Gli obiettivi e le conseguenze della presidenza Petro in America Latina

Freccia a sinistra. Lo hanno deciso i colombiani con il secondo turno delle presidenziali, decretando la vittoria del senatore Gustavo Petro, candidato della coalizione progressista Pacto histórico, contro l’eccentrico imprenditore Rodolfo Hernández, a capo della Liga de gobernantes anticorrupción, formazione di difficile classificazione ideologica.

È una svolta epocale, perché per la prima volta nella storia della Colombia arriva alla Casa de Nariño, il palazzo presidenziale, un esponente di sinistra, archiviando il sistema politico che ha egemonizzato da sempre la scena con l’alternanza tra liberali e conservatori.

Petro vs Hernández, un’aspra lotta

Petro ha ottenuto 11 milioni e 281 mila voti, pari al 50,44%, mentre il rivale si è fermato a quota 10 milioni e 580 mila, il 47,31%. La terza opzione, il “voto en blanco”, è stata scelta da mezzo milione di elettori, il 2,24%.

La campagna elettorale ha avuto toni molto aspri, con forti polemiche tra i due campi, la mancanza di un dibattito televisivo tra i contendenti (di fatto impedito da Hernández), fino alla diffusione di video che puntavano a screditare l’avversario.

Il vincitore, economista di 62 anni con un passato nella guerriglia, raggiunge la massima carica dello Stato al terzo tentativo, dopo essere stato sconfitto al ballottaggio nel 2018 da Iván Duque (54% contro 41%), presidente uscente, mentre nel 2010 fu eliminato al primo turno giungendo quarto con il 9,1%.

Hernández, 77enne, ex sindaco di Bucaramanga, correva invece per la prima volta, caratterizzando la sua campagna con un massiccio impiego dei social, in particolare Tik Tok.

L’esito della consultazione è destinato ad avere un forte impatto per l’equilibrio continentale, ma già il primo turno aveva cambiato la storia di un Paese stanco della corruzione e ferito dalle diseguaglianze, ponendo l’elettore davanti a due scelte radicali, accusate entrambe di populismo dagli sconfitti.

Colombia e Usa: sostegno economico e lotta al narcotraffico

Il Paese è stato per decenni l’alleato strategico degli Usa nella regione, e Washington ha sancito questo status con diversi programmi di sostegno. In seguito all’Accordo di pace del 2016 tra il governo di Bogotá e i guerriglieri delle Farc, il presidente Usa, Barack Obama, appoggiò la scelta varando un pacchetto di aiuti economici di 450 milioni di dollari, il piano “Paz Colombia”. Come parte dell’accordo di pace, 91 mila famiglie si impegnavano ad abbandonare la coltivazione della coca (in Colombia vi sono 160 mila ettari dedicati a questa pianta), mentre lo Stato avrebbe varato in cambio un programma di sostituzione.

L’attuazione di questo programma ha subìto rallentamenti e Duque è stato accusato di aver bloccato la sostituzione delle coltivazioni illecite, ripristinando la logica del precedente “Plan Colombia” (varato nel 1999), con l’appoggio di Trump: assistenza economica e addestramento alla sicurezza per l’offensiva militare contro il narcotraffico e le formazioni guerrigliere.

Colombia e Usa: l’alleanza inizia a vacillare

Proprio alla vigilia del primo turno, il presidente Usa, Joe Biden, ha firmato il Memorandum che designa la Colombia come importante alleato non Nato (Major Non-Nato Ally), visto come baluardo contro il Venezuela. Petro ha annunciato di voler rivedere il tema, perché “il mio obiettivo finale è mantenere l’America Latina fuori dalle alleanze militari: no alla Cina, no alla Russia e no alla Nato”, ha dichiarato.

Sui rapporti con Caracas si attende il ripristino delle relazioni diplomatiche, più volte interrotte di recente, da ultimo con una decisione del leader venezuelano, Nicolás Maduro, nel 2019. Nel dialogo tra i due Paesi ha un ruolo di contatto l’ex premier spagnolo, José Luis Zapatero.

Un altro punto di potenziale contrasto con gli Usa è nel settore energetico, avendo Petro annunciato in campagna elettorale l’impegno per “la produzione di un’energia pulita e la protezione dell’Amazzonia, al contrario della situazione attuale, dove si esportano solo carbone e petrolio”.

Il programma di Petro in concreto

Il presidente eletto vuole spostare l’asse della politica estera di Bogotá verso il multilateralismo, in accordo con altri leader della sinistra latino-americana al potere, dal Cile al Perù, con un occhio particolare alle elezioni brasiliane del prossimo 2 ottobre, quando potrebbe tornare al vertice l’ex presidente Lula.

Il Paese che eredita il nuovo presidente ha avuto, nel 2021, una crescita record del Pil del 10,7%, mentre per quest’anno si attende un aumento del 6,5%. Tuttavia, il 39% della popolazione vive in povertà e la disoccupazione ha superato il 12%. Petro propone un cambiomento del modello economico, centrato su una riforma agraria che colpisca il latifondo. Accusato dalla destra di voler espropriare, si difende replicando di puntare a democratizzare.

Per la lotta alla corruzione è stata annunciata una Commissione d’inchiesta indipendente che indaghi sui casi più macroscopici che hanno colpito l’opinione pubblica e hanno contribuito alla sconfitta dei partiti tradizionali.

Sull’energia annuncia la messa al bando del fracking e una transizione che punti alle rinnovabili, riducendo petrolio e carbone, con le critiche già avanzate dalle Associazioni dei produttori del settore.

Per l’uguaglianza tra i sessi, l’obiettivo è di raggiungere il 50% della presenza femminile nelle cariche pubbliche e l’istituzione del ministero della Parità. Nella sua campagna elettorale ha avuto un ruolo rilevante la candidata scelta per la vicepresidenza, Francia Márquez, giovane militante femminista e prima afro-colombiana a raggiungere la seconda carica dello Stato.

Nel campo della sicurezza il programma prevede la “smilitarizzazione della vita sociale”, attraverso la fine del servizio militare obbligatorio, il passaggio del controllo della Polizia nazionale dal ministero della Difesa a quello dell’Interno o della Giustizia e lo smantellamento dell’Esmad (Escuadrón Móvil Antidisturbios), accusato di abusi e violenze.

Ambizioso il punto della riforma tributaria, con l’introduzione di un’imposta patrimoniale per le 4 mila più grandi fortune colombiane che ha allarmato il presidente della Confindustria locale, Bruce Mac Master, che ha sentenziato “Non è fattibile”. Modifiche sono state annunciate anche per la sanità e il sistema pensionistico.

Petro dopo la vittoria

Nelle prime dichiarazioni dopo la vittoria, Petro ha usato toni concilianti e moderati verso le altre forze politiche, anche per la necessità di cercare consensi in Parlamento che vadano oltre la sua coalizione, uscita delle elezioni dello scorso 13 marzo senza maggioranza.

Ora il compito di formare il nuovo governo, il cui insediamento è fissato per il prossimo 7 agosto, data significativa nella storia colombiana perché nel 1819 vi avvenne la battaglia di Boyacá, tappa decisiva sulla strada dell’indipendenza.

Foto di copertina EPA/Mauricio Duenas Castaneda

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