Il Venezuela cerca la riconciliazione

Il 25 aprile il presidente colombiano Gustavo Petro ha riunito i rappresentanti di 20 Paesi, una delegazione del governo venezuelano di Nicolás Maduro e una dell’opposizione per stabilire un calendario elettorale e raggiungere un accordo tra il chavismo (ideologia del partito fondato da Hugo Chavez e a capo del Paese da venti anni) e l’opposizione accompagnato dalla revoca delle sanzioni internazionali, che da anni tengono in ostaggio l’economia del Paese e il governo, e dalla ripresa dei dialoghi in Messico. Questi obiettivi non sono una novità, anzi sono gli stessi che non sono stati raggiunti al summit in Messico dello scorso novembre. Anche quest’ultimo tentativo non ha portato a nessuna decisione o accordo, nonostante la buona gestione da parte del presidente colombiano della “crisi Guaidó”. 

Il giorno precedente al summit, l’ex leader dell’opposizione Juan Guaidó è dovuto scappare in esilio a Miami dopo aver attraversato il confine tra Venezuela e Colombia illegalmente. Guaidó è stato destituito dalla carica di presidente ad interim nel gennaio del 2023 dall’opposizione che oggi sta programmando le primarie per presentare un candidato alle tanto attese elezioni presidenziali che si dovrebbero tenere nel 2024. 

I tentativi del presidente colombiano di riappacificare i rapporti con il Paese vicino mirano a rompere un impasse tra il regime autoritario di Maduro e la divisa opposizione politica, in un contesto caratterizzato dall’esodo di massa di venezuelani in fuga dalla miseria economica e dalla persecuzione politica. La restaurazione delle relazioni diplomatiche è fondamentale per la riapertura del commercio con i Paesi della regione, non solo per la ripresa economica interna ma anche per combattere i traffici illegali e il contrabbando dominati dalle guerriglie, dal narcotraffico e dagli altri gruppi criminali. Questi gruppi hanno trovato terreno fertile per le loro attività illegali e protezione nello stato venezuelano, dove le forze statali opprimono i cittadini violando i loro diritti umani.

Le violazioni di diritti umani e i crimini contro l’umanità in Venezuela

Nel settembre 2022 è stato pubblicato sul sito del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite l’ultimo report della Missione indipendente di accertamento (FFM) sulle violazioni dei diritti umani in Venezuela, e il 7 ottobre, alla 51° sessione, il Consiglio ha rinnovato il mandato della missione. Secondo i report della FFM le agenzie di intelligence venezuelane arrestano arbitrariamente e torturano chiunque sia esplicitamente contrario al governo, ma anche presunti oppositori, familiari degli oppositori, difensori di diritti umani, membri di organizzazioni non governative che ricevono aiuti umanitari da altri Paesi. 

Nell’ultimo report si legge anche di gravi crimini di lesa umanità nelle zone rurali, soprattutto nell’arco minerario dell’Orinoco, una regione dove si trovano oro, diamanti, bauxite, coltan e petrolio. In quest’area rurale, intere popolazioni indigene sono state sfollate e i lavoratori impiegati nell’estrazione dei minerali vivono in condizioni estreme, sottoposti anche alle violenze dei gruppi armati paramilitari. 

Inoltre, da ormai più di un anno la Corte Penale Internazionale (CPI) ha aperto le indagini sul governo di Maduro per crimini contro l’umanità perpetrati dalle forze armate e di polizia statali. L’ufficio del procuratore (OTP) della CPI ha trovato ragionevoli motivi per ritenere che le violazioni di diritti umani e i crimini perpetrati dal governo siano stati commessi nell’ambito di un attacco generalizzato e sistematico contro la popolazione civile per mettere a tacere, scoraggiare e soffocare l’opposizione al governo. 

Nello specifico, nei report delle istituzioni internazionali così come in quelli delle organizzazioni umanitarie, si parla di esecuzioni extragiudiziali, detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, tortura, uso eccessivo della forza, impunità, processi giuridici illegali, mancanza di giustizia e riparazione, e molto altro. 

Una crisi umanitaria lunga dieci anni

La violazione dei diritti umani si inserisce in un’ampia e duratura crisi economica. i dati della Eclac (Economic Survey of Latin America and the Caribbean) dimostrano che il Pil del Venezuela non è cresciuto per circa 8 anni. Secondo l’Ocha, l’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, la sicurezza alimentare e la nutrizione rimangono una preoccupazione fondamentale nel Paese, dal momento che il tasso di denutrizione è aumentato dal 2,5% nel 2010-2012 al 27,4% nel 2018-2020 (Fao).  

Questa crisi umanitaria, classificata tra le peggiori di questo millennio insieme a quella di Siria, Afghanistan e Ucraina, ha causato la migrazione forzata di oltre 7 milioni di venezuelani, ulteriore motivo che spinge i Paesi della regione a trovare una soluzione alla situazione politica e economica interna. Con l’inizio della guerra in Ucraina, non solo i Paesi della regione sono interessati a risolvere la situazione ma anche gli Stati Uniti e gli Stati europei vorrebbero riallacciare rapporti con il governo venezuelano per le sue enormi risorse di petrolio e minerali. 

Il governo sta quindi sfruttando a suo vantaggio questo interesse. I colloqui con l’opposizione sono stati ripresi solo dopo che entrambe le parti hanno accettato di chiedere lo scongelamento dei fondi statali detenuti all’estero e del valore di circa $ 3 miliardi. Durante il summit in Messico a novembre scorso Maduro ha espressamente dichiarato che la data delle elezioni presidenziali dipenderà dalla revoca delle sanzioni internazionali, in sua opinione principale causa della crisi umanitaria venezuelana. 

La repressione politica continua 

Secondo l’ultimo report della ONG venezuelana, Foro Penale, tra gennaio 2014 e marzo 2023, 15792 persone sono state arrestate per motivi politici in Venezuela. Nella categoria “detenuti politici” nel primo trimestre dell’anno sono state segnalate 12 persone, e al 31 marzo 2023 il numero di prigionieri politici registrati nel Paese è di 283 persone. Con un’opposizione così divisa e un lieve miglioramento economico che vede arricchirsi solo i più ricchi, non è certo però che le “possibili” elezioni democratiche portino al ripristino dello stato di diritto e una riparazione dei danni alle vittime dei crimini contro l’umanità.

Questo articolo, a cura di Maddalena Fabbi, è stato scritto in collaborazione da Orizzonti Politici e Affari Internazionali, la rivista di IAI, nell’ambito del progetto sulle crisi umanitarie nel mondo

Foto di copertina EPA/Mario Caicedo

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