Bielorussia alle urne: il declino del pluralismo e l’ascesa del nuovo Politburo

Il 25 febbraio si svolgerà la cosiddetta “giornata di voto unificata” in Bielorussia, dove i cittadini torneranno alle urne per la prima volta dopo le controverse e turbolente elezioni del 2020. In questa occasione, saranno eletti i deputati della Camera dei Rappresentanti dell’Assemblea Nazionale e dei Consigli dei deputati locali. Successivamente, il 4 aprile 2024, si terranno le elezioni per i membri del Consiglio della Repubblica.

L’importanza delle elezioni

L’elezione è cruciale poiché segna un grande passo nella direzione di una Bielorussia sempre più totalitaria. Queste elezioni segneranno una svolta per l’Assemblea Popolare Panbielorussa (ABPA), che da organo puramente consultivo è diventato il “più alto vertice della rappresentanza democratica” del Paese, con la modifica costituzionale del febbraio 2022.

Questa trasformazione ha l’obiettivo di preparare il terreno per un’eventuale sostituzione dell’attuale presidente Aleksandr Lukashenko, al potere da ormai tre decenni, in vista delle elezioni presidenziali del 2025. La modifica dei poteri dell’ABPA, infatti, prevede un cambiamento significativo nella struttura del governo, conferendo a questo organo un controllo esteso su numerose decisioni politiche. Inoltre, tale modifica porterà alla formazione di un gruppo ristretto di alleati fidati di Lukashenko, accentuando l’autoritarismo nel Paese e rafforzando ulteriormente la centralizzazione del sistema governativo.

Il processo elettorale bielorusso, “un rituale senza significato o giustizia”

La Bielorussia è una Repubblica presidenziale, con una struttura di governo che prevede una separazione dei poteri. Il potere legislativo è affidato ad un Parlamento bicamerale noto come “Assemblea Nazionale della Repubblica di Bielorussia”, che si compone della Camera dei Rappresentanti e del Consiglio della Repubblica. Il potere esecutivo è concentrato nelle mani del Consiglio dei ministri, mentre il potere giudiziario è esercitato dalla Corte costituzionale e dalla Corte Suprema.

Nonostante la divisione formale tra i diversi organi, il presidente ha tradizionalmente esercitato un controllo sostanziale su tutte le sfere del governo, limitando l’efficacia sia del potere giudiziario che del potere legislativo. La natura autoritaria del Paese si riflette anche nel suo sistema elettorale che, sebbene la parvenza di democraticità e la garanzia del suffragio universale, equo, diretto o indiretto secondo la Costituzione, è spesso stato oggetto di critiche per irregolarità e presunte frodi elettorali.

Le ultime elezioni presidenziali del 2020 sono state non solo criticate ma contestate formalmente con accuse di falsificazioni diffuse. Analisi indipendenti hanno persino dimostrato come le elezioni siano state in realtà vinte dall’attuale presidente in esilio, Sviatlana Tsikhanouskaya, anziché da Lukashenko. Tuttavia, proprio a causa della natura autoritaria, dal 1994 la Bielorussia ha costantemente e invariabilmente rieletto Lukashenko come presidente, senza lasciare spazio per significativi cambiamenti nel panorama politico, tendenza che si prevede continuerà anche nelle elezioni di quest’anno.

Una stretta al regime bielorusso: un declino del pluralismo politico

La continua e crescente repressione governativa, iniziata a seguito delle proteste avvenute nel 2020, e la conseguente emigrazione di massa dal Paese hanno drasticamente ridotto il pluralismo politico in Bielorussia.

I cittadini e oppositori rimasti si sono trovati ad affrontare forti repressioni. Secondo quanto riportato da Amnesty International nel report sui diritti umani nel mondo (2023), in Bielorussia la libertà di espressione è severamente ristretta, con più di 1500 prigionieri politici e pene detentive che superano anche i 10 anni di reclusione. L’obiettivo della repressione è sopprimere qualsiasi potenziale forza di opposizione. Ai sensi dei requisiti stabiliti dalla Costituzione aggiornata, infatti, non possono candidarsi alle elezioni i cittadini contro i quali sia stata emessa una sentenza di condanna, che abbiano precedenti penali, o che risiedono all’estero.

Queste limitazioni hanno un grande peso su chi può o non può partecipare alle elezioni e, di conseguenza, hanno influito notevolmente sulla presenza dei partiti politici di opposizione. Oltre a controllare i media e reprimere qualsiasi forma di dissenso, le autorità bielorusse hanno influenzato il processo elettorale prendendo di mira ben 12 partiti, tra cui il Partito Civile Unitario, il gruppo di opposizione di lunga data.

Attualmente, sono registrati solo quattro partiti politici: l’attuale partito al governo, Belaya Rus, relativamente centrale; due partiti nominalmente di sinistra, il Partito Comunista di Bielorussia e il Partito Liberal Democratico della Bielorussia; e infine, un partito di destra, il Partito Repubblicano del Lavoro e della Giustizia.

Riforme istituzionali e strategie politiche: il ruolo dell’ABPA e il cosiddetto “pacifismo armato”

Le elezioni di febbraio non segnano un discostamento dal clima creatosi nel Paese a partire dal 2020, ma evidenziano piuttosto un significativo cambiamento nella struttura del governo.

La nuova Assemblea Popolare Panbielorussa, dotata di ampi poteri, avrà autorità su tutti i rami del governo, incluso quello esecutivo e, oltre ad altri compiti, potrà introdurre la legge marziale, avviare le pratiche di impeachment, annullare le elezioni presidenziali, e anche eleggere e rimuovere i giudici delle corti Suprema e Costituzionale.

Dei 1200 rappresentanti che andranno a costituire questo nuovo organo, solo 15 avranno il potere effettivo di dirigerne la politica, creando così una sorta di Politburo personale di Lukashenko. Ai sensi della costituzione aggiornata, sarà il presidente stesso a ricoprire il ruolo di presidente dell’ABPA, mentre gli altri membri formeranno il cerchio dei suoi associati più fidati, da cui potrebbe emergere il suo eventuale successore.

La tornata servirà anche per preparare il terreno per le elezioni presidenziali del 2025. Tra i principali temi della campagna elettorale di Lukashenko vi sono la narrativa populista e l’allineamento con la Russia su questioni legate ai “valori della famiglia” e in materia di diritti LGBT. A questi, si aggiunge anche il concetto di “pacifismo armato”, che mira alla creazione di una Bielorussia pacifica ma militarmente potente.

Un fievole barlume di speranza democratica all’ombra dell’autocrazia

Le elezioni di febbraio in Bielorussia vedranno una concentrazione di potere senza precedenti nelle mani di Lukashenko. Tra il nuovo ruolo dell’Assemblea Popolare Panbielorussia e l’aumento della repressione politica, le prospettive di cambiamento nel futuro immediato sono ben poche.

Allo stesso tempo, le forze democratiche all’estero, costrette all’esilio per sfuggire alla persecuzione, stanno perseverando nel loro impegno per contrastare il regime di Lukashenko. Sebbene rappresentino un’opzione limitata, offrono una speranza in un Paese che ha perso gran parte della sua natura democratica.

Articolo a cura di Sara Pastorello

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