La spirale suicida della Gauche verso le presidenziali

Le prime elezioni del presidente della Repubblica francese a suffragio universale si svolsero nel 1965 e mai, in questo periodo, la sinistra transalpina è stata debole come oggi. Questa facile constatazione è la prima tra quelle che si possono formulare a cinque mesi dalle prossime presidenziali. La Gauche è divisa e disorientata.

È debole non solo nei sondaggi, che possono sempre cambiare. Lo è nelle proprie percezioni e nelle proprie convinzioni. Manca di fiducia in sé stessa. È d’accordo nel criticare Macron; troppo poco per costruire quello che un tempo si chiamava “Programma comune”.

I sondaggi sono tanto impietosi quanto sostanzialmente concordi. A parte i due candidati della sinistra estrema (i trotzkisti rivali Nathalie Arthaud e Philippe Poutou, i cui voti sommati possono arrivare all’1%) saranno presenti al primo turno il comunista Fabien Roussel (a cui i sondaggi danno intorno al 2%), il leader della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon (9%), la candidata ufficiale del Partito socialista e sindaca di Parigi Anne Hidalgo (5%), l’ex ministro socialista Arnaud Montebourg (2%) e il leader dei Verdi, Yannick Jadot (7 per cento). Il totale oscilla tra il 26% e il 28%.

La contemporanea presenza di tre candidature come Mélenchon, Jadot e Hidalgo priva la sinistra (salvo clamorose sorprese) della possibilità di portare un proprio esponente al secondo turno presidenziale. In questo clima i comunisti non hanno nulla da perdere presentando un proprio candidato di bandiera e persino l’emarginato Montebourg può sognare una resurrezione come possibile outsider, interprete di posizioni critiche nei confronti dell’attuale costruzione europea.

La Gauche forte sui territori

La sinistra francese ha ottenuto nel suo insieme buoni risultati alle elezioni regionali di quest’anno (conquistando cinque regioni sulle tredici della Francia metropolitana) e a quelle comunali del 2020 (mantenendo o conquistando l’amministrazione di Parigi, Marsiglia e di altri grandi centri). I partiti che la compongono, in particolare socialisti e Verdi, dispongono di un solido radicamento locale e vengono apprezzati dai cittadini quando si tratta di gestire le amministrazioni territoriali. A Parigi, Anne Hidalgo è stata rieletta sindaca di fronte a una destra neogollista che nella capitale rimane forte. Eppure, sul piano nazionale la Gauche dà l’impressione di essersi incanalata in una spirale masochista, se non proprio suicida.

Perché? Oggi in Francia sono in tanti a criticare il presidente Emmanuel Macron, ma sono ancor di più a pensare che sarà rieletto. Per sognare il secondo turno, la Gauche avrebbe bisogno di un solido accordo politico, con rinunce che nessuno tra i suoi membri ha la volontà e neanche la forza di fare. I partiti, soprattutto quelli di sinistra, parlano delle presidenziali guardando anche (forse soprattutto) verso le elezioni successive: le “legislative”, che si svolgeranno nel giugno 2022 e che porteranno al rinnovo dei 577 membri dell’Assemblea nazionale (solo ramo del Parlamento eletto a suffragio universale diretto). I giochi per comporre una maggioranza parlamentare potrebbero essere molto più aperti e complicati di quanto accadde nel 2017, quando il successo macronista fu nettissimo.

Socialisti, Verdi, “mélenchonisti” e comunisti (con l’aggiunta dell’ex socialista Montebourg, intento a coltivare il suo orticello) concepiscono le presidenziali dell’aprile 2022 come un passaggio obbligato verso le legislative di due mesi dopo, quando si capirà davvero il loro peso politico nella prossima legislatura.

Presidenziali o primarie?

Tra i sette candidati di sinistra, uno solo è frutto di un vero (e spigoloso) dibattito politico snodatosi attraverso la selezione di autentiche primarie. Si tratta del leader dei Verdi Yannick Jadot, 54 anni, che vinse già le primarie ecologiste di cinque anni fa, ma che si ritirò nel nome dell’unità delle sinistre a favore del candidato socialista Benoît Hamon (che al primo turno presidenziale superò a stento il 6%).

Alle primarie ecologiste dello scorso settembre, Jadot ha avuto la meglio d’un soffio (51 contro 49%) sulla leader femminista-ambientalista Sandrine Rousseau, portavoce di una sinistra woke, in cui i temi della parità di genere, dell’impegno Lgbtq+ e della lotta ai cambiamenti climatici aumentano il proprio peso, in pratica a scapito delle considerazioni care alla sinistra tradizionale. Adesso Jadot intende andare fino in fondo.

Lo scontro Jadot-Mélenchon-Hidalgo al primo turno delle presidenziali dirà chi può essere il futuro leader della sinistra francese nel suo insieme (anche se nessuno dei tre si qualificherà per il secondo turno). In pratica le presidenziali di aprile saranno (al primo turno) le vere primarie della sinistra. Poi i partiti della Gauche si metteranno alla ricerca di convergenze per le elezioni legislative. Ma questa è un’altra storia.

Foto di copertina EPA/LUDOVIC MARIN

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