Il peso dell’Unione europea nella crisi ucraina

Quale ruolo può giocare l’Unione europea nella delicatissima crisi ucraina? Sicuramente non quello militare. È vero che, a partire dal Trattato di Amsterdam del 1997 l’Unione può contare su una politica di sicurezza e di difesa comune – PSDC (costola della più ampia politica estera e di sicurezza comune – PESC), e che dispone di organi militari (Comitato dei capi di Stato maggiore, Agenzia europea per la difesa, Battlegroups multinazionali).

I mezzi e le capacità operative sulle quali può fare affidamento, oltre a essere irrisori, solo in minima parte sono gestiti direttamente dalla Ue, perché il vero “braccio armato” della sicurezza dell’Unione resta la Nato (con la quale l’Ue è legata da accordi politici, quali le Dichiarazioni congiunte Ue -Nato dei Vertici di Varsavia 2016 e Bruxelles 2018).

Anche sul piano della politica estera l’Ue ha ridotta voce in capitolo. Può adottare atti vincolanti (decisioni che implicano una posizione e decisioni che implicano un’azione), che si impongono a tutti gli Stati membri. Ma come noto questo si realizza solo se si riesce a raggiungere il consenso unanime di tutti i paesi membri; ed al momento non è, quello dell’Unione, il tavolo sul quale la maggior parte di loro vuole assumere le scelte strategiche in politica estera.

L’importanza delle sanzioni economiche 

Ci sono poi gli aspetti economici, che nella vicenda ucraina hanno un peso notevole. L’energia, prima tra tutti, ma anche la fornitura di altre materie prime che la Russia assicura alle industrie europee. Qui il ruolo dell’Unione non è affatto secondario. Interventi sugli interscambi commerciali e l’adozione di sanzioni economiche (in parte già decise dalla UE in risposta all’annessione della Crimea) sono strumenti di cui le istituzioni di Bruxelles possono disporre in relativa autonomia. E, come è stato più volte ribadito sia dalla presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen, che dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, un attacco russo sarebbe accolto da reazioni molto severe sul piano economico-commerciale da parte dell’Unione.

Senza dimenticare poi gli effetti che una escalation militare innescherebbe sui mercati finanziari, soprattutto europei con la conseguente necessità dell’Unione di mettere nuovamente mano ai meccanismi economici di compensazione creati, non senza difficoltà, in seguito alla crisi economica del 2008-2014 prima e alla pandemia poi.

Due partner commerciali con valori divergenti

L’Unione europea è il principale partner commerciale della Russia e un intervento armato in Ucraina comporterebbe ricadute pesantissime per entrambe le parti. Quindi, sul piano economico la guerra non avrebbe alcun senso. Ciò nonostante, la sua eventualità appare sempre più credibile e la minaccia di un’aggressione è all’ordine del giorno da più di un mese. Il perché Mosca stia tirando così la corda non ha a che fare né con esigenze di sicurezza, né con ragioni di ordine economico. La posta in gioco è un’altra e riguarda i valori comuni europei: stato di diritto, democrazia, libertà, diritti umani e minoranze.

È su questo terreno che la Russia ha più da perdere, e l’Unione europea rappresenta il principale pericolo dal quale difendersi. L’organizzazione di Bruxelles, con la sua storia e con i suoi valori, si colloca esattamente all’opposto della cultura e dell’identità che la Russia di Putin rappresenta. Dove i controvalori professati con orgoglio sono: nazionalismo, autoritarismo, tradizionalismo, ordine e dirigismo.

Il precedente dei paesi baltici e di quelli dell’ex blocco sovietico est-europeo, passati prima dalla NATO per abbracciare poi definitivamente l’identità europea, è un incubo per il Cremlino. L’Ucraina parla una lingua slava orientale, come il russo, ha la maggioranza della popolazione cristiano-ortodossa e milioni di russi da sempre trascorrono le vacanze estive sulle coste del Mar Nero. Se Kiev distogliesse definitivamente lo sguardo dai comuni principi “panrussi” sarebbe una disfatta inaccettabile.

Perché si tratterebbe di un’ulteriore sconfitta patita sul piano delle idee, che alla lunga si dimostrano molto più forti delle armi e della repressione. Realtà di cui è ben consapevole un altro campione del dispotismo: la Cina che ha attivato un inesorabile piano di normalizzazione ai danni della piccola e liberale Hong Kong.

