L’autorità e la forza di Friedrich Merz

Quello che è sicuramente riuscito a Friedrich Merz, in questa primissima esperienza di governo, è di aver dato un’impressione di forza e autorità che era mancata a chi lo aveva preceduto. Al contrario di Olaf Scholz, al quale veniva rinfacciata una certa opacità e una carenza di leadership sulla scena nazionale come su quella internazionale, Friedrich Merz ha mostrato meno tentennamenti. Il banco di prova è stato, come già per altri, l’incontro con il presidente americano: fin dall’incontro-agguato con Zelensky, i momenti pubblici con Trump sono diventati l’indicatore della leadership internazionale. Merz se l’è cavata indubbiamente bene, riuscendo a toccare anche temi molto delicati (la memoria della guerra, i rapporti transatlantici) senza cadere in trappole retoriche.

Molti però sono i nodi da sciogliere e i banchi di prova per il cancelliere cristiano-democratico, in un contesto internazionale che, con l’accelerazione diplomatica sul fronte di Gaza, mette la Germania particolarmente sotto pressione. Bisogna infatti tenere presente che l’attuale governo tedesco, pur essendo a trazione cristiano-democratica, è sempre un governo di coalizione, con una dialettica interna peraltro accentuata dalla infinita transizione interna che caratterizza i socialdemocratici.

Il Cambiamento della CDU: Dall’Era Merkel al Conservatorismo di Merz

La vittoria elettorale di Merz ha certamente voluto dire cambiamento, da intendersi non solo rispetto alla precedente coalizione semaforo, ma anche rispetto alla precedente linea cristiano-democratica di Angela Merkel. Lo si è visto su alcuni dossier strategici: ad esempio, quello migratorio, in cui Merz, anche per evitare di perdere consensi a favore di Alternative für Deutschland, ha operato una forte stretta. Da ciò si vede che la CDU di Merz è profondamente mutata rispetto a quella dell’era Merkel: il partito si configura e si presenta agli elettori come una forza più chiaramente definita in senso conservatore, facendo venire meno le tendenze ondivaghe del decennio precedente.

Politica Estera: Continuità e Cautela Strategica

Ma è anche vero che, su altri dossier strategici, il governo tedesco ha dovuto agire con continuità e, soprattutto, con cautela. Lo si è visto, ad esempio, nel modo in cui Merz ha proseguito la politica di sostegno all’Ucraina, confermando gli impegni presi e facendo ulteriori aperture di credito nei confronti di Kiev. La cautela è stata il principio ispiratore nei rapporti con gli Stati Uniti. Nei negoziati commerciali Berlino ha sempre sostenuto la necessità di evitare strappi, nella convinzione che un cattivo accordo può essere sempre migliorato, mentre la ricostruzione di un rapporto interrotto rappresenta una sfida ben più difficile. Sul fronte dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, il governo tedesco mira peraltro a giocare un ruolo di primo piano, come mostrato dalla visita che il ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, ha condotto negli Stati Uniti. La ragione di questo attivismo è duplice: da un lato vi è l’ambizione ad avere un ruolo di guida tra i governi europei, pur senza scavalcare la Commissione europea, dall’altro vi sono priorità di ordine nazionale. In particolare, la Germania vuole evitare danni troppo rilevanti per il settore automotive, la cui crisi sta avendo effetti dirompenti, sia reali che percepiti, sull’economia nazionale.

Sfide Interne ed Europee: Pragmatismo e Contraddizioni

Quello che emerge, nel modus operandi del nuovo governo, è una tendenza a procedere con pragmatismo e moderazione sulla scena internazionale, accettando anche una serie di contraddizioni momentanee. A rendere problematica questa linea sono però sia fattori interni che internazionali. Sul fronte interno la ritrovata unità della CDU (soprattutto dopo la non brillante transizione del dopo-Merkel) va bilanciata con le fibrillazioni che caratterizzano l’SPD. Qui la guida di Klingbeil non appare al momento così salda e, soprattutto, il partito si va dividendo su alcuni temi fondamentali. È indicativo, ad esempio, il fatto che stiano emergendo una serie di orientamenti contrastanti circa l’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia. Sul fronte internazionale la Germania deve poi confrontarsi con le priorità (e anche con gli stili) degli altri leader europei.

Guardando a questi primi passi del governo Merz, si ha l’impressione che il cancelliere tedesco abbia voluto rimarcare la centralità del dialogo con la Francia, sottolineando come l’asse Parigi-Berlino, che a molti appariva inceppato, girasse ancora alla perfezione. Non è però da escludersi che la strada immaginata a Berlino non corrisponda pienamente con quella pensata a Parigi. Lo si vede, in particolare, su due grandi questioni: quella palestinese e quella dei rapporti con gli Stati Uniti. Sul primo versante si vede come la Germania avesse impostato una linea molto cauta (per certi versi simile a quella italiana), che è però apparsa superata a causa dell’attivismo franco-britannico, che ha peraltro fornito all’SPD un argomento di pressione all’interno dell’esecutivo. Nei rapporti con gli Stati Uniti, si deve tenere presente che, come mostrato dalla storia di lungo periodo, l’approccio tedesco ai rapporti transatlantici è strutturalmente diverso da quello francese. Questo può tradursi in una serie di divergenze circa la linea da tenere nelle trattative tariffarie nonché, più in generale, nei confronti dell’amministrazione Trump.

Consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali, docente presso la Luiss Guido Carli di Roma e l’Università per Stranieri di Perugia.

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