La nuova Strategia di Sicurezza Usa e il distacco dall’Europa

Non è necessario leggere la nuova Strategia di Sicurezza per accorgersi che l’Europa è ormai lontana dal centro degli interessi e delle preoccupazioni del Presidente Trump. Semmai, si può osservare che, per essere “strategica”, la nuova dottrina Usa di strategico ha ben poco.

Nella parte del documento dedicata all’Europa si parla vagamente della Nato – che pure è il fulcro dei rapporti transatlantici e solo – per dire che il futuro dell’Alleanza non sarà quello di una sua perpetua espansione (sinora predicata soprattutto dagli Usa) e che nei prossimi decenni alcuni paesi Nato saranno “a maggioranza non europea” e quindi, probabilmente, meno qualificati per appartenervi. Non si parla, invece, dei veri problemi strategici: del futuro della presenza militare americana in Europa, della deterrenza sia convenzionale sia nucleare, del ruolo degli europei in tale contesto.

Il cambio di strategia trumpiana verso l’Unione europea

La nuova “strategia” trumpiana sull’Europa è diametralmente opposta a quella seguita sinora dagli Usa, impostata sulla cooperazione e l’alleanza tra l’America e l’Unione europea. Il nome stesso di quest’ultima viene menzionato nel documento una sola volta e in termini decisamente dispregiativi.

È difficile pensare che Trump e i suoi consiglieri non si accorgano che l’America, nel prendere le distanze dall’Europa, non faccia altro che aiutare a realizzare il sogno da sempre perseguito dalla Russia, sia sovietica che putiniana, di creare una frattura tra le due sponde dell’Atlantico: isolare e indebolire l’Europa per rafforzarsi poi nel confronto con un’America a sua volta isolata e indebolita.

Il vertice Nato dell’Aja e l’articolo 5

Il deludente vertice della Nato tenutosi all’Aja nel giugno scorso si è limitato a stabilire un legame tra l’impegno degli alleati a raggiungere una quota altissima (il 5% del PIL per le spese di difesa) e una riaffermazione “ferrea” (iron clad) dell’articolo 5 sulla difesa comune.

Ma Trump ha in varie circostanze espresso scetticismo proprio sull’articolo 5, la cui credibilità viene sminuita proprio dal legame da lui stesso imposto tra la sicurezza collettiva e l’aumento delle spese europee per gli armamenti.

Il comunicato dell’Aja lascia in sospeso la validità del resto della dottrina strategica della Nato sinora concordata. Nulla si dice del coordinamento e pianificazione militare congiunta, inclusa quella nucleare, delle esercitazioni comuni, dell’armonizzazione degli armamenti e delle strutture di comando, controllo e intelligence.

La presenza militare Usa in Europa e la deterrenza nucleare

A ciò si è sempre aggiunta una presenza fisica sul suolo europeo di soldati Usa che oggi ammonta, tra forze permanenti e in rotazione, a circa 100.000 uomini. Un ruolo centrale è sempre stato riservato alla dissuasione nucleare esercitata in primo luogo dagli Stati Uniti: “la suprema garanzia di sicurezza degli alleati – recita la dottrina Nato – è data dalle forze strategiche nucleari dell’Alleanza, in particolare quelle degli Stati Uniti”.

Ha sempre fatto parte della dottrina Nato anche un capitolo dedicato al controllo degli armamenti e a un tema su cui l’Alleanza ha sempre deliberato congiuntamente: quello del Trattato di Non proliferazione nucleare del 1970 (TNP), che prevede che solo cinque Stati (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) abbiano titolo per possedere l’arma nucleare. Neanche questo tema viene toccato nella strategia.

La questione ucraina

Ancora più preoccupanti sono i termini del documento della Casa Bianca per quanto si riferisce all’Ucraina, quasi come se il futuro di tale Paese non riguardasse più gli Stati Uniti. È unanime oggi la condanna della Russia per avere violato clamorosamente il suo impegno di garantire “l’integrità territoriale e l’indipendenza politica” dell’Ucraina ai sensi del Memorandum sottoscritto a Budapest nel 1994.

Pochi ricordano che tale accordo fu sottoscritto non solo da Mosca ma anche da Washington che è, dunque, chiamato ad assicurare all’Ucraina quelle esistenziali garanzie di sicurezza che le furono date in cambio della rinuncia di Kyiv (di cui si morde ora le mani) alle armi nucleari dislocate sul proprio territorio e della sua adesione, come Paese non nucleare, al TNP.

Il dilemma della non proliferazione nucleare per l’Europa

Le esitazioni che ebbe Kyiv prima di rinunciare all’arma nucleare fanno tornare alla mente analoghe incertezze che ebbero vari paesi europei, Italia in primis, all’inizio degli anni 70 sul dilemma se aderire o meno al TNP. Un dilemma che indusse l’Italia ad aderirvi solo 5 anni dopo la sua entrata in vigore. Fu determinante per la scelta, poi adottata unanimemente da tutti i paesi Nato (chi prima e chi dopo), di aderire al TNP basandosi principalmente sulla fiducia nella garanzia di sicurezza offerta proprio dall’articolo 5 della Nato e quindi dal suo “azionista di maggioranza”, gli Stati Uniti.

Se vi è un argomento su cui vi è stata finora totale convergenza tra Stati Uniti e Europa, come anche tra Nato e Unione europea, è quello del totale sostegno alla politica di non proliferazione nucleare. Il possibile venir meno della fiducia nella perdurante tenuta dell’articolo 5 obbligherebbe l’Unione europea a scelte alternative per garantire la sicurezza dei suoi membri.

L'Ambasciatore Trezza ha presieduto il Missile Technology Control Regime, la Conferenza sul disarmo a Ginevra e l'Advisory Board del Segretario generale delle Nazioni Unite per le questioni del disarmo a New York. È stato Ambasciatore d'Italia per il disarmo e la non proliferazione, e Ambasciatore della Repubblica di Corea. Attualmente coordina il gruppo italiano dell'European Leadership Network (ELN).

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