I valori europei superano il fascino americano

Inoltre, l’Unione europea è molto più pericolosa  degli Stati Uniti. La Russia da sempre ha condiviso con Washington un rapporto di sostanziale simbiosi. Gli americani in fin dei conti hanno legittimato, e continuano a farlo anche ora che il muro di Berlino non c’è più, il nazionalismo russo. Per la Russia gli Stati Uniti sono un nemico perfetto: lontano, ostile, culturalmente diverso. L’Unione europea no. È vicina, non ostile e culturalmente simile con il difetto di promuovere pacificamente valori che sono all’opposto della visione politica oggi prevalente al Cremlino.

Se la bandiera dei valori europei venisse issata definitivamente a Kiev, ossia alle porte di Mosca, gli effetti potrebbero essere dirompenti. Dopo la Seconda guerra mondiale il modello americano, fatto di libertà, prosperità e opportunità, ha conquistato quella parte del mondo non dominata o affascinata dall’ideologia comunista. Oggi è l’Unione europea che in tema di libertà, solidarietà e lungimiranza rappresenta il faro più brillante in un pianeta avvolto nelle nebbie.

Il fascino americano oggi è offuscato dalle esperienze trumpiane, che richiamano da vicino la logica putiniana, e dal suo approccio ultraliberale ed egemonico. L’Unione europea avrà i suoi difetti, ma è innegabile che il modello che incarna – sostanziato da alti livelli di welfare, attenzione allo sviluppo sostenibile, solidarietà, multilateralismo, libertà e pacifismo – risulta quello più convincente, soprattutto per i molti cittadini che abitano in paesi dispotici e che non hanno contiguità con il potere e con i privilegi riservati alle élite.  Molti dei quali si trovano in Stati satellite dell’ex Unione sovietica e che, come accaduto recentemente in Kazakistan, a volte trovano la forza di scendere in piazza anche a costo della vita. È questa la posta in gioco nella crisi Ucraina.

Il riconoscimento “tattico” delle due “repubbliche” del Donetsk e del Luhansk non è che l’ennesima mossa di un conflitto a “relativa” bassa intensità, che punta a mantenere alta la tensione sia sul fronte interno russo, che su quello ucraino e delle altre propaggini dell’ex impero sovietico. È il tentativo, forse disperato, di mantenere in vita l’equilibrio dei blocchi, che ha nell’ideologia sovranista e nelle sue rivendicazioni territoriali un irrinunciabile strumento d’affermazione.

L’Unione europea contro Polonia e Ungheria

Alla luce di tali considerazioni, più dei battaglioni schierati dalla NATO ai confini ucraini, più della non attivazione del gasdotto North Stream 2, più delle sanzioni economiche, una battaglia persa per il Cremlino è la sentenza della Corte di giustizia europea del 16 febbraio 2022, che respinge le richieste di Polonia e Ungheria sulla non applicabilità delle condizionalità sui fondi europei per violazioni dello stato di diritto da parte di paesi membri della UE.

Polonia e Ungheria, più o meno inconsapevolmente, con il loro ultranazionalismo sono due propaggini dei controvalori del modello russo in seno all’Unione. E con loro anche i tanti movimenti che si riconoscono sotto il cartello del sovranismo, che non a caso spesso riconoscono in Putin il loro ispiratore, ottenendo a volte dal Cremlino supporto in termini finanziari o politici.

Le eventuali e probabili sanzioni che verranno prese nei confronti di Polonia e Ungheria dalle istituzioni di Bruxelles rafforzeranno i valori europei ed indeboliranno la strategia del Cremlino ed i movimenti sovranisti d’Europa e degli altri continenti più dei missili americani. Per queste ragioni non appare condivisibile la scelta di molti paesi dell’Unione di smobilitare le proprie diplomazie a Kiev nel timore di attacchi militari. La presenza fisica dell’Europa è probabilmente il miglior sostegno che si possa dare alle fragili istituzioni ucraine, dimostrando concretamente di essere dalla loro parte.

Forse non nell’immediato, forse sarà necessario aggiungere altre sentenze e nuovi strumenti di solidarietà come il Next Generation EU, ma alla lunga, come è sempre accaduto nella storia dell’umanità, saranno le idee ed i valori a prevalere. Questa è la vera forza dell’Unione.

Foto di copertina EPA/ZURAB KURTSIKIDZE

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