Rassegna stampa africana: il Mali nel mirino del terrorismo

Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare

Protagonista di questa rassegna del 22 maggio è il Mali. Un racconto del paese attraverso le ultime vicende che riguardano la politica, la diplomazia e la sicurezza della regione saheliana, cercando di cogliere le radici dei conflitti attualmente in corso.

Tre italiani rapiti

La notizia della settimana ci riporta in Mali dove è avvenuto il rapimento di una famiglia italiana. Un articolo del 20 maggio, pubblicato dall’agenzia ANSA, scrive che i sequestrati sarebbero “una coppia di Testimoni di Geova originari di Potenza e il loro figlio, insieme anche ad un cittadino del Togo. Il sequestro sarebbe stato compiuto nella tarda serata di giovedì 19 da “uomini armati”, riferisce una fonte della sicurezza maliana senza fornire dettagli su chi potrebbero essere i rapitori che hanno agito in località Sincina, nel sud-est del Paese”.

La Farnesina ha comunicato che l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri sta compiendo le dovute verifiche e accertamenti e che “il Ministro Di Maio sta seguendo in prima persona l’evolversi della vicenda”.

Per contestualizzare l’accaduto, ANSA descrive il paese come “una sorta di buco nero del terrorismo islamico che sta entrando nell’orbita della Russia. Dal 2012 il Mali è teatro di attacchi compiuti da gruppi jihadisti legati ad Al-Qaeda e all’Isis, oltre che da milizie e banditi, causando migliaia di morti tra civili e militari e centinaia di migliaia di sfollati nonostante il dispiegamento di forze Onu, francesi e africane”.

Le radici del conflitto in Mali

Per continuare ad approfondire la conoscenza della situazione politica del Mali risulta utile la lettura dell’intervista ad Andrea de Georgio realizzata dal sito di informazione Lo Spiegone. De Georgio ricorda che “a dicembre, i soldati francesi si sono ritirati dal Mali, rimanendo solo a Gao, mentre a gennaio il governo del paese africano ha annunciato che le elezioni sarebbero state posticipate al 2026, a causa dell’insicurezza corrente. L’inizio della crisi maliana viene collocato nel 2012, quando il Movimento di liberazione dell’Azawad ha proclamato unilateralmente l’indipendenza del Nord, alleandosi con i jihadisti”.

Il conflitto che attualmente interessa il Nord del Mali “è figlio della questione tuareg e della questione settentrionale, percepita in Mali, e anche in altri paesi del Sahel centrale come Burkina Faso e Niger. Non è un caso che oggi siano questi tre paesi l’area di influenza e di azione dei gruppi jihadisti che sfruttano le linee di frattura all’interno delle società in cui si addentrano. In questo senso, i jihadisti utilizzano i problemi tra centri del potere, le capitali – Bamako, Ouagadougou e Niamey – e le regioni settentrionali saheliane e, nel caso del Mali, anche sahariane”.

Un’altra radice storica del conflitto viene identificata da de Georgio nella caduta del regime di Gheddafi. Il leader libico ha infatti “ospitato e formato militarmente i tuareg come proprie guardie private”, i quali, con la fine del regime, “sono tornati nei loro Paesi di origine. “I tuareg nigerini e burkinabé hanno negoziato con i propri Stati, prima di rientrare, e hanno accettato di lasciare le armi. Sono tornati preparati, politicizzati e con velleità di riprendere la lotta armata, ma questo è successo solo in Mali, dove non ci sono stati negoziati”.

Il Mali si ritira dal G5 Sahel

In un articolo del 16 maggio, Maliactu.net riporta la decisione “comunicata dal colonnello Abdoulaye Maiga, portavoce del governo maliano, secondo cui il Mali si ritira da tutti gli organismi e i forum del G5 Sahel, compresa la forza congiunta”. Secondo l’Ambasciatore francese all’Onu, Nicolas de Rivière, “il ritiro del Mali dal G5 Sahel indebolisce l’architettura di sicurezza regionale”, riporta Maliactu.net in un altro articolo.

In una nota emessa il 18 maggio dalle Nazioni Unite si legge che “il Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per l’Africa, Martha Ama Akyaa Pobee, ha deplorato la decisione delle autorità di transizione del Mali di ritirarsi dal G5 Sahel e dalla sua Forza congiunta, mentre la situazione della sicurezza nella regione continua a deteriorarsi”. Martha Ama Akyaa Pobee ha dichiarato che “il terrorismo e l’insicurezza continuano a diffondersi, devastando la vita di milioni di persone.

I civili sono spesso le principali vittime degli atti terroristici. Le sofferenze e le perdite delle popolazioni civili per mano dei gruppi terroristici sono indescrivibili. Il deterioramento della situazione dei diritti umani nella regione è molto preoccupante, viste le notizie di gravi violazioni contro i civili, sia da parte di gruppi terroristici armati che, secondo quanto riferito, da parte delle forze armate e di sicurezza della regione”, ha affermato la diplomatica ghanese, chiedendo “più che mai ai Paesi della regione di intensificare gli sforzi per sostenere e proteggere i diritti umani”.

In conclusione, sempre legato all’impatto che il terrorismo e l’insicurezza hanno sulle popolazioni civili, un articolo di Nigrizia ci porta al vertice di Marrakech che ha visto riunirsi la Coalizione internazionale anti-stato islamico. Da quanto è emerso “l’Africa è diventata il principale obiettivo di Daesh subendo il 41% di tutti i suoi attacchi nel mondo: 3.461 le vittime, con un bilancio di 30mila morti negli ultimi 15 anni. Le azioni eversive hanno avuto anche un impatto economico devastante, con oltre 170 miliardi di dollari di perdite. La violenza terroristica ha colpito anche le strutture scolastiche: al 30 aprile 2022, il numero di istituti chiusi a causa del terrorismo è passato da 3.664 a 4.148, con un aumento di 484 strutture educative”.

Foto di copertina EPA/YURI KADOBNOV / POOL

Rassegna stampa a cura di Jean-Léonard Touadi, funzionario FAO, docente di geografia dello sviluppo in Africa, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

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