Difesa Italiana: la sfida del 2% del PIL tra NATO e carenze militari

Un bilancio della difesa stabilmente attestato sul due per cento del Prodotto Nazionale Lordo? Facile a dirsi e facile da accettare, almeno in teoria, allorché si è a Bruxelles, alle riunioni dei ministri della NATO e si rischia di essere squalificati e guardati come reprobi se non ci si allinea con quella che è da tempo la pressante richiesta del grande fratello americano, nonché il livello di spesa stanziato dalla maggioranza dei paesi della Alleanza.

Meno facile da far accettare allorché si ritorna in Italia, un Paese in cui, tra inni alla pace e contro le armi guidati dal Sommo Pontefice in persona ed opposizioni talmente miopi da riuscire a concepire le spese per la difesa solo come risorse sottratte al sociale, ogni adeguamento del contributo nazionale all’Alleanza viene valutato come un peccato capitale e come tale sanzionato in ambito elettorale.

Così l’Italia, almeno per il momento, rimane costantemente in un limbo, sospesa tra promesse formulate in ambito internazionale che vengono di anno in anno dilazionate ed una realtà nazionale che nessun partito di governo ha avuto sino ad ora il coraggio di affrontare con la decisione e la durezza necessaria.

La situazione, già grave in condizioni ordinarie, è diventata gravissima in questi ultimi anni, vale a dire da quando non una ma ben due guerre stanno insanguinando terre ai confini dell’Europa e almeno una di esse minaccia ogni giorno di coinvolgerci.

Così, se per caso a questo punto la tempesta dovesse travolgerci, noi non avremmo per difenderci altro che uno strumento sotto finanziato per lunghi anni ed in cui, soprattutto nell’Esercito, le carenze si sono accumulate sino a divenire estremamente pericolose.

La cosa è tragica, anche per il modo in cui le guerre moderne hanno inciso in maniera consistente sull’efficacia delle azioni di Marina ed Aeronautica, riportando la Fanteria – e per essa i Boots on the ground, vale a dire gli stivali dei fanti sul terreno – a esercitare di nuovo il ruolo di “regina delle battaglie”.

Una regina delle battaglie che però è, o almeno dovrebbe essere, ad un livello ben differente da quello del passato e che quindi avrebbe bisogno non soltanto di una modernizzazione degli strumenti a disposizione ed in particolare di tutto quello che la guerra in Ucraina ha dimostrato indispensabile, ma anche di una modernissima e massiccia componente meccanizzata e corazzata sostenuta da una artiglieria adeguata alla bisogna.

A dire il vero, comunque, qualche cosa in questo momento sembra finalmente muoversi ed un piano di potenziamento che investe soprattutto l’ambito dei carri armati e di tutto ciò che è necessario per il loro accompagnamento è ora in avanzata via di finanziamento.

Non si sta muovendo nulla invece nell’altro settore in cui le nostre Forze Armate risultano fortemente deficitarie, vale a dire quello del personale.

Altri paesi dell’Alleanza che a suo tempo avevano, come noi, optato per il passaggio dalla leva ad un complesso composto integralmente da volontari hanno preso atto da tempo di come il sistema non consenta loro di disporre di un numero sufficiente di riserve addestrate e sono corse ai ripari o ripristinando la leva, come è avvenuto in Svezia, o definendo termini di “pre militare” che conferiscano un minimo di preparazione alle classi di leva che potrebbero, in casi gravi, essere domani richiamate in servizio.

Da noi invece non si è fatto e non si sta facendo assolutamente nulla, forse per l’impatto negativo che le misure orientate nel giusto senso potrebbero avere su un elettorato disposto ad accettare qualsiasi sacrificio…..purché il suo peso ricada su altrui spalle.

Così, in un clima di inerzia sicuramente negativo che potrebbe col tempo rivelarsi criminale e produrre guasti irreparabili, si continua a rinviare fingendo di non accorgersi nemmeno delle violazioni di legge che comporterebbero una sanzione in campo penale. Il riferimento, ben preciso, è centrato sui sindaci degli ottomila e passa comuni d’Italia che avrebbero l’obbligo di mantenere aggiornate le liste di leva e non lo fanno. (Contrariamente a quella che è la credenza generale la leva infatti non è mai stata abolita ma semplicemente sospesa per legge sino a decisione in senso contrario del Governo italiano).

Continuiamo quindi a rimanere con una disponibilità complessiva di personale inferiore di gran lunga alla potenzialità che potremmo esprimere.

Tra l’altro il nostro personale in servizio è magari dotato di una notevole esperienza che copre anche teatri ben diversi da quello nazionale ma nel contempo è stato pesantemente condizionato da un addestramento, quello per il peacekeeping, che ti insegna come la violenza da usare sia sempre ed in ogni caso il minimo della violenza indispensabile.

In guerra invece la violenza da usare è dal primo istante il massimo di violenza possibile, cosa che rende assolutamente incompatibili tra loro la filosofia che domina il peacekeeping nonché quella che regola il combattimento.

Nel mondo noi siamo giustamente famosi per l’altissimo livello delle prestazioni dei nostri soldati nell’ambito del Peacekeeping.

Quanto poco però essi siano pronti per la guerra vera – quella in cui occorre essere brutti, sporchi e cattivi – basta a dimostrarlo un piccolo recente episodio verificatosi tempo fa in quell’area del Libano che, benché ancora presidiata da Unifil, è però divenuta sempre più frequente teatro di scontri fra Hezbollah e l’Esercito israeliano.

In quell’area alcuni colpi caduti in un posto presidiato da nostri soldati hanno portato al ricovero di quattro membri del personale italiano senza che vi fosse stato alcuno spargimento di sangue. Nessuna ferita, semplicemente uno shock cui non è assolutamente accettabile che alcun soldato addestrato reagisca in maniera tale da risultare bisognoso di ricovero.

Anche sul piano del personale quindi ci sarebbe da lavorare, e parecchio, tanto sul piano della quantità quanto, ahimè, anche su quello della qualità.

Lo faremo? E soprattutto lo faremo in tempo utile? Si tratta di un interrogativo da cui purtroppo potrebbe domani dipendere la nostra sopravvivenza!

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