Nata nel gennaio del 1962 a Sulechów nella Polonia centro-occidentale, Olga Nawoja Tokarczuk, autrice di romanzi, poesie e racconti, è una scrittrice tra le più amate del suo Paese e tra quelle di maggior successo.
Olga Tokarczuk è nota, oggi, come intellettuale attenta alla realtà che spesso descrive attraverso l’uso di metafore. Diverse sue opere sono state tradotte in italiano: tra esse Prawiek i inne czasy, uscito nel nostro Paese col titolo Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli per e/o nel 1999 e nel 2013 col titolo Nella quiete del tempo per Nottetempo, poi ripubblicato da Bompiani, Che Guevara e altri racconti (Forum, 2006), Casa di giorno, casa di notte (Fahrenheit 451, 2007), I vagabondi (Bompiani, 2018). Il titolo originale di quest’ultima opera è Bieguni; con essa ottiene il Man Booker International Prize.
Tradotta in diciannove lingue e tre volte vincitrice del Premio letterario Nike, nel 2019 Olga Tokarczuk viene insignita del Premio Nobel per la letteratura 2018. La motivazione si riferisce a “un’immaginazione narrativa che, con passione enciclopedica, rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita”.
Gli studi e gli esordi letterari
Il suo esordio letterario è preceduto da studi di psicologia svolti all’Università di Varsavia. Sensibile alle tematiche sociali, come vedremo più avanti, Tokarczuk ha prestato opera di volontariato, durante gli studi, in un istituto per adolescenti che presentavano problemi comportamentali. Attività che le ha consentito di fare pratica, sul campo, come psicologa e di affiancare alla sua preparazione teorica un’esperienza diretta che l’aiuterà anche in seguito. Laureatasi nel 1985, si è trasferita prima a Breslavia e quindi a Wałbrzych, nel voivodato della Bassa Slesia, dove ha dato inizio al suo percorso di terapeuta. L’autrice si definisce seguace della scuola junghiana e considera l’attività e le esperienze effettuate nel campo dell’indagine psicologica come importanti fonti di ispirazione per il suo lavoro di scrittrice.
Come tale, il suo esordio ha avuto luogo nel 1989 con una raccolta di poesie intitolata Miasta w lustrach (Città allo specchio). Podróz ludzi ksiegi (Il viaggio del libro-popolo) è invece il titolo del suo primo romanzo, uscito nel 1993. L’opera è una sorta di metafora del senso dell’esistenza e ha ottenuto un notevole successo di pubblico e di critica, tanto che le è valso il premio del Concorso letterario dell’Associazione degli editori polacchi come migliore opera prima nel campo della narrativa. Un ingresso, felice, il suo, in ambito letterario; la critica le riconosce una vena ispirata, il pubblico di lettori ne apprezza la capacità di esporre argomenti e situazioni in modo coinvolgente.
Tokarczuk si trova, così all’inizio di un percorso promettente. Il consenso ricevuto al suo esordio nel mondo della scrittura contribuisce a incoraggiarla nella sua ricerca letteraria che avrà modo di approfondire. Col tempo la sua produzione si connota sempre più per accenti mistici, ma è presente anche un’attenzione particolare al sociale e all’uso della lingua come strumento capace di plasmare la realtà.
Una scrittrice ecologista e “di sinistra”
Attiva nella condivisione dell’impegno per l’affermazione dei diritti delle donne, sostiene oggi di essere favorevole alla femminilizzazione delle lingue per contrastare la violenza patriarcale di genere. Una frase che assume una valenza particolare soprattutto se rapportata a situazioni come quella che vede le donne polacche alle prese con una legge che limita pesantemente la loro possibilità di scelta in termini di gravidanza.
Chiamata “la scrittrice con i dreadlock” per via dell’acconciatura dei suoi capelli (anche se lei dice che si tratta della plica polonica, un’antica acconciatura polacca che risale al Cinquecento), Tokarczuk vive dal 1998 in un piccolo villaggio nei pressi di Nowa Ruda dove si trova anche Ruta, la sua casa editrice. Verosimilmente non “molto” gradita al partito governativo PiS (Diritto e Giustizia), l’autrice è membro di Partia Zieloni, il partito verde polacco ed è politicamente orientata a sinistra.
Insieme ad altre quattro scrittrici insignite del Nobel per la letteratura: l’austriaca Elfriede Jelinek, la bielorussa Svjatlana Aleksievič e la tedesca Herta Müller, è autrice di un appello rivolto ai leader delle istituzioni Ue Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, e David Sassoli, a capo del Parlamento, in segno di solidarietà verso i migranti bloccati al confine fra Bielorussia e Polonia. Riportato da Tommaso Di Francesco sul Manifesto dell’11 novembre scorso, l’appello afferma: “Per noi l’Ue è soprattutto una comunità morale basata sulle regole della solidarietà interpersonale (…) Comprendiamo che non è facile far fronte all’assalto della disperazione ai confini dell’Europa. Tuttavia, ciò che stiamo permettendo alla frontiera polacca non si adatta ai nostri valori fondamentali“. Le quattro scrittrici chiedono in questo modo il rispetto della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
Foto di copertina EPA/MARCIN GADOMSKI POLAND OUT