Dopo il vertice Italia-Africa: ci vorrebbe un’Ena per il Mediterraneo

Quale che possa essere il giudizio politico sulle giornate romane del vertice Italia-Africa – sicuramente assai enfatizzato dall’apparato mediatico nazionale, probabilmente meno scintillante nei risultati di quanto raccontato in televisione – va riconosciuto al governo il fatto di aver rivendicato all’Italia un ruolo protagonistico nell’area mediterranea.

Anche l’insistito (e scontornato nella definizione e negli obiettivi) ricorso alla “suggestione Mattei” con il piano passepartout evocato dalla presidente Meloni, può prestarsi ad interpretazioni di continuità con la politica estera italiana che, a partire dalle intuizioni del “presidente partigiano“ dell’Eni, si sono mosse nel solco dell’opzione mediterranea coesistente con la vocazione atlantista ed europeista.

L’Italia, l’Ue e il Mediterraneo meridionale

L’Italia, dunque, può svolgere nel Mediterraneo un ruolo protagonistico non solo per la sua storia e per la sua geografia, ma anche per la sua capacità di interazione con i popoli del continente africano, per la tradizione dialogica imbastita dai governi democratici e dall’impresa italiana con i paesi del Maghreb e non solo, e con le istituzioni culturali dell’intero bacino, in una dimensione che va ben oltre il contenimento dei flussi migratori verso l’Europa, ma si proietta in chiave di promozione dello sviluppo del giovane continente africano.

L’Italia, inoltre, è in grado di svolgere questo ruolo producendo effetti positivi per l’intera Ue, che ha mostrato di non avere adeguata consapevolezza della necessità storica, politica ed economica di una feconda interazione con il Mediterraneo, abdicando ad un ruolo che oggi sembra, per alcuni aspetti, essere svolto dalla Cina e, in via accessoria, persino dalla Turchia e dalla Russia.

Nel suo rapporto con il Mediterraneo meridionale l’Europa ha oscillato sempre tra un approccio assistenzialistico, di predazione e di altrettanto colpevole indifferenza. Pur non avendo, ovviamente, un registro etico comparabile, si tratta di approcci che lasciano i popoli mediterranei incapaci di autodeterminarsi verso lo sviluppo.

Il ruolo cruciale della formazione dei funzionari pubblici nell’Africa contemporanea

In realtà, ciò che manca è un serio, continuativo e strutturale progetto di formazione delle élite. Perché tra i maggiori problemi che affliggono il continente africano, condannandolo ad una condizione di sottosviluppo endemico, c’è l’assoluta mancanza di una classe dirigente, di una dorsale di civil servant in grado di fornire un orizzonte strategico alle nazioni africane. E questa difficoltà, che si riverbera sia nella burocrazia statale che nella rappresentanza politica, non riesce a trovare strumenti interni di superamento a causa dell’insufficienza delle strutture di alta formazione locali.

In particolare si avverte la mancanza di una classe di funzionari pubblici, soprattutto a livello apicale, in grado di garantire la continuità dell’esperienza statuale mettendola a riparo dai bruschi cambi di regime che hanno caratterizzato la vicenda politica ed istituzionale di alcuni paesi del continente africano. Dove, peraltro, esperienze di amministratori pubblici assimilabili alla figura del civil servant non sono estranee alla storia di aree toccate dall’influenza islamica.

Se si conviene, pertanto, che il tema della formazione di una élite di servitori dello Stato rappresenti una questione rilevantissima dal punto di vista delle possibilità di sviluppo equilibrato delle democrazie e delle economie nel bacino del mediterraneo extraeuropeo, sarà utile riflettere sul “come” si potrebbe sovvenire a questa difficoltà costruendo, peraltro, un’interazione favorevole ai rapporti tra paesi dell’Ue e paesi mediterranei fuori dall’Unione.

Probabilmente il modello a cui potrebbe essere fatto riferimento è quello delle scuole europee della Pubblica Amministrazione, come l’ENA francese,che, attraverso un importante percorso di studi basato su rigorosi criteri meritocratici, hanno prodotto classi dirigenti in ambito politico e in ambito burocratico, avendo riguardo anche ad un orizzonte internazionalistico della loro platea.

A quella esperienza è utile guardare per progettare la costituzione di un centro di alta formazione post-universitaria, vocato alla Pubblica Amministrazione, che abbia come fruitori i paesi del mediterraneo meridionale e orientale (compresa, dunque,l’area balcanica non Ue) e che può vedere promotore il nostro paese in un mix tra istituti di alta formazione statale e privati che, lontano da ogni suggestione di egemonia culturale accolga forme di osmosi tra esperienze diverse, avendo a modello, tuttavia, un’idea di amministrazione di tipo europeo. Un’Europa mediterranea e un’Italia consapevole della sua mediterraneità, dunque, in linea di continuità con la visione di Enrico Mattei, l’inventore della politica estera nazionale.

Ultime pubblicazioni