Von Der Leyen: Una gestione verticistica della Commissione

Assegnare i portafogli ai singoli Commissari rispettando equilibri politici, geografici e di genere, senza creare troppi malumori è compito politicamente delicato a cui la (o il) Presidente deve dedicarsi nelle settimane precedenti la presentazione della Commissione al Parlamento europeo. E va riconosciuto che, finora, Ursula Von der Leyen sembra esserci riuscita con successo.

Equilibri di una nuova Commissione europea tra rappresentanza e accentramento

La composizione della Commissione e la distribuzione dei portafogli, annunciata formalmente a fine settembre, ha suscitato reazioni complessivamente positive, ad eccezione di alcune forze politiche che non si sono sentite rappresentate nel nuovo esecutivo. Tuttavia, come noto, i Commissari, sono proposti dai governi nazionali, anche se, una volta assunto l’incarico, il compito è difendere l’interesse generale dell’Ue (e non quello dei governi che li hanno designati come erroneamente si tende a credere). Era quindi inevitabile che la nuova Commissione riflettesse sia gli equilibri politici emersi dal voto di giugno scorso sia le scelte dei singoli governi, il che ha indotto alcuni commentatori a parlare di una Commissione spostata a destra.

E infatti, questo è evidente se si guarda all’appartenenza politica dei Commissari designati. Tredici (oltre alla Presidente) sono espressione del PPE, cinque del gruppo dei Socialisti e Democratici, quattro dei liberali di Renew Europe, infine uno dei Conservatori e Riformisti. E anche nella distribuzione delle Vice Presidenze, Von der Leyen ha rispettato il “manuale Cencelli” in versione europea, attribuendone due ai socialisti, due ai liberali, una al PPE e una a un esponente di ECR, nel chiaro intento di ampliare la sua maggioranza.

Va segnalato però che, nell’organizzare il collegio che si insedierà fra qualche settimana, Von der Leyen ne ha rafforzato l’impronta presidenzialista, accentuando quella tendenza all’accentramento delle responsabilità e a una gestione verticistica della Commissione già emersa nella legislatura che si sta concludendo. Lo confermano la distribuzione dei portafogli tra i Commissari, caratterizzata da evidenti sovrapposizioni di competenze, la scelta di non affidare ai sei Vice Presidenti compiti di coordinamento di gruppi di Commissari, la decisione di affidare portafogli di peso a due Commissari confermati e di totale fiducia (come Dombrowskis e Sefcovic), e infine la chiara indicazione, esplicitata nelle lettere di missione a vari Commissari, di riservarsi la responsabilità di risolvere eventuali conflitti di competenze fra Commissari.

La Vice Presidenza Fitto: un successo relativo per l’Italia

Al Commissario designato dal governo italiano è stato riconosciuto il rango di Vice Presidente. Con questa decisione, Von der Leyen ha raggiunto il duplice obiettivo di creare i presupposti per un allargamento della maggioranza che dovrà votarle la fiducia e di recuperare il rapporto con Giorgia Meloni, in crisi dopo la decisione (per certi aspetti clamorosa) di quest’ultima di non sostenere la conferma di Von der Leyen alla Presidenza della Commissione. Tuttavia, per Meloni, la Vice Presidenza a Fitto rappresenta un successo prevalentemente di facciata, sufficiente per poter affermare che l’Italia ha ottenuto il riconoscimento che merita, ma con scarsa sostanza. Nei fatti, Fitto avrà una competenza diretta solo sulle politiche di coesione, che comporta, almeno fino al 2028, responsabilità prevalentemente di monitoraggio sull’utilizzo, da parte dei governi nazionali, di fondi già assegnati. Una competenza che potrà diventare più interessante quando si tratterà di riprogrammare i fondi strutturali nel contesto del prossimo ciclo di programmazione settennale del bilancio dell’Ue. Il resto delle sue responsabilità (ivi compresa quella sull’attuazione dei Piani Nazionali di Ricostruzione e Resilienza) andranno gestite in condominio con altri Commissari.

Aspettando il “nulla osta” del Parlamento europeo

Ora si apre la fase più delicata del processo, poiché nel corso del mese di ottobre i Commissari designati saranno esaminati dalle varie Commissioni del Parlamento competenti per le materie assegnate a ciascun Commissario dalla Presidente. L’esame è normalmente serio e severo e verte sulle qualifiche professionali del Commissario, sulle sue competenze relative alla materia di cui dovrà occuparsi, sulla trasparenza e inattaccabilità del suo curriculum, e naturalmente sul suo impegno a dare attuazione al programma della Commissione. In passato, alcuni Commissari non hanno superato questo esame, ed è possibile che anche quest’anno il Parlamento voglia esercitare con rigore le sue prerogative, con il rischio di qualche bocciatura. Una volta completate le audizioni dei Commissari, il Parlamento voterà la Commissione nel suo insieme durante la prima plenaria utile, sulla base del programma che la Presidente presenterà in quella sede. Solo in quella occasione si potrà misurare la consistenza della maggioranza a sostegno della nuova Commissione. Oltre  naturalmente al  livello di ambizione del suo programma di legislatura.

Ultime pubblicazioni