per la prima volta dopo il 1974 nei suoi interessi marittimi, si  è affrettata a dichiararne la nullità. Una reazione internazionale potrebbe quindi scatenarsi qualora si stabilissero restrizioni alla libertà di navigazione nella nuova Zee che rischino di strozzare le comunicazioni dell’intero Mediterraneo. Non è infine da escludersi un intervento politico della Nato nei confronti della Turchia.

Prudenza italiana
L’orientamento del nostro Ministero degli Esteri nella disputa turco-cipriota è diretto a favorire i diritti sovrani di Cipro e ad assumere un “atteggiamento fermo ma reversibile auspicando che la Turchia voglia tornare al più presto a un atteggiamento più costruttivo”.

Quello che è un atteggiamento di convenienza diplomatica dovrà assumere ora una nuova veste: se non calibra attentamente le proprie mosse e non vigila su navi di bandiera e i propri pescatori, i quali domani potrebbero trovarsi ad operare in tratti della Zee turca che sino ad oggi sono alto mare,  il nostro Paese rischia di essere trascinato nel gorgo di una disputa che ci è in parte estranea.

L’interesse principale dell’Italia è quello di avere stabilità nel Mediterraneo oltre alla certezza dei confini marittimi. Non secondaria è la difesa della relazione privilegiata che ci lega a Tripoli, da continuare ad alimentare senza però irritare né la Cirenaica, che potrebbe proseguire nel rivendicare la propria giurisdizione sulla Zee, né l’Egitto, che non ne ha concordato il confine laterale.

 

[1] La Zee è la zona marina di massima estensione di 200 miglia in cui lo Stato costiero esercita diritti sovrani sulla massa d’acqua per la gestione delle risorse naturali (principalmente di pesca) e per la protezione dell’ambiente marino. Il relativo regime, stabilito dall’Unclos, ha assunto anche un valore consuetudinario. Il limite esterno della Zee, se non diversamente stabilito, coincide con quello della sottostante piattaforma continentale in cui lo stesso Stato ha il diritto di sfruttare le risorse minerarie quali idrocarburi, noduli polimetallici e terre rare.