Le elezioni presidenziali tunisine del 6 ottobre 2024 hanno confermato ciò che molti ritenevano scontato: una vittoria al 90,69% dei voti per il presidente uscente Kais Saied, che ora si prepara ad affrontare un secondo mandato segnato da accuse di autoritarismo ed irregolarità elettorali. Ciò che un tempo era considerato un faro di transizione politica e consolidamento democratico dalla Rivoluzione del 2010-2011 è stato ormai completamente oscurato da un processo elettorale manipolato e poco partecipato. Saied, che nel 2019 aveva vinto le elezioni con promesse di riforma e lotta alla corruzione, ha progressivamente rafforzato il suo controllo sullo Stato, culminando nelle elezioni di domenica scorsa, segnate dall’esclusione di alternative politiche e dalla repressione di voci critiche tra attivisti, società civile e giornalisti.
Confrontato a soli due altri candidati – Zouhair Maghzaoui e Ayachi Zammel (arrestato pochi giorni prima del voto) – Kais Saied ha imposto tutte le condizioni utili ad assicurarsi una vittoria senza concorrenza alcuna. Secondo i risultati diffusi dall’Autorità elettorale tunisina (ISIE), le affluenze al voto sono state basse, con solo il 28,8% degli elettori in Tunisia e all’estero che si sono recati alle urne. Zouhair Maghzaoui, segretario generale del partito nazionalista Echaab e inizialmente sostenitore del processo di de-democratizzazione avviato da Kais Saied nel 2021, ha ottenuto appena l’1,97% dei voti. Ayachi Zammel, imprenditore ed ex-parlamentare legato a Tahya Tounes, ha raggiunto il 7,35% dei consensi.
Il bilancio del primo mandato di Saied: crisi economica e frattura sociale
Nonostante le iniziali promesse di cambiamento, durante il primo mandato di Saied, l’economia tunisina ha continuato ad accusare alti livelli di disoccupazione e d’inflazione e un debito estero crescente. Sul piano politico, Saied ha represso gran parte dell’opposizione politica e della società civile attraverso una gestione autoritaria del potere. Il suo colpo di stato “costituzionale” del 2021, seguito dalla dissoluzione del parlamento e dalla riscrittura della costituzione, ha minato profondamente le istituzioni neonate da un fragile periodo di transizione politica del paese avviato nel 2011. In più, ha attaccato media indipendenti, perseguitato gli oppositori accusandoli di corruzione, indebolendo e polarizzando sempre più la società tunisina.
Elezioni farsa e arresti
Le elezioni presidenziali del 2024 sono state segnate soprattutto da una serie di azioni non democratiche tese a eliminare qualsiasi reale concorrenza politica. Tra i diciassette candidati che avevano inizialmente presentato la loro candidatura, solo tre sono stati approvati dall’ISIE, vicina a Saied. Figure di spicco come l’ex Ministro della Salute Abdellatif Mekki e il più volte ministro nell’era di Ben Ali, Mondher Zenaidi, non sono stati ammessi, nonostante il tribunale amministrativo avesse ordinato il loro reintegro. Il rifiuto dell’ISIE di rispettare queste decisioni giudiziarie ha messo in evidenza la dubbia regolarità del processo elettorale e ha provocato una profonda crisi legale e politica.
A rendere la situazione ancora più critica è stata l’adozione, pochi giorni prima delle elezioni, di un emendamento alla legge elettorale da parte dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo, che ha sottratto il dossier elettorale alla giurisdizione del tribunale amministrativo, sollevando serie preoccupazioni sul rispetto dei principi dello stato di diritto.
Un mandato fragile e i rischi per il futuro della Tunisia
Il secondo mandato di Kais Saied si apre in un clima di crescente sfiducia e continua crisi socio-economica. La manipolazione del processo elettorale e il rifiuto di rispettare le decisioni del tribunale hanno gravemente compromesso la legittimità del risultato elettorale. Sebbene Saied abbia ottenuto una vittoria scontata, il suo governo è sempre più percepito come distante dalle reali esigenze della popolazione, specialmente tra i giovani. La disaffezione popolare è evidente, con una bassa affluenza alle urne che riflette il crescente distacco da un sistema politico che non riesce ad offrire una risposta alle rivendicazioni socio-economiche dei tunisini.
Questa fragilità politica potrebbe condurre a ulteriori instabilità nel paese. La Tunisia, già piegata da una profonda crisi economica, potrebbe assistere a maggiori tensioni sociali, soprattutto tra i giovani e le fasce più emarginate della popolazione e la repressione delle libertà civili e politiche (ormai sistematica) rischia di soffocare il poco che rimane dello spazio democratico.
Quale ruolo per l’Europa?
Le elezioni del 2024 segnano un punto di svolta anche nei rapporti tra la Tunisia e i suoi partner internazionali. Incentrata ad avanzare un’agenda definita “più pragmatica”, orientata principalmente a ottenere garanzie immediate su sicurezza e migrazioni, l’Unione Europea e i suoi Stati membri finora non hanno messo in atto interventi concreti per esercitare pressione su Saied e promuovere una reale ripresa della transizione democratica.
L’Europa, in particolare, continua a essere il principale partner commerciale della Tunisia, ma dovrà rivedere la sua strategia per evitare che il proprio sostegno economico finisca per rafforzare tendenze non democratiche e destabilizzanti ormai ben consolidate. Un intervento comprensivo e non elitista, che colleghi il supporto economico a riforme concrete in ambito economico e politico, sarà di nuovo essenziale per cercare di garantire un’effettiva stabilità rispondente anche ai bisogni socio-economici espressi dai tunisini.
In conclusione, la Tunisia post-elezioni si trova a un bivio critico: da un lato, un governo sempre più centralizzato ed escludente; dall’altro, una società civile marginalizzata, che tenta con cautela di mantenere timidi spazi di pratiche democratiche nonostante i crescenti rischi. Rimane da vedere se l’Italia e l’Europa sapranno e vorranno rispondere adeguatamente a queste tendenze per evitare che la Tunisia chiuda definitivamente il capitolo della transizione politica, scivolando verso una nuova fase non democratica.