Rassegna stampa africana: gli obiettivi di Putin e le guerre dimenticate

Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare

In questa rassegna stampa: un approfondimento sull’influenza russa in Africa e sugli obiettivi che Mosca si pone nel continente; le guerre africane dimenticate e infine il racconto di quanto accade in Repubblica Democratica del Congo con il ritorno in scena del Movimento 23 marzo (M23).

Gli obiettivi russi in Africa

In un articolo di Nigrizia, Bruna Sironi racconta come Mosca stia “estendendo la sua influenza nel continente africano attraverso la cooptazione delle elite politiche, l’uso di mercenari, l’organizzazione di campagne di disinformazione, interferenze nelle elezioni, scambio di armi con risorse naturali strategiche. Tutte modalità che hanno aumentato l’instabilità, indebolendo la sovranità dei paesi africani e dei loro cittadini”. L’articolo propone due casi che gettano luce sui rapporti di forza che si giocano nel continente e sui metodi usati da Mosca per posizionarsi.

Il primo esempio è il Mali in cui “la storica influenza francese, segnata anche dalla presenza nella zona saheliana di almeno 5mila uomini impegnati nell’operazione di controterrorismo Barkhane, iniziata nel 2014, è stata messa fortemente in gioco dalla sempre più importante presenza dei mercenari del gruppo Wagner, di cui sarebbero provate le connessioni con lo stesso presidente russo”.

Il secondo caso proposto è quello sudanese. L’autrice dell’articolo di Nigrizia spiega che le ottime relazioni tra il Sudan e la Russia sono attestate dalla presenza dei mercenari Wagner e “dalla lunga visita a Mosca del vicepresidente del Consiglio sovrano e comandante delle Forze di intervento rapido, generale Mohammed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, avvenuta negli stessi giorni dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina”. In questa sede le due parti “hanno consolidato annosi legami di cooperazione, soprattutto in campo militare”.

Si cita inoltre un articolo di The Conversation in cui Joseph Siegle, direttore della ricerca al Centro di studi strategici per l’Africa dell’Università del Maryland, sostiene che il modello di azione russa nel continente punta a raggiungere i propri obiettivi strategici a discapito della sovranità dei paesi africani. Gli obiettivi identificati consistono nel controllo delle rotte commerciali che passano dal Mar Rosso e dal Mediterraneo, nell’affermazione del ruolo russo di grande potenza che passa dalla costruzione di solide alleanze in zone del pianeta finora non saldamente entrate nella sua orbita e infine nel limitare l’influenza occidentale nel continente diffondendo e sostenendo una visione autocratica di governance”.

In un articolo del Financial Times, tradotto dalla rivista Internazionale, David Pilling offre un’analisi della crescente influenza russa nel continente africano considerata sempre più evidente dall’ottobre del 2019, “quando 43 capi di stato africani hanno partecipato al primo vertice Russia-Africa a Soči”. Si cita inoltre un rapporto del Tony Blair Institute for Global Change secondo cui “il nuovo interesse di Putin è spiegato nei seguenti termini: rinfocolare i legami di epoca sovietica per estrarre risorse (e voti all’Onu) in cambio di assistenza su questioni di sicurezza, e impiegare l’Africa come una ‘seconda frontiera’ per circondare l’Europa alimentando instabilità, disturbando le elezioni, esportando armi e innescando i flussi migratori attraverso il Sahel e la Libia”.

Guerre africane dimenticate

Il secondo capitolo della rassegna di questa settimana verte sulle guerre dimenticate dell’Africa. La rubrica online “Mondo solidale” di Repubblica riprende un articolo di Nigrizia a firma di Gianni Ballarini. L’articolo offre “una fotografia solo parziale delle instabilità africane. Prendendo a prestito i dati – sempre aggiornati ma pur sempre approssimativi – forniti da un’organizzazione indipendente come l’Armed conflict location and event data project (Acled), sono 12 i Paesi che dal 1° gennaio 2021 al 18 marzo 2022 hanno superato la soglia dei mille morti per le violenze armate (Nigeria 10584. Etiopia 8786. Repubblica Democratica del Congo 5725. Somalia 3523. Burkina Faso 2943. Mali 2344. Sud Sudan 2160. Repubblica Centrafricana 1801. Sudan 1342. Niger 1324. Mozambico 1276. Camerun 1141)”.

L’M23 ritorna sulla scena congolese

In Repubblica Democratica del Congo si è verificata una escalation di violenza con il ritorno sulla scena del gruppo Movimento 23 marzo (in sigla M23) nel Nord Kivu. Il sito congolese Mediacongo.net racconta che gli scontri hanno avuto luogo “a più di 3600 metri di altitudine, sulla cima del Monte Sabyinyo che segna il punto preciso in cui si incontrano i confini di tre paesi: Repubblica Democratica del Congo, Ruanda e Uganda. Nella memoria di molti congolesi l’M23 ricorda il trauma della presa della città di Goma del novembre 2012, sostenuto dai governi ruandese e ugandese”.

Come spiega Mediacongo.net “l’M23 è stato sconfitto militarmente nel 2013, ma dal 2017 in poi, alcuni dei suoi ex membri, tra cui il suo leader, Sultani Makenga, hanno ripreso la loro posizione nella zona di Virunga. La loro presenza è rimasta discreta ma il grande cambiamento è avvenuto il 7 novembre scorso quando l’M23 ha attaccato tre postazioni dell’Esercito congolese e da allora altri 9 scontri che vedono come protagonista questo gruppo sono stati censiti dal Barometro Securitario del Kivu”.

Considerate le dinamiche regionali in cui è inserita la Repubblica Democratica del Congo è importante da ritenere che questo stato africano è da anni al centro di una guerra di influenza tra il Ruanda e l’Uganda. Un articolo di La Libre Afrique racconta il ritorno sulla scena congolese del gruppo M23 e “la cattura da parte delle autorità congolesi di due militari ruandesi che stavano con il movimento di ribellione. Kigali smentisce però la sua implicazione in questi combattimenti”. Come spiega Romain Gras in un’analisi per Jeune Afrique, “l’acuirsi delle tensioni tra Tshisekedi, Kagame et Museveni avviene contestualmente all’adesione della Repubblica Democratica del Congo alla Comunità dell’Africa orientale (EAC) avvenuta il 29 marzo”.

Rassegna stampa a cura di Jean-Léonard Touadi, funzionario FAO, docente di geografia dello sviluppo in Africa, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Foto di copertina EPA/HADAMA DIAKITE

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