Le vittime senza giustizia della guerra nel Tigray

È passato circa un anno da quando Olusegun Obasanjo, alto rappresentante dell’Unione Africana per il Corno d’Africa, annunciava in conferenza stampa il cessate il fuoco l’esercito federale del governo dell’Etiopia e le forze del Tplf, il fronte di liberazione del Tigrè. Entrambe le parti avevano raggiunto un accordo dopo due anni di guerra. Ma la fine del conflitto non ha portato alla fine dei problemi: attualmente, molte persone non sono potute tornare a casa perché alcune parti del Tigray sono ancora occupate dalle forze eritree a nord e dalle milizie Amhara a ovest. Più di un milione di civili sono sfollati e vivono in campi necessitando assistenza sanitaria e aiuto.

In aggiunta, un altro fatto grave è emerso: un’indagine sostenuta dalle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Etiopia è destinata a scadere dopo che nessun paese si è fatto avanti per chiedere una proroga, nonostante i ripetuti avvertimenti riguardanti le gravi violazioni dei diritti umani che continuano ancora.

La fame come “arma da guerra”

Nel dicembre del 2021, dopo un anno dall’inizio della guerra, il Consiglio delle Nazioni Unite ha costituito una commissione ad hoc, l’International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia, per monitorare i crimini e le possibili violazioni dei diritti umani sia da parte dell’esercito federale che dalle milizie del Tigray. Uccisioni di massa, stupri diffusi e sistematici, violenze sessuali, schiavitù sessuale, fame deliberata come arma da guerra, sfollamenti forzati e detenzioni sono solo alcune delle accuse rilevate nel rapporto della commissione, tutti crimini di guerra e crimini contro l’umanità che resteranno impuniti. Oggi, i dati raccolti sono ancora incerti ma si stimano circa tra i 600 000 e gli 800 000 morti tra i civili di cui il 60% per fame.

Una delle tattiche di guerrapiù brutali, messa in atto dall’esercito federale dell’Etiopia, ha portato gli abitanti del Tigray a morire letteralmente di fame: isolando la regione, senza possibilità di ricevere cibo dall’esterno, i soldati dell’ENDF hanno iniziato a bruciare numerose fattorie, distruggendo e rubando le forniture necessarie per la semina, gli attrezzi, i fertilizzanti, con l’obiettivo di rendere impossibile avere risorse alimentari o produrre il proprio raccolto, in una regione dove l’80% della popolazione è costituita da agricoltori di sussistenza. Secondo il ministro delle Finanze etiope Ahmed Shide, i danni stimati a nord dell’Etiopia dalla battaglia arriverebbero a circa 20 miliardi di dollari per ricostruire tutto.

“Nonostante il cessate il fuoco, le cose sono peggiorate” è il racconto raccolto dalla BBC di una delle sopravvissute alla guerra che vive in un campo per sfollati nello Scirè, “Se hanno raggiunto un accordo gli sfollati dovrebbero essere tornati a casa, saremo voluti tornare a casa e cominciare a ricostruire, eravamo autosufficienti ma adesso cerchiamo aiuto. Qui non c’è assistenza sanitaria né acqua pulita.”, è la sua testimonianza.

Secondo Steven Rather, un esperto della Commissione per il Tigray, la fine del mandato rappresenta un “grande colpo” per le vittime in cerca di giustizia. “È essenziale che questo lavoro continui, e questo rapporto offre una risorsa dettagliata per sostenere la lotta contro l’impunità in Etiopia”, ha dichiarato ma l’attenzione internazionale non è rivolta verso l’Etiopia.

La guerra del Tigray in breve

Iniziata in Etiopia nel 2020, la Guerra del Tigray ha contrapposto le forze del governo centrale guidate dal Primo Ministro Abiy Ahmed alle Tigray Defense Forces (TDF), le forze paramilitari costituite dal Tigray People’s Liberation Front (TPLF) fino al 2022.

Il Tigray è una delle regioni settentrionali dell’Etiopia, nel Corno d’Africa, e ha avuto un ruolo decisamente importante nella storia del Paese: sia politicamente che economicamente, è stato un punto centrale e in crescita, soprattutto negli ultimi anni.

Il 20 settembre 2020 il Tigray People’s Liberation Front, il partito dominante dell’alleanza di potere che ha retto il governo negli ultimi trent’anni, aveva chiesto al National Election Board of Ethiopia di aiutare il Tigray a organizzare le elezioni regionali: al rifiuto di quest’ultimo, il TPLF organizzò le proprie elezioni regionali ma il Primo Ministro Abiy Ahmed, vincitore del Premio Nobel per la Pace 2019, non ne riconobbe la validità e vietò ai giornalisti stranieri di recarsi in Tigray per documentare le elezioni. La notte del 4 novembre 2020, il TPLF attaccò le basi militari in Tigray impossessandosi di quasi l’80% dei pezzi di artiglieria pesante dell’esercito etiope uccidendo migliaia di soldati e prendendo in ostaggio molti soldati dell’esercito federale.

Da allora e per tutto il 2021 e 2022, si sono verificati scontri che hanno portato la regione al collasso, con una situazione umanitaria senza precedenti, con sei milioni di persone che hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria e aggressioni e violenze sui civili da parte di entrambe le fazioni. La problematicità del conflitto ha radici lontane e gli eventi del 2020 rappresentano solo l’ultima parte di una serie di cause che hanno portato a questo. Per combattere questa guerra, entrambe le parti hanno trovato alleati interni e Stati terzi: il TPLF si è alleato con l’etnia Oromo, mentre il governo di Abiy Ahmed ha trovato sostegno dall’Eritrea e dalle milizie della regione Amhara.

Quella che agli occhi del mondo sembrava una guerra civile si è presto trasformata in una delle più grandi crisi umanitarie dell’ultimo secolo, con implicazioni su scala internazionale. Fino alla metà del 2021, l’esito della guerra sembrava incerto: le forze tigrine erano riuscite a difendere il loro territorio e ad avanzare fin quasi alla capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, un passo che avrebbe portato a un’incredibile svolta. Il 2022 si è rivelato però l’anno della svolta: dopo la violazione del cessate il fuoco ottenuto nel marzo dello stesso anno, l’esercito governativo, forte dell’acquisto di nuove armi, è riuscito a piegare le forze tigrine tra agosto e settembre.

L’esercito federale etiope e le forze del Tigray hanno firmato un accordo di pace in Sudafrica il 2 novembre 2022, con l’intervento dell’Unione Africana, dando inizio a un lento e incerto processo di transizione per stabilire una tranquillità duratura, con l’obiettivo di porre fine in modo duraturo agli atti di aggressione e di avviare un percorso di trasformazione verso le prossime elezioni.

foto di copertina EPA/STR

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