Operazione “Strade Sicure”: ad ognuno il proprio compito

L’Operazione “Strade Sicure” è iniziata nell’agosto 2008 sulla base della legge 24 luglio 2008, nr. 125 che prevedeva la possibilità di impiego di personale militare appartenente alle Forze Armate per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, in aree metropolitane o densamente popolate. Inizialmente fu previsto l’impiego di un contingente non superiore a 3.000 unità, per un periodo di sei mesi.

Genesi e realizzazione di “Strade sicure”

Nel nostro Paese è sempre forte la tentazione di trasformare in definitiva ogni misura provvisoria perché, risolto in qualche modo un’emergenza, la si rimuove rinviando “sine die” la ricerca di una soluzione definitiva.

Così è avvenuto per l’impiego delle Forze Armate, e in particolare dell’Esercito, nei compiti di sorveglianza del territorio nazionale. Oltre tutto, estendendolo progressivamente: il controllo e sicurezza dell’area centrale della città dell’Aquila colpita dal terremoto del 2009, la sicurezza dei cantieri dei treni ad alta velocità (TAV) in Torino e Val Susa, l’intervento in Campania per pattugliare e sorvegliare le aree della cosiddetta “terra dei fuochi” per prevenire e reprimere i reati ambientali, la sicurezza e la sorveglianza dell’EXPO 2015 a Milano e del Giubileo della Misericordia del 2015 a Roma.

Attualmente la consistenza massima annuale impiegata per l’Operazione “Strade Sicure”  è di 7.050 militari. L’operazione “Strade sicure” è così diventata la più capillare e longeva operazione delle Forze armate sul territorio nazionale, al fianco delle Forze dell’ordine, in funzione anti criminalità e terrorismo in numerose città italiane.

Sicurezza essenziale ma impiego inadeguato

A commento dell’inizio dell’operazione scrivevamo: “Si tratta di problemi reali e gravissimi, ma non possono essere fatti passare per emergenze, per lo meno secondo gli standard internazionali che presuppongono, invece, eventi eccezionali non prevedibili dalle Autorità. In tutti questi casi i problemi sono da decenni sotto gli occhi di tutti, compresi i politici, sempre che, ovviamente, li si fossero voluti vedere(…) Ancora di più, il concetto di emergenza è, in un paese democratico, intrinsecamente legato a quello di temporaneità ed esclude un utilizzo sistematico e permanente delle soluzioni adottate per far fronte all’emergenza. Bisogna, quindi, stare molto attenti a qualificare come emergenza un qualsiasi problema, anche grave, che richieda una soluzione”.

In questi quattordici anni ci siamo assuefatti all’idea che, per garantire la presenza dello Stato, ci dovessero essere uomini e mezzi militari per le nostre strade. In realtà ci dovevano e ci dovrebbero essere poliziotti, carabinieri, finanzieri, oltre ai vigili urbani, ma questi sembrano scomparsi nelle città e sulle strade ed autostrade. Solo nell’ultimo biennio, a causa del Covid, sono parzialmente e sporadicamente tornati in circolazione.

Ovviamente non è perché non lavorino, ma perché sono stati sempre più diffusamente impegnati in mansioni amministrative o di “portineria” nei più svariati uffici pubblici (oltre a quelli destinati al servizio di scorta di un incredibile numero di politici, giornalisti, giudici, dirigenti). Anche in questo caso si risolvono esigenze o inefficienze di altra natura sostituendo il personale civile con quello in divisa, mentre si dovrebbero affrontare e risolvere i problemi alla base.

Per altro in Italia si calcola che ci siano 453 addetti alle forze di sicurezza statali ogni 100.000 abitanti contro una media europea di 355 (Francia 320, Germania 297, Spagna 361, e allora anche Regno Unito 211). Non vi sono, quindi, ragioni strutturali per doverli sostituire nei compiti di sorveglianza del territorio. Se, però, si dimostrasse che non sono sufficienti, l’unica soluzione dovrebbe essere quella di assumerne altri.

