L’ennesimo conflitto armato tra Israele e palestinesi, scoppiato in conseguenza del brutale attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre 2023, suscita ancora una volta serie preoccupazioni per quanto attiene agli obblighi di rispetto del diritto internazionale umanitario.
Il 24 ottobre 2023 il Consiglio di Sicurezza si è riunito per discutere dell’escalation di violenza nella striscia di Gaza successiva agli attacchi di Hamas ad Israele. Nel corso della riunione del Consiglio, Antonio Guterres, Segretario Generale dell’ONU, ha richiamato le parti al dovere di rispettare le norme del diritto internazionale umanitario. “Even war has rules” ha ricordato.
Le parti del conflitto in Medio Oriente devono rispettare il diritto dei conflitti armati. Questo ambito del diritto internazionale si riferisce alla condotta delle ostilità, alle modalità di uso della forza nelle operazioni militari e alla protezione delle vittime. Le fonti sono norme consuetudinarie: le convenzioni dell’Aja del 1907 e il corpus delle quattro convenzioni di Ginevra del 1949 e i due protocolli aggiuntivi del 1977. Lo Stato d’Israele ha ratificato le convenzioni di Ginevra ma non i protocolli, mentre la Palestina (la cui qualificazione come Stato è per alcuni controversa) ha ratificato convenzioni e protocolli. Se consideriamo la Striscia di Gaza territorio palestinese, queste norme convenzionali sarebbero senz’altro applicabili anche ad Hamas, che controlla la Striscia da quando Israele, per decisione unilaterale, si è ritirato nel 2005. Tuttavia, in conseguenza del livello di controllo tuttora esercitato sulla Striscia, Israele continua a essere considerato potenza occupante. In questo conflitto armato internazionale è quindi applicabile il diritto dell’occupazione militare: la IV convenzione dell’Aja sulle leggi e gli usi di guerra del 1907 e il suo regolamento annesso; la IV convenzione di Ginevra del 1949 relativa alla protezione della popolazione civile in tempo di guerra e il I protocollo aggiuntivo sulla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali.
Nel conflitto sono state commesse e continuano a essere commesse gravi violazioni del diritto internazionale umanitario dei conflitti armati.
L’attacco di Hamas ha prodotto uccisioni deliberate, rapimento di civili, lancio di razzi contro oggetti civili, gravi episodi di violenza sessuale. A queste gravi violazioni ha fatto riferimento il Segretario Generale Guterres nel suo intervento al Consiglio di sicurezza, nel quale ha “condannato inequivocabilmente” gli “horrifying and unprecedented 7 October acts of terror by Hamas in Israel”.
La risposta israeliana, a sua volta, ha prodotto attacchi indiscriminati, migliaia di morti e feriti tra la popolazione civile, estese distruzioni di abitazioni e infrastrutture civili, privazione della popolazione di beni essenziali per la sua sopravvivenza, quali acqua, cibo, medicinali, energia elettrica. Non solo, ma l’offensiva di terra delle forze armate israeliane ha costretto una parte rilevante della popolazione a spostarsi da una parte all’altra della Striscia, in condizioni disumane e in un contesto generale di estese distruzioni. Insomma, da mesi è ormai in corso una catastrofe umanitaria di proporzioni gigantesche.
Per certi versi, poi, la reazione israeliana si configura come “punizione collettiva” del popolo palestinese, dando per scontata la corrispondenza tra Hamas e i palestinesi come popolo. Anche questo costituisce una violazione grave, in quanto appunto punizione collettiva. Ancora il Segretario Generale dell’ONU Guterres ha affermato con forza che “le rivendicazioni del popolo palestinese non possono giustificare gli orribili attacchi di Hamas e questi orribili attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese”.
Tutti questi comportamenti e atti violano principi e norme del diritto internazionale umanitario. In particolare, vengono violati i principi di distinzione, di precauzione negli attacchi e di proporzionalità, che sono i capisaldi di questo diritto internazionale umanitario. L’art. 48 del I protocollo di Ginevra è intitolato “regola fondamentale, basic rule” e statuisce che “allo scopo di assicurare il rispetto e la protezione della popolazione civile e dei beni di carattere civile, le Parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, distinzione fra la popolazione civile e i combattenti, nonché fra i beni di carattere civile e gli obiettivi militari e, di conseguenza, dirigere le operazioni soltanto contro obiettivi militari”.
Il diritto relativo alla condotta delle ostilità vieta l’uso di mezzi e metodi di guerra che non siano compatibili con il rispetto di questi principi. Attacchi estesi condotti su aree densamente popolate sono difficilmente suscettibili di assicurarne il rispetto. La Striscia di Gaza è un territorio di 360 km2 con oltre due milioni di abitanti, e quella che chiamiamo Urban Warfare – il combattimento casa per casa e nelle strade – è una realtà agghiacciante.
“Even war has rules”, ha ammonito il Segretario Generale dell’ONU Guterres, aggiungendo che “dobbiamo pretendere che tutte le parti facciano fronte e rispettino i loro obblighi di diritto internazionale umanitario”.
Infine, occorre ricordare che le infrazioni gravi delle convenzioni di Ginevra e le serie violazioni delle leggi e consuetudini di guerra costituiscono crimini di guerra (e, per certi versi, crimini contro l’umanità), che comportano la responsabilità penale internazionale degli individui che li commettono. È, quindi, auspicabile che la Corte penale internazionale sia messa in condizione di esercitare la sua giurisdizione.