Le parole “schiaffo” (sulla prima pagina di Libération) e “terremoto” (Les Echos) rimbalzano da un giornale all’altro per definire la giornata del 19 giugno, che ha indebolito Emmanuel Macron e ha destabilizzato l’insieme del quadro politico francese.
Domenica 19 giugno il corpo elettorale francese (48 milioni di persone) è stato chiamato alle urne per il secondo turno delle législatives, da cui scaturiscono i 577 membri dell’Assemblea nazionale.
Problemi e certezze delle elezioni
Dal punto di vista dell’Eliseo, ci sono tre certezze in mezzo a un mare di problemi:
1) la coalizione macronista Ensemble ha ottenuto (con 245 seggi su 577) la maggioranza relativa dei seggi alla nuova Assemblea nazionale
2) Macron è fresco di rielezione alla presidenza della Repubblica (solo due mesi fa) e può dunque vantare la propria legittimità politica
3) le istituzioni della Quinta Repubblica esaltano il ruolo del capo dello Stato. Detto questo, è chiaro che i francesi hanno dato “uno schiaffo” al presidente, provocando così “un terremoto” di cui è difficile prevedere tutte le conseguenze.
Astensione e provocazioni
Com’era accaduto in occasione del primo turno, la partecipazione al voto è stata bassissima : meno della metà degli aventi diritto si è recata ai seggi. La campagna elettorale si è focalizzata sui contraccolpi delle presidenziali più che sui reali problemi del Paese. Gli sconfitti di aprile (in particolare Jean-Luc Mélenchon a sinistra e Marine Le Pen a destra) hanno chiesto ai francesi di ridimensionare i poteri del presidente appena rieletto all’Eliseo. Mélenchon ha dominato questa campagna con una provocazione efficacissima sul piano mediatico : la richiesta di essere “eletto primo ministro” (anche se i primi ministri non vengono affatto eletti dal popolo). L’esito dei ballottaggi in parecchie circoscrizioni è stato condizionato proprio da questo desiderio, condiviso dall’opinione pubblica, di “mettere in guardia” e appunto di ridimensionare Macron. Così è stato.
I nuovi equilibri al Palais Bourbon
Mai, nella storia della Quinta Repubblica, la Francia ha avuto un Parlamento tanto frazionato e “complicato”. La coalizione macronista Ensemble ha 245 seggi, 44 in meno della maggioranza assoluta. I fedeli dell’Eliseo dominavano largamente la scorsa Assemblea e il loro crollo è una delle grandi conseguenze di queste elezioni. La seconda grande conseguenza del voto (novità da non sottovalutare) è il successo ottenuto da Marine Le Pen e dal suo Rassemblement national (RN), che con una crescita impressionante passa dagli otto deputati del 2017 agli 89 di oggi.
Le Pen ha condotto una campagna elettorale prudente (rispetto alle abitudini del suo partito) e ha vinto la sua scommessa. Non solo è arrivata al secondo turno delle presidenziali di aprile, ma (a differenza del 2017) è riuscita a non farsi massacrare alle législatives, dimostrando così che il RN è ormai radicato sul territorio e non è più un partito “diabolizzato” da gran parte dell’opinione pubblica.
La terza grande conseguenza del 19 giugno è il successo della coalizione di sinistra NUPES (Nuova unione popolare, ecologica e sociale) dominata da Jean-Luc Mélenchon, che ottiene 131 seggi, aumentando il peso della Gauche rispetto alla scorsa legislatura e spostandone il baricentro verso le posizioni più radicali. Questo successo era probabile e in realtà è stato inferiore a quanto molti prevedessero. Resta da vedere se questo schieramento resterà unito o tenderà a frazionarsi tra la sua componente più forte e più estrema (La France insoumise di Mélenchon) e quelle più tradizionali : Partito socialista, Partito comunista e Verdi.
Verso la coalizione a destra e il rimpasto?
E adesso ? Il futuro dipende dall’atteggiamento dei grandi sconfitti di questa lunghissima stagione elettorale : i neogollisti del partito dei Républicains, che vedono la loro rappresentanza all’Assemblea nazionale scendere da 100 a 64 seggi. Gli sconfitti potrebbero insomma trasformarsi in vincitori. Solo grazie ai neogollisti (a quel che ne resta), Macron potrebbe trovare una maggioranza assoluta in Parlamento.
In Francia non è facile arrivare ad accordi di coalizione all’italiana o alla tedesca e dunque quest’ipotesi va presa con molta cautela. Per di più il vertice dei Républicains non vuole affatto l’accordo con Macron. Tra le varie ipotesi c’è quella di una spaccatura (l’ennesima) dei Républicains , che però potrebbe non bastare sul piano dell’aritmetica parlamentare. Sullo sfondo c’è la possibilità di elezioni anticipate in autunno, che comporterebbe tuttavia un grosso rischio per Macron. Se, una volta sciolta l’Assemblea, il presidente fosse sconfessato dagli elettori, i partiti d’opposizione potrebbero chiedergli di essere lui ad andarsene.
La situazione è insomma molto incerta e confusa. Lo stesso governo di Elisabeth Borne sta per essere rimpastato o forse rimpiazzato. L’instabilità francese è senza dubbio una cattiva notizia anche per l’Europa, in un momento in cui Macron ha un ruolo di primissimo piano nelle iniziative per il rilancio dell’Ue.
Foto di copertina EPA/GONZALO FUENTES / POOL MAXPPP OUT