Rassegna stampa africana: la crisi senza fine della Repubblica Democratica del Congo

Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. E’ possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare 

Il focus della rassegna stampa di oggi è sulla Repubblica Democratica del Congo. Prima di partire, però, è importante segnalare due notizie. Una, sui rapporti tra Algeria e Marocco, estremamente tesi in questo momento. L’altra, riguarda il Sudafrica e il lancio della prima fabbrica di vaccini nel continente.

Africa. L’alta tensione tra Algeria e Marocco e la nuova azienda produttrice di vaccini in Sudafrica

Ad approfondire la situazione tra i due paesi del nord Africa è un articolo su Nigrizia. “La pace fredda sta diventando sempre più glaciale tra Algeria e Marocco. L’ultimo episodio dello scontro tra i due vicini è stata la notizia, non smentita da Algeri, di aver dispiegato sofisticate apparecchiature di controllo militare di fabbricazione russa al confine con il Marocco” si legge. Il rapporto è ai minimi termini e “il confine tra Algeria e Marocco – chiuso da 25 anni – è il più sorvegliato tra due paesi arabi”.

La situazione si era scaldata quando il governo di Algeri lo scorso novembre aveva accusato Rabat per l’uccisione di tre camionisti algerini, sulla strada che collega la Mauritania col sud dell’Algeria. “Un attacco barbaro che non rimarrà impunito” era il commento dell’ufficio presidenziale di Algeri. La pericolosa escalation può portare a un “conflitto che sarebbe devastante non solo per i due paesi coinvolti, ma per l’intera area”, conclude Nigrizia.

In Sudafrica, Africanews riporta che “il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha annunciato l’apertura di un nuovo impianto di produzione di vaccini che aumenterà la capacità del Paese di produrre i propri vaccini, tra cui anche quelli per la COVID-19”. Secondo il sito “il nuovo impianto mira a raggiungere l’obiettivo di produrre 1 miliardo di vaccini all’anno entro il 2025”. Sarà la prima azienda di produzione dei vaccini in Africa.

Arrestati i presunti assassini dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci

Vox of Africa riporta la notizia dell’arresto dei presunti assassini dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo, morti in un agguato il 22 febbraio 2021, a Goma. “Signor Governatore vi presento tre gruppi di criminali che hanno portato il lutto nella città di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo. tra loro il gruppo che ha attaccato il convoglio dell’ambasciatore d’Italia” ha dichiarato il generale Aba Van Ang.

Pascal Mulegwa, il corrispondente a Kinshasa di Radio France Internationale, racconta di un rapimento andato storto: “I sei uomini, ancora giovani, sono seduti per terra e circondati da poliziotti ben armati. Vengono così presentati al governatore militare del Nord Kivu dal generale Aba Van Ang, capo della polizia: «Il primo del gruppo si chiamerebbe Aspirant, è in fuga. Sono riusciti a dirci che quando hanno rapito l’ambasciatore, è stato lui a sparargli. Si sono davvero pentiti di aver perso un milione di dollari [previsto dal riscatto, ndr]». Secondo la polizia nella regione, questi rapitori lavorano per un’organizzazione criminale”.

Lo strapotere dei gruppi armati

Per capire meglio le ragioni delle continue violenze interne, vi invitiamo a leggere l’analisi geopolitica del professor Samuel Nguembock pubblicata su Iris France. “Più la natura della violenza cambia o diventa più complessa nel corso degli anni, più facilmente si registrano nuovi gruppi armati con obiettivi, modalità operative e catene di comando differenti. Attualmente sono più di 120 i gruppi armati in questa regione che seminano il terrore con l’immediata conseguenza di un numero crescente di sfollati e rifugiati” scrive il professor Nguembock.

“Ad aprile 2021, secondo le Nazioni Unite, circa 5,2 milioni di persone sono sfollate nel Paese, principalmente nelle province orientali e nel Kasai. Il problema è che non c’è stata una vera pianificazione per la gestione del conflitto e ancor meno un monitoraggio permanente delle conseguenze della guerra 1999-2003. La convivenza tra le popolazioni delle diverse province non è stata inserita nell’agenda delle priorità dei governi successivi prima dell’amministrazione del presidente Tshisekedi. Ciò ha ridotto notevolmente l’amministrazione e l’autorità dello Stato in questi territori e ne ha amplificato l’impatto economico”. Nell’analisi vengono esaminati gli attori di questa lunga e violenta crisi e le difficoltà delle autorità nel dare una risposta coordinata e decisa.

Foto di copertina EPA/STR

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