Vaticano: le scuse di Ratzinger e la ‘questione tedesca’

Checché se ne dica, il papa emerito Benedetto XVI è stato e continua a essere più rivoluzionario di quanto voglia la vulgata e, forse, anche lui stesso. Le sue dimissioni nel 2013, sulle quali hanno vissuto e tutt’ora resistono le teorie più arzigogolate, sono state un caso mondiale, con il più recente tra i precedenti che risaliva a quasi 600 anni prima. Qualche giorno fa, invece, il papa emerito ha firmato una lettera che risponde al rapporto sugli abusi avvenuti nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga.

La lettera alle vittime

Qui, infatti, Benedetto XVI ha servito per quasi cinque anni, tra il 1977 e il 1982, come arcivescovo. Ruolo per il quale lo stesso rapporto lo chiama in causa, facendo riferimento a quei presunti “comportamenti erronei” in quattro casi di abuso. E ai quali Ratzinger ha risposto spiegando come egli stesso, nella sua vita, abbia imparato come “noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità”.

Nella lettera, Ratzinger esprime, come fatto durante gli incontri avvenuti con le vittime di abusi, il suo “grande dolore” e la sua “sincera domanda di perdono”, specificando poi come egli stesso abbia avuto “grandi responsabilità nella Chiesa cattolica”. Un gesto rivoluzionario, che non può essere etichettato come un’ammissione di colpa, bensì come ulteriore denuncia.

L’impegno decennale di Ratzinger

Il papa-teologo, com’è stato a volte definito Benedetto XVI, forse non ha mai raccolto grandi simpatie. O meglio: difficilmente ha scaldato i cuori come lo ha fatto e continua a farlo papa Francesco. Ciò che è innegabile, però, è che Ratzinger, ben prima di salire al soglio papale, abbia adottato un approccio deciso e poco equivocabile sulla questione degli abusi.

Al di là di quanto affermato dall’arcivescovo Georg Gänswein, segretario personale del papa emerito, Benedetto XVI ha sin da subito agito in maniera muscolare contro il personale ecclesiastico accusato di abusi. Lo si è visto, per esempio, pochi mesi dopo il proprio insediamento, quando ha avallato la decisione di mettere a riposo il fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel Degollado.

E ancora, nel 2010, in un suo viaggio in Portogallo, il papa emerito aveva accusato la Chiesa di essere divisa e attaccata da mali interni e aveva spiegato come “il perdono” non poteva in alcun modo sostituire “la giustizia”. Quei mali interni e quelle divisioni, poi, avrebbero spinto lo stesso Ratzinger a fare un passo indietro. Rivoluzionando la Chiesa, ancora una volta, e aprendo la porta a papa Francesco.

Papa Francesco e la questione tedesca

Poco dopo la pubblicazione del rapporto sugli abusi compiuti nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, Bergoglio aveva ripreso il discorso interrotto qualche mese prima su un documento simile, relativo però agli scandali accaduti in Francia. Nell’occasione, il pontefice ha insistito su quanto sta facendo la Chiesa per contrastare questi abusi e sull’impegno assunto nella modifica del codice canonico, che adesso prevede norme più stringenti sui casi di pedofilia. E che già nel 2010 lo stesso Benedetto XVI aveva provveduto a rendere più severe rispetto al passato.

Uno sforzo che non sembra bastare, almeno in Germania. Perché qui, la Chiesa sta affrontando una grave crisi d’immagine. L’agenzia cattolica Kna, nei giorni scorsi, ha riportato i dati sulla fiducia della popolazione nei confronti del clero, in forte discesa negli ultimi anni.

A questi risultati deludenti, che pongono la Chiesa cattolica in fondo alla classifica delle istituzioni più credibili e affidabili secondo il campione analizzato, hanno contribuito non solo gli scandali recenti e il rapporto già citato, ma anche la frustrazione per le mancate riforme. I vescovi tedeschi, riuniti in sinodo da due anni, hanno reso ufficiali le proprie posizioni a larga maggioranza, richiedendo a papa Francesco di avanzare una riflessione sulla obbligatorietà del celibato sacerdotale. Inoltre, è stata richiesta la non esclusione delle donne dalla vita ministeriale.

Un doppio segnale che certifica come all’interno della comunità cattolica coesistano più spinte centrifughe, spesso contrapposte. Se dagli Stati Uniti, infatti, si fa sempre più forte la resistenza conservatrice al messaggio di papa Francesco, con i vescovi spesso ostili alle aperture bioetiche e sociali di Bergoglio, dalla Germania le pressioni progressiste rischiano in egual modo di lacerare la Chiesa. Lasciando il Vaticano nel mezzo.

Foto di copertina ANSA / ETTORE FERRARI

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