Il Mar Nero dopo la fine dell’accordo sul grano

Con la fine dell’accordo sul grano, il Mar Nero appare sempre più isolato. La Russia minaccia di considerare obiettivo militare qualsiasi mercantile diretto verso porti ucraini, mentre Ankara sembra indifferente alle mosse del Cremlino. Kyiv vorrebbe creare un corridoio provvisorio per il grano coinvolgendo nella scorta ai mercantili la Nato, Stati Uniti e Romania.

Sul piano del conflitto in mare, la Russia mantiene la sua superiorità ma l’Ucraina, con l’attacco al ponte di Kerch, dimostra che una potente Marina può poco contro piccoli mezzi insidiosi quali i droni navali.

L’equilibrio delle forze operanti in Mar Nero ne ha congelato la situazione. Non tutti gli attori coinvolti sembrano intenzionati a forzare la mano contro la Russia. Nemmeno gli Stati Uniti, a differenza di quanto ci aspetteremmo. Sarà dunque la Turchia ad attivarsi per ripristinare l’accordo sul grano in vista di un cessate il fuoco? Oppure Mosca sarà lasciata libera di applicare in mare metodi di guerra navale come quelli visti anni fa nel Golfo Persico?

Le minacce russe

Lo scorso 19 luglio Mosca ha dichiarato che “tutte le navi nel Mar Nero dirette verso i porti ucraini verranno ritenute potenziali vettori di carichi militari. I loro Paesi di bandiera saranno considerati parti del conflitto ucraino al fianco dell’Ucraina”. Difficile che alle parole seguano i fatti, sembrando prevalere, nella strategia russa, l’effetto annuncio come mezzo per scoraggiare i traffici marittimi con l’Ucraina.

Non è chiaro quali misure navali verrebbero adottate. Le regole sui conflitti armati in mare escludono comunque che un mercantile neutrale (ad essere “belligeranti” ad oggi sono solo Ucraina e Russia) possa essere classificato a priori come obiettivo militare ed attaccato per il solo fatto di commerciare col nemico.

L’uso della forza sarebbe possibile a certe condizioni, se una nave neutrale – realmente implicata nel trasporto di armamenti o materiali dual use– cercasse di sottrassi all’ispezione del carico ed all’eventuale cattura oppure forzasse un blocco navale. Altrettanto illegittimo è classificare tout court come parti in conflitto gli Stati che diano sostegno indiretto al nemico.

La Marina Russa non risulta comunque aver mai applicato la prassi della visita dei mercantili per il controllo del carico, messa in atto dagli iraniani durante la Guerra del Golfo. Non lo ha fatto nemmeno nel corso dell’attuale conflitto con l’Ucraina, quando avrebbe il diritto di verificare che Kyiv non riceva via mare materiali di impiego militare.

Il progetto di Kyiv

Kyiv cerca di riprendere l’export del grano ammassato nei silos che i Russi distruggono. Ecco quindi il suo progetto – presentato lo scorso 18 luglio all’Organizzazione marittima internazionale (IMO) – di creare rotte temporanee a sud-ovest di Odessa dedicate al trasporto del grano fuori dal Mar Nero attraverso le acque territoriali proprie di Romania, Bulgaria, Turchia.

Gli Stati Uniti, invitati a proteggere i carichi con navi da guerra hanno tuttavia rifiutato; simile dovrebbe essere la posizione della Nato, anche perché la Turchia non ha ancora revocato il divieto di passaggio negli Stretti di unità straniere.

Romania e Bulgaria, pur avendo a disposizione navi da guerra già operanti in Mar Nero, non sembrano disponibili ad un confronto diretto con la Russia. Come notato dall’Ammiraglio Giampaolo Di Paola, è un fatto che “le acque territoriali siano a tutti gli effetti territorio nazionale: Sofia e Bucarest potrebbero invocare l’art. 5 del Trattato Nato” se le loro navi fossero attaccate.

Strategie turche

Apparentemente vicina all’Ucraina cui sta per consegnare una Corvetta, la Turchia continua a giocare abilmente su tutti i tavoli forte del potere che la sua appartenenza alla Nato e la Convenzione di Montreux le assegnano in Mar Nero. A favorire questa politica c’è ora il disimpegno degli Stati Uniti verso la proposta ucraina di scorta a convogli di cargo con cereali.

Ankara non appare preoccupata nemmeno dalle rivendicazioni russe sul Mar di Azov come acque interne sotto controllo esclusivo; forse guarderebbe di buon occhio l’idea ucraina di “smilitarizzare” il ponte sullo Stretto di Kerch come primo passo verso la soluzione del contenzioso sugli spazi marittimi della Crimea e del Mar di Azov che è in stallo presso la Corte arbitrale incaricata di decidere.

Il futuro potrà delinearsi a breve dopo la visita di Putin ad Erdogan: non è assurdo ipotizzare una ripresa del trasporto del grano ucraino sotto sorveglianza turca e dell’ONU. Quello che accadrà, è tuttavia già scritto nel passato di secoli di convivenza tra i Sultani e gli Zar. Ankara ha sempre gli stessi interessi; vale a dire, fare affari con tutti, mantenere buoni rapporti coi vicini (anche russi), evitare che il Mar Nero si trasformi, come accaduto nel Golfo Persico, in una polveriera ed in un’area di confronto tra Stati Uniti e Paesi della Regione.

Foto di copertina EPA/MAXIM SHIPENKOV

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