Pécresse: i neogollisti si compattano per vincere (o perdere bene)

PARIGI La destra neogollista ha trovato la sua candidata, la cinquantaquattrenne Valérie Pécresse, in vista delle elezioni presidenziali francesi del prossimo aprile. Lo ha fatto attraverso un percorso ordinato e condiviso, senza riprodurre la guerra civile delle “primarie allargate”, che cinque anni fa lacerarono il partito (il cui candidato François Fillon – colpito da scandali di natura personale – venne poi rovinosamente sconfitto alle presidenziali).

Le stimmate di quella battaglia suicida continuano a pesare sul partito neogollista (Les Républicains, ex Union pour un Mouvement populaire, ex Rassemblement pour la République), che è stato abbandonato da alcuni suoi esponenti convertitisi al macronismo (come l’attuale primo ministro Jean Castex e i ministri delle Finanze Bruno Le Maire e degli Interni Gérald Darmanin). Il faticoso percorso verso le elezioni del 2022 ha dunque, dal punto di vista dei Républicains, un duplice obiettivo: scelta del candidato e ricostruzione di un partito in pezzi.

Evitate le primarie vecchio stile (milioni di partecipanti e campagna elettorale “sanguinosa”) solo gli iscritti hanno potuto prendere parte al voto e il primo successo è stato proprio il forte aumento del numero dei membri del partito Lr (Les Républicains), che sono ormai circa 150 mila. La seconda conseguenza è stata il ritorno a casa di due “governatori” (Valérie Pécresse, presidentessa della regione parigina Île-de-France e Xavier Bertrand, presidente della regione settentrionale Hauts-de-France) che avevano lasciato il partito Lr negli ultimi anni, comportandosi da battitori liberi in seno al centrodestra.

Tutti per una
Il 2 dicembre sono stati resi noti i risultati del primo turno delle “primarie interne” e si è visto che i quattro principali candidati hanno praticamente ottenuto un quarto dei voti ciascuno. Per  una manciata di suffragi sono stati esclusi Michel Barnier e Xavier Bertrand, mentre sono stati ammessi al secondo turno, in ordine di voti ottenuti, il deputato di Nizza Eric Ciotti, leader della destra interna, e appunto Valérie Pécresse, che ha poi trionfato al secondo turno (i cui risultati, 61 contro 39 per cento, sono stati resi noti il 4 dicembre). Le vere differenze politiche sono tra Ciotti da una parte e tutti i suoi rivali dall’altra. Era dunque naturale che, dopo il primo turno, gli sconfitti sostenessero la Pécresse, come hanno fatto.

Oggi tre considerazioni s’impongono. Il partito Lr sembra aver ritrovato la propria compattezza. Ne avrà bisogno sia alle presidenziali di aprile 2022 (quando difficilmente potrà portare la sua candidata fino al secondo turno) sia alle elezioni immediatamente successive: le legislative di giugno per il rinnovo dei 577 seggi dell’Assemblea nazionale. Quand’anche Emmanuel Macron riuscisse (com’è molto probabile) a rimanere all’Eliseo, i destini del Parlamento sarebbero incerti e il partito Lr, che continua ad avere un forte radicamento sul piano locale, potrà ottenere anche all’Assemblea nazionale (eletta a suffragio diretto) quella maggioranza relativa dei seggi che ha già oggi al Senato (eletto a suffragio indiretto).

Un Paese sempre più a destra
La Francia si sposta a destra. I discorsi di Ciotti (che tra l’altro vorrebbe uscire dalla Nato e creare una sorta di Guantanamo francese per gli ex terroristi, in libertà dopo aver scontato la loro pena) hanno contribuito – nelle settimane della “campagna elettorale interna” – a indurre anche Barnier, Bertrand e Pécresse a inasprire le loro posizioni in termini di immigrazione, di sicurezza e persino di rapporti con l’Europa (il che, sulle labbra dell’ex commissario europeo e negoziatore Brexit Barnier è parso sorprendente). La Francia di oggi è fortemente influenzata da quelle sensazioni di nostalgia e d’insicurezza che si esprimono in primo luogo nella campagna del candidato Eric Zemmour e nella sempre alta popolarità di Marine Le Pen.

Valérie Pécresse, ormai leader legittima e riconosciuta della destra neogollista, deve articolare la propria campagna presidenziale destreggiandosi tra il centrodestra macronistra da un lato e l’estrema destra dall’altro. Pécresse deve dare voce a una Francia scontenta, angosciata e borbottona, formulando al tempo stesso proposte accettabili dalla Francia vincente, che sta ripartendo con successo dopo il trauma della crisi. La vera novità di queste settimane è che il partito Lr sembra ritrovare un po’ di unità e di efficacia a livello nazionale. Non sarà facile per Pécresse vincere la sua scommessa. La cosa essenziale per lei è mantenere l’unità del partito in vista delle elezioni legislative di giugno, che potrebbero essere la sua rivincita. Può anche perdere le presidenziali, ma deve perderle bene.

Foto di copertina ANSA/CHRISTOPHE PETIT TESSON

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