GCAP come punta dell’iceberg: la cooperazione italo-britannica nel combattimento aereo

L’Italia e il Regno Unito condividono una forte tradizione di cooperazione industriale nel campo della difesa. Questo rapporto è stato rafforzato da programmi congiunti, come il Panavia Tornado e l’Eurofighter, dall’esistenza di una joint venture leader nel settore missilistico come MBDA, e dalla presenza del Gruppo Leonardo nel Regno Unito tramite la sua controllata Leonardo UK. Il Global Combat Air Programme (GCAP) per lo sviluppo di un velivolo da combattimento di sesta generazione è dunque solo l’ultima dimostrazione di forte complementarità tra industrie e ministeri della difesa dei due Paesi. Di questo si è parlato il 18 marzo presso la residenza dell’Ambasciatore del Regno Unito in Italia grazie all’evento The Anglo-Italian Cooperation on Air Combat, organizzato dall’Istituto Affari Internazionali (IAI) in collaborazione con l’Ambasciata britannica e MBDA.

Una colonna portante della cooperazione europea

Tracciando una linea di continuità dal Tornado al GCAP, è subito evidente come l’Italia e il Regno Unito siano gli unici due Paesi ad aver lavorato fianco a fianco costantemente nell’ambito dei velivoli da combattimento dalla fine degli anni sessanta ad oggi. Anche l’F-35, pur rappresentando un programma americano, ha visto la partecipazione di aziende di Paesi partner, tra cui appunto Italia e Regno Unito. Mentre quest’ultimo è l’unico Paese partner ad aver ottenuto lo status di Tier 1, l’Italia è diventato il solo stato europeo ad ospitare una linea di assemblaggio finale (Final Assembly and Check Out, FACO).

Un’analisi di mezzo secolo di collaborazione mette a nudo un fatto sorprendente: anche con il susseguirsi di governi, minacce e interessi strategici, a partire dalla fondazione di Panavia nel 1969 (da parte di Germania, Regno Unito e Italia) per lo sviluppo del Tornado e fino ai giorni nostri sussiste una capacità non comune degli stakeholder della difesa di Roma e Londra di trovare la giusta quadra per portare a termine programmi di cooperazione estremamente complessi.

A livello europeo, questa continuità di rapporti è quasi unica. La Francia ha infatti per decenni optato per programmi puramente nazionali, anche quando inizialmente aveva tentato di intraprendere la via della cooperazione, come agli albori dell’Eurofighter. La Germania invece ha avuto un ruolo fondamentale sia nel programma Tornado che nell’Eurofighter, ma per motivi politici ha preferito unirsi a Francia e Spagna per sviluppare il Future Combat Air System (FCAS). L’F-35 fornisce nuovamente una chiave di lettura interessante per quel che riguarda una convergenza di interessi italo-britannica: tra le principali potenze militari europee, solo Italia e Regno Unito sono partner dai primissimi anni di vita del programma. Infatti la Germania ha temporeggiato fino all’attacco russo all’ucraina del 2022, per poi uscire da una fase di stallo politico durato decenni, mentre la Spagna continua a posticipare una decisione che almeno fino alla fine dell’Amministrazione Biden sembrava inevitabile militarmente ma delicata politicamente.

Allineamento nelle idee e nei mezzi

La cooperazione industriale nel campo della difesa è sempre sfidante per governi, industrie e forze armate. Innanzitutto perché richiede una chiara volontà di scendere a compromessi, confrontandosi con le controparti in modo costruttivo e pragmatico. Le fasi di negoziazioni sulla divisione del lavoro sono dunque sempre delicatissime, e cadono spesso in una dinamica di ‘sconfitti e vincitori’ che spesso rallenta i programmi o, nei casi peggiori, li stronca sul nascere. Aldilà delle questioni industriali, la definizione di requisiti comuni e condivisibili da tutti i partecipanti di un programma è un altro passo fondamentale e che spesso sfocia in rotture o divergenze nei prodotti finali. L’Italia e il Regno Unito hanno dimostrato più volte di avere idee chiare e soprattutto simili sul combattimento aereo, raggiungendo una comunanza di piattaforme senza eguali in Europa, che sarà ulteriormente accentuata dall’entrata in servizio della core platform di GCAP nei prossimi decenni.

Questa visione comune, insieme ad una maggiore predisposizione alla cooperazione pragmatica rispetto ad altri Paesi europei, è in parte il fattore abilitante per un rapporto di collaborazione sempre più stretto, ma ne è anche il risultato. Ad oggi, i due Paesi sono talmente abituati a lavorare insieme in questo campo da aver creato insieme una vera e propria ‘cultura di cooperazione’ anglo-italiana basata su una spiccata comprensione dei processi e approcci altrui. Oltre alla piattaforma, anche per quel che riguarda i sistemi d’arma c’è una forte cooperazione grazie a MBDA, joint venture leader nel settore missilistico e che ha sviluppato tra gli altri il missile aria-aria Meteor in dotazione anche agli Eurofighter dell’Aeronautica Italiana e della Royal Air Force.

Guardando al futuro, le opportunità per un ulteriore rafforzamento della già fruttuosa cooperazione tra Italia e Regno unito nel campo del combattimento aereo sembrano abbondare. Come sottolineato in un recente studio dello IAI sul GCAP, la cooperazione in questo ambito non si limita solo allo sviluppo di piattaforme e sistemi d’arma. Si estende infatti, in alcuni casi, anche alla definizione di dottrine simili e di percorsi di addestramento comuni o condivisi che, insieme al processo stesso, gettano le basi per nuovi programmi congiunti. Per l’Italia è evidente il raggiungimento dello status di partner alla pari nei confronti del Regno Unito in termini sia di design authority che di finanziamenti e workshare industriale, dopo decenni di ruolo più secondario rispetto anche alla Germania nei programmi Tornado ed Eurofighter. Sarà fondamentale che gli stakeholder italiani continuino a consolidare questa posizione, raggiunta grazie al solido allineamento tra Difesa, industria e politica, per sfruttare al meglio tutte le opportunità che ne scaturiranno.

Ricercatore nel programma “Difesa, sicurezza e spazio” dell’Istituto Affari Internazionali, dove si occupa di difesa e industria della difesa europee e di sicurezza marittima. In passato ha lavorato a Bruxelles presso l’International Crisis Group, il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) e le Nazioni Unite.

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