Il futuro della Nato nella crisi ucraina

È opinione diffusa che questa crisi con la Russia abbia dato nuova vita alla Nato, facendola uscire da una lunga crisi di decrescente rilevanza, nonché dalle conseguenze negative del brusco abbandono dell’Afghanistan. Tuttavia questa potrebbe essere anche l’ultima volta in cui vedremo dispiegarsi il pieno impegno militare americano in Europa, per assicurare la credibilità della deterrenza e della difesa degli alleati. Il quadro della sicurezza europea sta cambiando rapidamente e richiederà decisioni difficili, che definiranno il futuro politico dell’Europa.

La Nato nel nuovo ordine mondiale

Viviamo un periodo di forte incertezza strategica. Finita, al termine del secolo scorso, la divisione dell’Europa in due blocchi contrapposti, abbiamo sperimentato la frammentazione dell’Urss e un rapidissimo allargamento verso est sia della Nato che dell’Ue. Nel contempo la Nato ha visto mutare la sua strategia tradizionale (centrata sul contenimento e sulla deterrenza) ed è stata invece impiegata in conflitti “fuori area”, dapprima nei Balcani e poi in Afghanistan, Medio Oriente e Nord Africa, con risultati non esaltanti. Anche l’UE ha visto crescere il suo profilo politico internazionale, è stata impegnata in numerose missioni di pace e gestione delle crisi, ed ha utilizzato intensamente l’arma delle sanzioni economiche. Infine, da parte sia americana che russa sono stati rimessi in discussione e abbandonati importanti accordi di disarmo, di controllo degli armamenti e persino misure di reciproca fiducia e meccanismi per il controllo e la riduzione degli incidenti. Il quadro della sicurezza europea ne risulta profondamente indebolito.

Due sono le maggiori novità sul piano globale: il montare in potenza della Cina, alleata con la Russia, e l’attivismo crescente di alcune medie potenze extra-europee che alimentano conflitti significativi a livello regionale. In un mondo globalizzato, strettamente interconnesso, ma privo di un adeguato sistema di regole e istituzioni che ne assicurino un funzionamento pacifico, gli Stati Uniti si sono trovati sovraesposti e dispersi tra una miriade di impegni cui non potevano più fare fronte. Ciò ha obbligato Washington a definire con maggior chiarezza le sue priorità strategiche, dando la precedenza alla sfida globale, economica, militare e ideologica incarnata oggi dalla Cina. In questo quadro la Russia, malgrado il suo attivismo militare e il suo armamento nucleare, si colloca al secondo posto: non minaccia direttamente la leadership globale americana, anche se può indebolirla.

Il ruolo degli Stati Uniti

A questo stadio, non sappiamo ancora come finirà questa crisi tra Mosca e Kiev e quale ampiezza assumerà un eventuale scontro armato. Sappiamo però che gli Usa sono pronti ad impegnarsi per difendere militarmente gli alleati, ma che reagiranno ad un attacco all’Ucraina con strumenti politici ed economici. A questo fine, più che attivare la Nato, che non ha competenze in campo economico, gli Usa cercheranno un accordo con l’Ue. Già qui vi è una differenza sostanziale tra il quadro transatlantico e quello dell’Asia-Pacifico: un eventuale attacco della Cina a Taiwan vedrebbe con tutta probabilità un impegno militare diretto americano.

Non sarà facile per la Nato gestire le conseguenze di questa crisi. Molti paesi alla frontiera orientale dell’Alleanza vorranno essere rassicurati e maggiormente protetti, ma l’onere di questo maggiore impegno non potrà più pesare solo sulle spalle americane: al contrario, con gli USA sempre più impegnati nel Pacifico, in prima linea saranno i maggiori paesi alleati europei. Quegli stessi paesi, possiamo notare per inciso, che dovrebbero sopportare gran parte del costo economico di eventuali nuove sanzioni contro la Russia.

Nato: verso il riarmo europeo?

Vedremo l’impatto di questa crisi sulla formulazione del prossimo “Concetto Strategico” che il Consiglio Atlantico dovrebbe approvare fra pochi mesi, ma è forte il rischio che la situazione rimanga confusa e incerta. C’è sicuramente un partito favorevole a un forte riarmo alleato in Europa. L’obiettivo massimo che alcuni formulano è che gli alleati europei assicurino in proprio circa il 50% delle capacità ritenute necessarie per la piena credibilità della Nato. Oggi il contributo europeo è stimato attorno al 25-30%. In pratica ciò significherebbe quasi il raddoppio delle spese di investimento e di esercizio dei singoli paesi: una prospettiva largamente irrealistica.

L’alternativa però, in assenza di un sostanziale contributo aggiuntivo americano (ed anzi, al contrario, in previsione di una riduzione di tale contributo, a vantaggio del fronte Asia-Pacifico), provocherebbe una evidente diminuzione della credibilità alleata, con gravi conseguenze sia interne che esterne all’Europa.Si delinea quindi con urgenza l’esigenza di un chiarimento strategico tra europei che vada ben al di là del pur interessante esercizio della “bussola strategica” lanciato dall’UE, e che si concentri sugli aspetti militari e di sicurezza del futuro rapporto con la Russia, a oriente ma anche a sud dell’Europa, in genere su cosa serva per affrontare la crescente pericolosità delle crisi e dei conflitti nelle regioni confinanti.

In effetti, il necessario rafforzamento del contributo europeo alla propria sicurezza, se avrà luogo, dipenderà dalla capacità dei potenze europee di mettere assieme, razionalizzare e potenziare le risorse a loro disposizione, cercando di ottenere di più dalle risorse effettivamente disponibili, grazie a una maggiore razionalizzazione e messa in comune degli investimenti. Questa tuttavia è una strada che, pur rafforzando la Nato, passa essenzialmente attraverso una maggiore cooperazione europea (o meglio, tra alcuni paesi europei), certo in collaborazione stretta con gli Usa sul piano operativo, ma molto più autonoma e competitiva sul piano tecnologico e industriale. In altri termini, la salvezza della Nato passerebbe attraverso una maggiore autonomia strategica dell’Europa.
Foto di copertina EPA/ROBERT GHEMENT

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