Utilizzare le forze dell’ordine anziché i militari comporterebbe un forte risparmio. Come dicevamo allora l’addestramento dei militari “è molto più costoso di quello dei loro colleghi in divisa. Utilizzarli per compiti più semplici di quelli per cui vengono preparati è un vero e proprio spreco”. Oltre tutto per le operazioni di polizia giudiziaria devono comunque intervenire le forze dell’ordine.

Perché ripensare il ruolo delle Forze armate

Vi sono poi altre ragioni per non impiegare inutilmente le Forze Armate.

In primo luogo bisogna tener presente che “nella vita militare la motivazione è il principale incentivo. Una parte dei giovani si arruolano nella prospettiva di transitare poi nelle forze dell’ordine, ma gli altri, e soprattutto sottufficiali e ufficiali, lo fanno come scelta di vita … Un sottoutilizzo per svolgere compiti che altri possono fare meglio di loro (e senza per altro i sacrifici che caratterizzano la vita dei militari sul piano umano, famigliare e sociale), rischia di compromettere il delicatissimo meccanismo della motivazione”.

In secondo luogo si rischia di continuare ad accreditare l’idea che le Forze Armate che, quando non intervengono per assicurare la difesa del Paese, siano disponibili per qualsiasi esigenza “civile”. Ma per essere pronte a svolgere il loro vero compito, a parte i turni di riposo (soprattutto dopo i periodi di missione all’estero), devono addestrarsi costantemente e non sprecare il tempo davanti ad edifici pubblici e privati.

Adesso, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, questo principio deve essere chiaro alla nostra opinione pubblica, al di là del fatto che abbiamo veramente bisogno di queste risorse oggi inutilmente impiegate.

Oggi, come mai nel recente passato, va ribadita “la presenza di un moderno ed efficace strumento militare come il migliore deterrente per preservare la pace. Servono quindi Forze Armate efficienti e preparate, costantemente impegnate nel mantenere un elevata capacità operativa attraverso l’addestramento degli uomini e la loro preparazione, anche psicologica, ai difficili e pericolosi compiti che li attendono”.

Una maggiore cultura della difesa e della sicurezza è, forse, una delle pochissime conseguenze positiva dell’attuale drammatica crisi che sta vivendo il nostro continente.

In terzo luogo questa eccessiva, sistematica ed ostentata presenza non sembra conciliarsi con l’immagine di un Paese occidentale democratico e sviluppato, ma richiama quella di paesi arretrati e spesso autocratici o dittatoriali che si reggono sul potere militare. Ovviamente tutto questo è lontano mille miglia dallo spirito delle nostre Forze Armate, ma stupisce che i nostri decisori politici non sembrino averci mai fatto caso. Sarebbe bastato osservare i nostri partner ed alleati (anche quelli più colpiti dal terrorismo di matrice islamica) per rendersi conto dell’anomalia italiana.

Concludevano allora e concludiamo oggi con la stessa riflessione:

Nei prossimi mesi bisognerà approvare la nostra partecipazione alle nuove fasi di importanti programmi internazionali in corso … e la prosecuzione di alcuni fondamentali programmi nazionali(…)Si tratta di equipaggiamenti indispensabili per mantenere i nostri impegni nelle missioni internazionali e per assicurare lo sviluppo delle capacità tecnologiche e industriali del nostro paese. Non sarà facile per il Ministro della Difesa convincere il suo collega dell’Economia, il Governo e il Parlamento che si tratta di esigenze incomprimibili se la percezione del ruolo delle Forze Armate che si sta affermando è un misto fra ruolo dei Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine e Vigili Urbani (senza ovviamente sottovalutare alcuno di questi organismi). Per queste finalità non serve nessuno degli equipaggiamenti elencati, ma, in fondo, non serve nemmeno avere delle Forze Armate”.

Foto di copertina ANSA/GIUSEPPE LAMI

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