Ai più alti livelli, dal G7 al Consiglio europeo, si sta svolgendo un dibattito complesso su cosa fare per affrontare l’impennata dei prezzi del gas e del petrolio, che recentemente hanno superato o si sono pericolosamente avvicinati a livelli record.
Le sanzioni dell’Occidente sul petrolio russo
Il dibattito al G7 ruota intorno al petrolio, anche perché il gas non è un problema per gli Stati Uniti e il Canada. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno già bloccato tutte le importazioni di petrolio russo. È stato relativamente facile per loro farlo, in quanto gli Stati Uniti non importano quantità significative e il Regno Unito riceve comunque petrolio da altre fonti.
Fino a poco tempo fa, l’Ue importava fino al 40% del suo petrolio dalla Russia. Il Consiglio europeo ha deciso che entro febbraio 2023 tutte le importazioni di petrolio e prodotti raffinati dalla Russia cesseranno, ad eccezione di piccole quantità che arrivano attraverso l’oleodotto Druhzba South che serve l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Slovacchia. Un’ulteriore misura presa dal Consiglio europeo è la limitazione per le compagnie di assicurazione marittima dell’Ue (e del Regno Unito) di fornire copertura per i carichi contenenti greggio russo. Questa misura potrebbe potenzialmente limitare la capacità di esportazione della Russia, non solo in Europa, ma in tutto il mondo, facendo salire ulteriormente i prezzi del petrolio.
Il tetto al prezzo del petrolio
Dato che l’embargo petrolifero russo è già stato deciso, il tetto al prezzo del petrolio ridurrebbe le entrate russe solo se attuato entro la fine dell’anno, quando scatterà l’embargo dell’Ue. Dopo questo momento, non si tratterebbe più di un’azione contro la Russia, ma piuttosto volta ad affrontare le conseguenze economiche, e quindi anche sociali e politiche, degli alti prezzi del petrolio in Occidente. L’ipotesi di fondo è che le sanzioni abbiano esacerbato l’aumento dei prezzi del petrolio, mentre il tetto ai prezzi mirerebbe a ridurli.
Tuttavia, un tetto al prezzo del petrolio sarebbe estremamente complicato da attuare e probabilmente dovrebbe essere concepito in tandem con il divieto di assicurazione, applicando quest’ultimo al petrolio venduto al di sopra del tetto del prezzo. Inoltre, data la fungibilità del petrolio, per avere un qualche impatto il tetto dovrebbe comprendere molti più Paesi del gruppo G7. In teoria, acquirenti come l’India o la Cina dovrebbero avere un interesse economico a limitare i prezzi del petrolio, ma in pratica acquistano già il greggio russo con uno sconto di circa 30 dollari rispetto ai prezzi del Brent. Inoltre, dal punto di vista politico è molto improbabile che aderiscano a un cartello di acquirenti occidentali.
Il tetto al prezzo del gas
I prezzi del gas, e di conseguenza quelli dell’elettricità a cui sono legati, sono un problema ancor più grande perché sono saliti a livelli mai visti prima. I prezzi del petrolio sono estremamente elevati, ma lo sono già stati in passato e questo riflette le dinamiche di mercato. Anche i prezzi del gas sulla principale piattaforma di scambio europea, il TTF olandese, stanno salendo alle stelle (fino a 10 volte più alti rispetto all’anno scorso e alla precedente media pluriennale), nonostante non ci sia stata carenza di gas finora (la fornitura di gas dalla Russia, pur essendo ridotta, non è ancora completamente cessata). Questo ha portato molti a credere che il prezzo del TTF non rifletta i fondamentali fisici e forse nemmeno le dinamiche di mercato. L’argomentazione è che un tetto massimo sul prezzo del gas non distorcerebbe il mercato perché il mercato è già distorto.
