In Francia è iniziata la battaglia per le pensioni

La riforma delle pensioni è ormai “la madre di tutte le battaglie” per Emmanuel Macron, che impegna il suo secondo mandato in una scommessa per lui inevitabile quanto urgente. Nella memoria dei francesi c’è la riforma pensionistica votata dal Parlamento alla fine del suo primo mandato all’Eliseo e mai entrata in vigore a causa sia del Covid sia delle tensioni sociali. Adesso si discute un nuovo testo, presentato come più digeribile dall’opinione pubblica, che resta comunque largamente ostile.

La prima ministra Elisabeth Borne ha tentato nei mesi scorsi il dialogo con le parti sociali. Non servirà a evitare lo scontro, visto che i sindacati si oppongono compattamente alla riforma e una giornata nazionale di protesta è già in calendario per il 19 gennaio. Il tentativo serve a Borne per dimostrare buona fede e buone intenzioni. La battaglia sarà lunga e i due “generali” dell’esercito macronista (Borne e il suo ministro del Lavoro Olivier Dussopt) sono ex socialisti animati dalla speranza di spaccare il fronte sindacale. Cercano un’intesa soprattutto con la CFDT, la confederazione considerata più pragmatica. Il problema è che la CFDT ha bruciato alcune possibilità di trattativa cercando un compromesso sul vecchio testo della scorsa legislatura. Oggi è intransigente perché diffidente. Marcia dunque (almeno per il momento) insieme alle altre due principali confederazioni sindacali, CGT e Force ouvrière.

Cosa prevede la riforma delle pensioni

I punti chiave della riforma sono:

a) aumento dagli attuali 62 a 64 anni dell’ “età legale” del pensionamento;

b) carattere progressivo di questo aumento (per cui si arriverà a 64 anni nel 2030);

c) aumento, sempre in forma progressiva, del numero di anni necessari ad avere la pensione piena (fino ad arrivare ai 43 anni di contributi nel 2027, anziché nel 2035 come previsto dalla legge oggi in vigore) ;

d) fine – per i futuri assunti – dell’eccezione costituita dai régimes spéciaux (come quelli presenti nel settore dei trasporti, con pensioni anticipate rispetto alle altre categorie);

e) deroghe per chi esercita mansioni usuranti;

f) misure a favore della ricostruzione delle carriere (tenendo anche conto dei “lavori di utilità collettiva”);

g) aumento della pensione minima, che sarà di 1.200 euro mensili lordi per chi abbia il massimo dei contributi.

Il fuoco incrociato delle opposizioni

Nell’illustrare l’insieme della riforma, Elisabeth Borne e Olivier Dussopt hanno insistito sulla filosofia del presidente Macron e del governo : salvare l’attuale sistema di garanzie sociali, minacciato a loro avviso del deficit del sistema pensionistico nazionale, che rischierebbe – in assenza delle misure in discussione – di aggravarsi nei prossimi anni fino a superare (nell’ipotesi ottimistica di una disoccupazione molto bassa) il livello dei 12 miliardi nel 2030 per poi sprofondare ulteriormente in un vortice di ‘rosso’.

All’Assemblea nazionale la coalizione macronista ha solo la maggioranza relativa (250 deputati su 577). Le manca dunque un bel gruzzolo di voti per far passare tranquillamente il disegno di legge. I principali gruppi d’opposizione sono l’estrema destra del Rassemblement national di Marine Le Pen (88 deputati) e l’estrema sinistra della France insoumise (74) di Jean-Luc Mélenchon, decise a dare battaglia fino all’ultimo petardo polemico (una leader mélenchonista ha detto che i deputati del suo gruppo presenteranno “mille emendamenti a testa”).

La via d’uscita per il governo sta nel sostegno della destra neogollista dei Républicains (62 deputati), che è stato preannunciato nei giorni scorsi ma su cui continua a pesare qualche dubbio (anche perche diversi neogollisti non dovrebbero votare a favore). Il nuovo leader del partito, Eric Ciotti si è attribuito il merito di aver spinto il governo a migliorare il disegno di legge (con l’età pensionabile a 64 invece che a 65 anni), ma è difficile immaginare che un sorriso di madame Borne gli basti a vestirsi da buon samaritano.

Se la battaglia parlamentare si impantanerà, Macron e Borne non potranno che giocare la carta della fiducia, che farebbe passare la legge al prezzo di esacerbare la piazza. La fiducia alla francese è più ‘dura’ di quella all’italiana: un disegno di legge è approvato senza neppure essere messo ai voti (l’opposizione può solo presentare una mozione di sfiducia, che deve però ottenere la maggioranza dei suffragi : cosa che implica la convergenza di famiglie politiche molto diverse tra loro). La partita è aperta. Le sorprese non sono impossibili. Molto dipenderà dal fatto che la protesta sulle pensioni finisca (o no) con l’esprimere anche l’attuale malcontento sul fronte del carovita.

Foto di copertina EPA/BERTRAND GUAY / POOL MAXPPP OUT

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