Il 9 maggio a Mosca e Strasburgo

La giornata del 9 maggio ha collegato due eventi, entrambi evocativi della storia recente, ma in realtà distanti anni luce quanto ai contenuti, al rituale, ai messaggi che ne sono emersi.

In effetti, anche se i due eventi hanno avuto natura diversa, era difficile immaginare un contrasto più clamoroso fra la parata militare che si è svolta a Mosca sulla Piazza Rossa e la cerimonia che si è svolta al Parlamento europeo a Strasburgo poche ore dopo.

Il 9 maggio a confronto 

A Mosca, sfilate di truppe, mezzi militari, uniformi, medaglie e bandiere, hanno fatto da cornice ad  una esaltazione del nazionalismo aggressivo,  per celebrare il 77° anniversario della vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista. Ma, dato che la congiuntura lo rendeva inevitabile, hanno anche costituito l’occasione per riaffermare che l’invasione russa dell’Ucraina di queste settimane risponde alla stessa logica e agli stessi ideali di allora: la difesa della patria e la tutela della sicurezza della Russia.

A Strasburgo, la  celebrazione del 72° anniversario della Dichiarazione  Schuman ha coinciso con la cerimonia solenne di conclusione della Conferenza sul Futuro dell’Europa nella sede del Parlamento Europeo. Si è trattato di un evento, con la partecipazione di cittadini e di rappresentanti delle istituzioni, caratterizzato dal richiamo condiviso ai valori fondanti del progetto europeo: democrazia, tolleranza, rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, pace, cooperazione, integrazione e inclusione.

La continuità di Putin con il passato

A Mosca, Putin aveva poco da celebrare dopo quasi due mesi e mezzo di guerra in Ucraina. Una guerra che per ora non ha prodotto risultati né  per lui e per la Russia, se non quello di avere seminato morte e distruzione in un Paese sovrano e indipendente, di avere indebolito la Russia sulla scena internazionale, di avere creato danni profondi alla sua economia. Ma il rituale delle celebrazioni doveva essere rispettato, con tutto l’apparato scenografico di quella che si proponeva come una grande manifestazione della potenza militare della Russia.

Putin ha quindi confermato che l’operazione militare speciale prosegue; ma non ha chiarito gli obiettivi di questa invasione. Ed è già positivo che   non abbia annunciato una escalation del conflitto, la mobilitazione generale e la proclamazione del passaggio dall’operazione speciale alla vera e propria guerra.

La prudenza del (breve) discorso di Putin dalla Piazza Rossa,  e la sua reticenza a fornire indicazioni sul futuro dell’invasione dell’Ucraina, hanno dato l’impressione che il Presidente russo si sia voluto lasciare un qualche spiraglio per una soluzione politica del conflitto. È vero che non ha voluto rinunciare a un duro attacco agli Usa, con un implicito tentativo di separare il fronte occidentale. Ma certamente  non ha neppure  confermato che la Russia continuerà a muoversi secondo lo scenario, seguito finora dalle operazioni russe sul terreno, di una progressiva occupazione militare di porzioni sempre più importanti del territorio dell’Ucraina, fino alla totale sottomissione di quel Paese.

Il futuro al centro delle celebrazioni europee

A Strasburgo, in tutt’altro contesto e nel corso di  una cerimonia solenne, partecipata e consensuale, i vertici delle Istituzioni europee hanno ricevuto ufficialmente le conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa dai co-presidenti della Conferenza, e da una rappresentanza dei cittadini europei che erano stati convolti in questa iniziativa di democrazia partecipativa.

È stata una occasione per valorizzare il lavoro svolto dalla Conferenza,  e per esprimere un convinto apprezzamento per il metodo adottato dalla Conferenza  con il coinvolgimento di un ampio e rappresentativo numero di cittadini nell’esercizio. Al termine di un anno di lavori, e grazie all’organizzazione di numerosi eventi di dialogo e di consultazione organizzati in Europa e nei singoli Paesi membri,  la Conferenza ha prodotto 49 raccomandazioni di carattere generale, e circa 300 proposte per altrettante misure specifiche e concrete, che figurano nel suo rapporto finale ieri consegnato alle Istituzioni della Ue.

Sono raccomandazioni che coprono vari settori di attività della Ue, dal cambiamento climatico, all’economia, dalla salute, alla trasformazione digitale, dalle migrazioni, alla cultura e istruzione, alla politica estera, ai valori e ai diritti; ma che comprendono anche il tema della democrazia e dell’efficacia dei processi decisionali dell’Ue.

Alcune di queste raccomandazioni si inseriscono nei programmi già messi in cantiere dalla UE, altre sono più innovative. Alcune sono realizzabili senza preliminari modifiche delle regole previste nei Trattati, alcune richiedono solo modifiche specifiche e mirate, altre potrebbero richiedere interventi più radicali di revisione dei Trattati.

Ma al di là delle specifiche caratteristiche di queste raccomandazioni,  merita rilevare che i presidenti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio hanno tutti manifestato grande apprezzamento per i risultati della Conferenza e per il metodo della democrazia partecipativa che ha ispirato i suoi lavori. Ma soprattutto si sono tutti impegnati a dare un seguito concreto, e in tempi ravvicinati, alle raccomandazioni della Conferenza.

Il Parlamento, anticipando  una proposta formale per la convocazione di una Convenzione come premessa per una riforma in profondità dei Trattati; la Commissione con la promessa di presentare a settembre una serie di proposte legislative destinate  a dare concretezza e operatività alle raccomandazioni della Conferenza che si potranno realizzare senza revisione dei Trattati; e il presidente Macron, a nome del Consiglio, con l’impegno a raccogliere dalle raccomandazioni della Conferenza ogni utile indicazione per un rilancio di una Unione più democratica, più indipendente e più efficace.

Mosca e Strasburgo: due linee temporali divergenti

In sintesi dal confronto fra i due eventi si può osservare che a Mosca si guardava soprattutto al passato; e  lo spirito che aleggiava sulla Piazza Rossa era quello nostalgico di una nazione che non ha ancora metabolizzato la fine della Guerra fredda e dei sogni di potenza dell’Unione Sovietica.

A Strasburgo invece si è guardato  con ottimismo al futuro e alle prospettive di  crescita e sviluppo di un progetto che ha assicurato a questa parte di Europa più di settanta anni di pace, di sviluppo e di libertà. Le prossime settimane e i prossimi mesi ci diranno se questo ottimismo che ha caratterizzato gli interventi di  ieri a Strasburgo era ben riposto, e se il messaggio che è emerso da questa consultazione dei cittadini europei  potrà costituire la base per un rilancio condiviso del progetto europeo.

Foto di copertina EPA/YURI KOCHETKOV

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