Sia l’Italia che l’Unione Europea hanno reso i rimpatri un caposaldo di una politica migratoria efficace, oltre a cercare di prevenire le partenze. Tuttavia, uno sguardo ai numeri rivela una realtà molto diversa. Nel 2022, in Italia, solo 2.790 migranti irregolari sono stati effettivamente rimpatriati su un totale di 28.185 ordini di rimpatrio emessi, con un tasso pari al 9,9%. I dati disponibili per i primi due semestri del 2023 mostrano solo un lieve miglioramento, con un tasso di rimpatrio del 12,3%. Sebbene a livello europeo la situazione possa sembrare più positiva, con un tasso di rimpatri effettivi rispetto agli ordini emessi del 21% nel 2022, il quadro non può comunque considerarsi soddisfacente. Da questo emerge come, nonostante l’enfasi politica sui rimpatri, la maggior parte delle persone a cui non viene riconosciuto il diritto d’asilo non ritorni effettivamente nel proprio paese d’origine.
I rimpatri in cifre
A livello europeo, il rapporto tra ritorni effettivi dopo un ordine di rimpatrio e ordini emessi nello stesso anno è diminuito nel tempo. Questo valore, che nel 2013 era del 43,1%, è sceso al 20,8% nel 2022. Emergono poi enormi differenze a livello nazionale.
Nonostante la Francia emetta il maggior numero di ordini di rimpatrio, Parigi riesce effettivamente a rimpatriare un numero molto limitato, approssimativamente il 17% nel periodo 2008-2022. L’Italia non spicca certamente tra i paesi ‘virtuosi’ in termini di rimpatri, con una performance che oscilla tra l’8,8% e il 25% nel periodo 2008-2022. Invece, nello stesso periodo, la Germania registra un tasso di rimpatri effettivi del 67%.
In ogni caso, nonostante le disparità tra i vari paesi europei, è chiaro che nessun paese membro si avvicina a raggiungere un tasso del 100% in termini di rimpatri effettivi su ordini di rimpatrio. In generale, l’obiettivo di garantire una politica di rimpatrio efficace sembra ancora essere lontano dall’essere raggiunto.
Le difficoltà dei rimpatri e il Piano europeo
Dato il basso rendimento europeo in materia di rimpatri, il Nuovo patto sulla migrazione e sull’asilo proposto dalla Commissione Europea nel 2020, che si propone di riformare l’intero sistema di accoglienza e asilo a livello europeo, sottolinea proprio la necessità di adottare strumenti efficaci per aumentare i rimpatri.
Tra le problematiche evidenziate che ostacolano una politica di rimpatri efficace, e che il nuovo piano europeo mira a contrastare, emergono lacune procedurali nei sistemi di asilo e rimpatrio, inefficienze nei sistemi di rimpatrio nazionali e una mancanza di armonizzazione a livello europeo.
Le proposte originarie della Commissione miravano proprio a migliorare i meccanismi interni introducendo, tra le altre cose, la pratica obbligatoria di procedure rapide alle frontiere, l’istituzione di un coordinatore dell’Unione europea per la politica di rimpatrio, la promozione di rimpatri volontari e l’istituzione di una nuova forma di solidarietà tra i paesi membri sotto forma di sostegno logistico e finanziario nei rimpatri, i cosiddetti ‘paesi sponsor’.
Queste proposte sono state accolte solo in parte dagli stati membri. I recenti negoziati a livello europeo, con un netto impegno da parte dell’Italia, hanno ad esempio allentato le regole per l’identificazione dei ‘paesi sicuri’ verso cui i rimpatri possono essere effettuati, riconoscendo che questi criteri saranno stabiliti a livello nazionale e includendo in questo modo, almeno nelle intenzioni italiane, anche i paesi di transito come la Tunisia. Queste nuove regole conferiscono maggiore autonomia e flessibilità ai singoli paesi membri, sia nell’identificazione dei paesi sicuri, sia nella verifica del legame tra migrante e paese, potenzialmente aumentando il numero di paesi verso cui è possibile effettuare un rimpatrio.
La necessità di cooperazione con i paesi terzi
Tuttavia, al di là delle varie problematiche interne, emerge chiaramente un altro punto. A livello europeo, le nazionalità per cui vengono emessi il maggior numero di ordini di rimpatrio non coincidono con quelle per cui si registrano il maggior numero di ritorni effettivi. Nel periodo 2013-2022, Marocco, Albania e Algeria sono i paesi di origine con il maggior numero di ordini emessi, mentre Serbia, Albania e Ucraina sono quelli con il maggior numero di rimpatri effettivi. Le principali cause di questa discrepanza, che possono contribuire al fallimento delle politiche di rimpatrio, sono legate alla presenza (o assenza) di accordi di riammissione con i paesi di origine.
Per Serbia, Albania e Ucraina, esistono tali accordi, mentre per il Marocco, paese di origine del maggior numero di migranti irregolari in Europa, i negoziati per un accordo di questo tipo sono iniziati nel 2000 senza giungere a soluzioni concrete. Lo stesso si può dire per l’Algeria, dove i negoziati sono iniziati nel 2002 senza essere conclusi. Queste dinamiche si riflettono in Francia, dove vengono emessi il maggior numero di ordini di rimpatrio verso cittadini marocchini e algerini, con pochi effettivi rimpatri. In Germania, invece, il maggior numero di ordini di rimpatrio è verso cittadini serbi e albanesi, paesi con cui l’UE ha accordi di riammissione rispettivamente dal 2008 e 2006, spiegando forse il tasso di rimpatrio più elevato di Berlino.
In Italia, la maggior parte degli ordini di rimpatrio riguarda cittadini marocchini, tunisini, e albanesi. Nelle intenzioni del governo, il memorandum tra UE e Tunisia dovrebbe quindi migliorare la situazione italiana in materia di rimpatri. In ogni caso, è evidente che la cooperazione con i paesi terzi rappresenta un nodo cruciale da affrontare.
I legislatori europei e italiani sembrano aver compreso il punto e, oltre alle riforme menzionate in precedenza, mirano a intensificare la cooperazione con i paesi terzi, sfruttando tutti i mezzi a disposizione dell’UE, dalla politica allo sviluppo e alla possibile leva del codice dei visti, come emerge dalle conclusioni del Consiglio europeo di febbraio 2023. Nel settembre 2023, il vicepresidente Schinas si è recato in Africa per negoziare la questione rimpatri con Guinea, Costa d’Avorio e Senegal. Tuttavia, i recenti sforzi dell’Unione Europea in questo campo dimostrano come ottenere la cooperazione dei paesi terzi sia più facile a dirsi che a farsi. Ad esempio, nel memorandum tra UE e Tunisia, firmato nel luglio 2023, l’Unione Europea, con l’Italia in prima linea, mirava a ottenere l’approvazione per il trasferimento di cittadini terzi verso paesi di transito come la Tunisia. Tuttavia, la Tunisia stessa si è opposta a questo piano, confermando la sua cooperazione sui rimpatri, ma soltanto per i cittadini tunisini.
Nonostante le difficoltà nel negoziare accordi con i paesi terzi, gli sforzi europei devono concentrarsi proprio su questo. Il punto cruciale rimane sempre lo stesso: anche se le riforme interne, sicuramente necessarie, possono portare a un miglioramento dei meccanismi di rimpatrio, senza una chiara cooperazione con i paesi d’origine, l’intensificazione dei rimpatri risulta essere una sfida persa in partenza.