Il fatto che la Russia stia gradualmente riducendo le forniture implica che l’argomentazione chiave contro un tetto al prezzo del gas – il timore di interruzioni del gas russo come ritorsione – non regge. La Russia sembra credere che potrebbe sopportare temporaneamente il peso di un eventuale taglio alle forniture di gas – dato che ha già guadagnato più questo semestre che l’intero anno scorso – mentre gli europei, con un livello di sopportazione del dolore politico molto più basso secondo il Cremlino, si dividerebbero, generando un’irresistibile spinta a revocare le sanzioni. Quindi, mentre la Russia non può ignorare il fatto che nel medio termine soffrirebbe molto più dell’Europa, conta sul fatto che gli europei si arrenderebbero politicamente molto prima di quel momento. Questa logica, per quanto difettosa, sembra guidare il calcolo della Russia, a prescindere da qualsiasi decisione finale su un tetto al prezzo del gas.
Come attuare il tetto al prezzo del gas? Tre scenari
L’idea di un tetto ai prezzi sta quindi guadagnando adesioni politiche. Ma cosa si intende per “tetto al prezzo del gas”? Bisogna distinguere tre casi, di cui solo due hanno senso.
Il primo scenario è quello di un tetto ai prezzi del gas – e di conseguenza dell’elettricità – pagati dai consumatori dell’Ue. Questo viene già attuato indirettamente in Spagna e Portogallo, che hanno fissato il prezzo del gas per le centrali elettriche alla metà del prezzo di mercato TTF, con il governo che paga la differenza. Tuttavia, questo incoraggia la domanda, lasciando meno gas disponibile per lo stoccaggio ed esercitando un’ulteriore pressione rialzista sui prezzi per tutti. Dato l’isolamento energetico della penisola iberica dal resto dell’Ue, il danno per gli altri è limitato. Ma se venisse applicato da altri Stati membri in aree più interconnesse, il danno sarebbe di gran lunga maggiore. Inoltre, il tetto al prezzo del gas per i consumatori equivale a un sussidio per i combustibili fossili, che è l’opposto di ciò di cui avemmo bisogno per raggiungere un livello di emissioni nette pari a zero. Questo sarebbe dunque un tetto di prezzo con poco senso sia in termini climatici che socio-economici.
Un altro scenario sarebbe quello di un tetto massimo di prezzo solo per il gas russo. Questo sarebbe finalizzato a ridurre le entrate russe. Avrebbe quindi senso solo se la Russia non interrompesse definitivamente le esportazioni. Ad oggi, è altamente incerto se la Russia riprenderà le forniture attraverso il Nord Stream dopo il 21 luglio, data in cui dovrebbe terminare la manutenzione programmata. Se tali flussi dovessero riprendere, si dovrebbe prevedere e attuare rapidamente un tetto al prezzo del gas importato dalla Russia. Questo scenario significherebbe accettare un embargo sul gas russo, seguito da una rinegoziazione “prendere o lasciare” dei contratti lungo termine indicizzati al TTF. Se, tuttavia, tali flussi non dovessero riprendere dopo il 21 luglio, non ci sarebbe alcun prezzo del gas russo a cui mettere un tetto.
Infine, si potrebbe pensare a un tetto massimo di prezzo per tutte le importazioni di gas (comprese quelle da Algeria, Norvegia, Qatar, Stati Uniti ecc.). Tale tetto non influirebbe sui contratti a lungo termine esistenti a prezzi inferiori. Ma la questione fondamentale è cosa succederebbe quando venisse applicato alle nuove forniture di GNL, di cui l’Europa ha un disperato bisogno. Nel settore del GNL, l’Europa è in concorrenza con l’Asia. Il tetto europeo non potrebbe quindi essere inferiore al prezzo asiatico, perché in tal caso il gas disponibile andrebbe in Asia.
Poiché la crisi energetica non ha ancora raggiunto il suo picco, né tantomeno si è attenuata, la discussione sul tetto massimo dei prezzi dell’energia a livello europeo e transatlantico rimarrà in cima all’agenda. Ci sono ragioni economiche, ma soprattutto sociali e politiche cruciali. Proprio per questo motivo, nei giorni e nelle settimane a venire è essenziale analizzare il dibattito e distinguere le proposte sensate dalle assurdità.
Foto di copertina EPA/FILIP SINGER