Nuove elezioni, vecchi partiti: la Bosnia al voto

Il 2 ottobre i cittadini bosniaci della Federazione di Bosnia Erzegovina e della Repubblica Srpska saranno chiamati alle urne per eleggere la nuova presidenza tripartita, attualmente composta da Šefik Džaferović (in rappresentanza della componente bosniaca della popolazione), Željko Komšić (per la componente croato-bosniaca) e Milorad Dodik (per la componente serbo-bosniaca), in un’atmosfera tesa per l’opinione pubblica.

Questo clima elettorale non è limitato alla sola presidenza: si eleggeranno anche i nuovi governi a livello nazionale, delle due entità e dei singoli cantoni.

Finanziamento pubblico ai partiti: il report 

Ad agosto, un report di Transparency International aveva rilevato più di 1.300 casi di infrazione delle leggi in materia di finanziamento pubblico ai partiti. L’alto numero di casi è stato oggetto di critica da parte non solo delle ong operanti sul campo, ma anche della stampa internazionale, a tal punto che la questione è giunta all’attenzione anche della Cec (Commissione centrale per le elezioni), che si è dovuta esprimere in merito. Tra le 36 denunce inviate figuravano, tra le infrazioni gravi, anche l’abuso di risorse pubbliche e di campagne elettorali premature. Sulla base di queste accuse e dei dati raccolti, la Cec ha stabilito che le denunce non sono applicabili (e quindi che partiti non sono perseguibili) poiché “il divieto di abuso di risorse pubbliche si applica solo al periodo della campagna elettorale ufficiale” ovvero nel mese che va dal 2 settembre al 2 ottobre. Ne consegue che l’uso di fondi pubblici per le cosiddette campagne elettorali premature non risulta illegale, poiché queste accuse risalgono al periodo precedente il mese di campagna elettorale ufficiale.

Promesse mancate e vecchi sfidanti

In tale contesto, sembra che i candidati e i partiti in lizza non abbiano presentato programmi particolarmente innovativi rispetto alle elezioni del 2018: un articolo pubblicato su BalkanInsight ha contestato l’alto numero di promesse non mantenute nel corso di quest’ultimo mandato presidenziale (2018-2022). Appare quindi evidente che i problemi non sono limitati all’uso fraudolento dei fondi pubblici per le campagne elettorali, ma sono di natura programmatica e politica, a cominciare dai candidati per la presidenza tripartita.

Se da una parte ci sono nomi noti come ad esempio Bakir Izetbegović e Željko Komšić, già rispettivamente membri della presidenza per la parte bosniaca (2010-2018) e croata (2018-2022) e a capo di partiti storici (Partito Democratico di Azione – SDA e Fronte Democratico Croato), dall’altra gli sfidanti sono meno conosciuti al pubblico internazionale, ma ben presenti sulla scena politica locale. I quattro candidati per la presidenza sono rispettivamente l’attuale presidente della Repubblia Sprska, Željka Cvijanović, un membro del Parlamento dell’entità serba, Nenad Nešić e un ex membro della presidenza tripartita, Mirko Šarović. Gli unici esponenti politici a non aver ricoperto una carica pubblica in uno dei diversi livelli di governo è il vicepresidente del Partito socialdemocratico

Da parte della rappresentanza bosniaca, si ritrova un contesto simile, dove l’unico “volto nuovo” è Mirsad Hadžikadić, direttore dell’Istituto dei sistemi complessi dell’Università della Carolina del Nord e capo del partito Piattaforma per il progresso.

Dispute irrisolte

Oltre alla carenza di figure politiche nuove o alternative, come risulta dai nomi degli sfidanti, i discorsi, i programmi elettorali e le proposte dei partiti sono influenzate da un crescente contrasto interno tra le forze politiche e la popolazione. Non da ultimo, la retorica nazionalista che evoca i ricordi della guerra bosniaca del 1992-1995 domina la campagna elettorale nella Federazione di Bosnia Erzegovina, mentre le spinte indipendentiste della Repubblica Sprska hanno inasprito le relazioni interne (tra le due entità) ed esterne (l’Unione europea) e quindi, la possibilità di un futuro nell’Ue.

In aggiunta alle già gravi tensioni, i partiti della Federazione contestano le regole che governano la competizione per i seggi della Camera dei popoli (uno dei due rami del Parlamento della Federazione di Bosnia Erzegovina), a causa del ribilanciamento tra il numero di seggi per “popolo costituente” e la proposta di una riduzione delle competenze della Camera. In tale frangente, dove ai disaccordi sull’assegnazione dei seggi si sommano denunce per lo sfruttamento delle risorse pubbliche e candidati presenti sulla scena politica da oltre un decennio, le elezioni nella Repubblica di Bosnia Erzegovina hanno tutti gli elementi di incertezza per il futuro del Paese nel contesto non solo regionale, ma anche internazionale.

*Articolo a cura di Letizia Storchi di redazione Europa de Lo Spiegone

Foto di copertina EPA/FEHIM DEMIR

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