USA: Diritto all’aborto, una ferita mai chiusa nel dibattito americano

La bozza di una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti – pubblicata da Politico – che andrebbe a ribaltare la sentenza Roe v. Wade che fa da spartiacque nella lunga storia delle culture wars, ha riaperto la ferita mai veramente rimarginata del cattolicesimo americano. La sentenza in questione, la Roe v. Wade del 1973, grazie alla quale l’interruzione di gravidanza è legittimata a livello federale – dunque, al di là dei singoli Stati –, è infatti dal primo giorno della sua comparsa nel dibattito pubblico e politico un limite invalicabile dall’una e dall’altra parte.

I pro-choice, ovvero i settori favorevoli alla legalizzazione dell’aborto, perlopiù giovani, elettori del Partito democratico e con un maggior grado d’istruzione, vedono in Roe v. Wade la pietra miliare di un percorso che, in ogni caso, dovrebbe concludersi con l’adozione di una vera e propria legge che, per gli Stati Uniti, introduca finalmente il diritto all’aborto per via legislativa. Dall’altra, gli anti-choice, che in contrapposizione si distinguono per essere prevalentemente elettori del Partito repubblicano, mediamente più anziani e con tassi d’istruzione più bassi, vivono questa sentenza come il lento declino dello spirito religioso americano.

Le culture wars e l’America perduta

Del resto, la sentenza Roe v. Wade arrivò in uno dei momenti più critici e dirompenti all’interno della società statunitense. La lotta per i diritti civili, la contestazione contro la guerra in Vietnam e i movimenti giovanili impressero negli anni Sessanta e Settanta un cambio di rotta evidente nella traiettoria di Washington. Quantomeno, a livello nazionale.

E se il terzo principio della dinamica – per ogni azione, corrisponde una reazione – non mente, fu proprio durante quel decennio vivace e sconvolgente che negli Stati Uniti prese vita quel grande fenomeno di cui, ancora oggi, si avvertono le conseguenze: il Great Awakening, il “grande risveglio” religioso che, per la verità, negli anni Settanta, attraversò sottopelle il mondo intero. Delusi, abbattuti e frustrati dalle promesse non mantenute di un modello economico e di sviluppo che sembrava sempiterno, molti americani cominciarono a riversarsi nelle chiese più conservatrici. Che, a gran voce, chiedevano di tornare a essere la città sulla collina per tornare a vivere i fasti di un tempo.

Un mito tutto statunitense, che si colloca all’alba dell’esperimento americano. Fuggiti dalle guerre di religione e dalle persecuzioni europee, gli abitanti del nuovo mondo avrebbero dovuto costruire la City upon a hill, come l’avvocato puritano John Winthrop avvertì i suoi concittadini della futura Boston. Un faro di speranza al quale tutti avrebbero dovuto guardare in cerca della vera cristianità.

Così, molti movimenti religiosi, di matrice calvinista e protestante, che alimentarono l’evangelicalismo dilagante e abbracciarono anche i cattolici più conservatori, cominciarono a organizzarsi e a pesare politicamente nel dibattito. I temi della morale, della sessualità e della bioetica divennero i principali – se non gli unici – di questo nuovo rassemblement, al quale presto si avvicinarono Ronald Reagan, Bush padre e figlio e, infine, anche Donald Trump. Sui quali, appunto, si scatenarono le culture wars, le battaglie per riconquistare l’anima dell’America.

L’aborto e il trumpismo

Come avevamo già scritto, immaginare la fine di un fenomeno talmente complesso e radicato come il trumpismo – termine volutamente riduttivo per una dinamica ben più ampia – con la sola fuoriuscita di Trump stesso, sarebbe stato piuttosto ingenuo. Questo proprio perché l’ex presidente non ha inventato alcunché, bensì è stato in grado di capitalizzare al massimo una collera condivisa non dalla maggioranza degli americani, ma da una fetta economicamente, politicamente e socialmente rilevante.

Le conseguenze della sublimazione di queste spinte, ovvero l’elezione del 2016, sono oggi sotto gli occhi di tutti. Trump, infatti, ha nominato tre giudici della Corte Suprema: Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett. I quali, nell’ala conservatrice del tribunale, si aggiungono a Clarence Thomas, nominato da Bush senior, e a John Roberts e Samuel Alito, scelti da Bush junior. Proprio Alito è il firmatario della bozza con la quale la Corte vorrebbe abolire la sentenza Roe v. Wade, rendendo di fatto illegittimo l’aborto.

La decisione è ancora da prendere, anche se la conferma arrivata dal presidente della Corte, il giudice John Roberts, fa pensare che la sentenza possa effettivamente essere ribaltata. I conservatori, infatti, hanno una maggioranza (5 contro 4, con la possibilità di arrivare anche a 6 contro 3).

Due cattolicesimi per uno scisma?

L’orizzonte del cattolicesimo americano è sempre più fosco. Un’ipotetica abolizione della sentenza Roe v. Wade renderebbe ancor più conflittuale il confronto tra le due frange del cattolicesimo che, dall’elezione di papa Francesco, passando da quella di Trump per arrivare, infine, a quella di Biden, hanno preso strade diametralmente opposte. Da una parte, i conservatori ormai avvinghiati alla tradizione calvinista e puritana degli Stati Uniti; dall’altra, i progressisti come lo stesso Biden e come i molti latinos che, in prospettiva, andranno a costituire numericamente la maggioranza del cattolicesimo americano.

Il magistero di Bergoglio, che si rivolge in particolar modo alle tematiche socioeconomiche, raccoglie, per il momento, ben poche adesioni al di là dell’Atlantico. La sua superficialità – così è avvertita – sui temi della morale e della famiglia, rendono il suo messaggio indecifrabile. Persino per i vescovi della Conferenza episcopale americana, che soltanto un paio di anni fa si interrogavano sull’opportunità di garantire il sacramento della comunione a un presidente cattolico e pro-choice, ovvero Biden.

Il documento poi approvato dai presuli, che non menziona nello specifico né il tema, né tantomeno il presidente stesso, richiede però che i cattolici con ruoli di autorità abbiano una “responsabilità speciale” nei confronti della Chiesa. E se come primo commento sulla decisione della Corte Suprema, Biden ha scelto di rivolgersi agli elettori per far sì che alle elezioni di mid-term vengano votati esponenti a favore dell’aborto per redigere, finalmente, una legge a livello federale, l’attrito con la frangia più conservatrice è destinato ad aumentare, non senza conseguenze estreme.

Foto di copertina EPA/MICHAEL REYNOLDS

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