Diversi osservatori, che registrano con sconcerto e amarezza la debolezza del centro-sinistra in Israele, ritengono che l’unico modo per una riscossa di tale schieramento sia un’intesa con la minoranza araba nel paese: un’alleanza, anche politica, per costruire una società fondata su principi di eguaglianza e democrazia, in base alla quale da un lato, i partiti ebraici si battano per modificare la legge dello “Stato-nazione ebraico” – approvata nel 2018, che codifica uno stato di non eguaglianza fra cittadini ebrei ed arabi di Israele e per includere alla pari gli arabi nel body politico del paese – e dall’altro, gli arabi israeliani accettino che il loro paese sia uno Stato democratico a maggioranza ebraica.
Il declino della Lista araba unita
La Lista araba unita – partito che storicamente federava quattro formazioni di diverso orientamento, comunista, nazionalista, islamista – ottenne il suo maggiore successo nel 2020 giungendo a 15 seggi. Agì la forte partecipazione al voto dei cittadini arabi, giunta in quelle elezioni al 65%; la loro volontà di incidere sul corso politico del paese in parallelo al loro processo di integrazione nella società israeliana, in particolare nei settori della sanità e dell’innovazione tecnologica; la priorità assegnata alla riduzione delle diseguaglianze che gravano sulla minoranza araba nell’istruzione, nel mercato del lavoro, nella disponibilità di abitazioni ed infrastrutture.
Nel marzo 2021 ha subito un collasso di suffragi fino a 6 seggi, ma uno dei partiti, il Ra’am, di orientamento islamista, legato alla Fratellanza mussulmana e conservatore in materia di diritti civili e sociali, è fuoriuscito dall’alleanza ed entrato un anno fa nella coalizione di governo retta dal duo Bennett-Lapid. Ciò ha coinciso con l’esplodere di violenze interetniche fra arabi ed ebrei, con aggressioni, profanazioni di luoghi di culto, incendi appiccati a case e cose in molte città del paese.
Il Ra’am ha insistito su un programma di investimenti in infrastrutture ed edilizia e su un’azione diretta contro il crimine organizzato che inquina larghi strati della comunità araba. Tale sviluppo ha rimosso un tabù paralizzante per il sistema politico del paese sin dalle origini: soltanto il governo guidato da Yitzhak Rabin fra il 1992 e il 1995 si era avvalso infatti del sostegno dei partiti arabi, che fu rilevante nelle trattative che condussero agli accordi di pace di Oslo fra israeliani e palestinesi.
La campagna di “Tutti i cittadini”
Nel contesto attuale, con una sinistra debole, un centro frammentato in più partiti ed una destra che resta egemone, si è affermato uno sviluppo nuovo, la formazione di un partito arabo-ebraico su base paritaria, chiamato Kol Ezracheya (Tutti i cittadini). Appena fondato, sotto la leadership di Avraham Burg – ex Presidente della Knesset nonché dell’Agenzia ebraica e di Faisal Azaiza, sociologo dell’Università di Haifa – candiderà per le elezioni del 1 novembre 10 membri su base paritaria. Nel suo manifesto fondativo: “noi offriamo un’alternativa reale e radicalmente innovativa. Proponiamo una partnership politica sostanziale e profonda tra ebrei e arabi, di tutti i generi, su basi civiche, costituzionali ed egualitarie. Insieme, ebrei e arabi, uomini e donne, costituiamo una rappresentanza politica unica, che rispecchi la piena collaborazione tra i componenti delle due comunità nazionali di Israele”.
Nei suoi programmi: “Impegno senza compromessi in vista della fine dell’occupazione e di una soluzione politica tra Israele e Palestina, che sia basata sulla giustizia e sulla dedizione al principio che ogni individuo e ogni comunità nazionale che risieda tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo merita uguali diritti. Posizione intransigente contro la violenza e contro chiunque cerchi di negare o cancellare gli altrui diritti e libertà. Impegno per la promulgazione di una costituzione civile e di una serie di leggi fondamentali basate sulla democrazia per tutti, che garantiscano la completa uguaglianza per tutte le persone, per tutte le donne e gli uomini, indipendentemente dalle differenze tra israeliani. Giustizia sociale, che dovrà esprimersi nell’equa distribuzione delle risorse pubbliche”.
Il futuro dello “Stato degli Israeliani”
L’esigenza, secondo la filosofia ispiratrice degli animatori del partito, è di un’azione politico-culturale di lungo termine che trasformi la psicologia dominante nel paese dal nazionalismo “etnico” di un Israele “Stato degli ebrei” ad un’identità civile ed egualitaria dello “Stato degli israeliani”.
Nel breve periodo, riuscirà il partito a superare la soglia elettorale del 3,25% perché sia rappresentato in parlamento e a non sottrarre voti ai partiti della sinistra – laburisti e Meretz – che in queste elezioni non hanno inserito nelle loro liste candidati arabi e che nei sondaggi superano appena la soglia stessa?
Foto di copertina EPA/ABIR SULTAN