La Nato ha svolto e svolge tre funzioni fondamentali e strategiche per gli interessi nazionali dell’Italia. In primo luogo, mantiene la pace tra i 32 Stati membri. Può sembrare oggi banale, ma non lo è affatto considerando la riconciliazione tra i Paesi fondatori che si erano combattuti in due guerre mondiali, e quella tra Slovenia, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord oggi parte della Nato dopo la guerra civile jugoslava degli anni Novanta. Se le tensioni ricorrenti tra Grecia e Turchia, su Cipro e non solo, non sono sfociate in un conflitto lo si deve principalmente alla Nato. Così come l’ingresso dell’Alleanza ha prevenuto dispute territoriali tra i Paesi dell’ex Patto di Varsavia crollata l’Unione Sovietica. Un ruolo simile è stato svolto dall’Unione europea tramite l’allargamento post-Guerra Fredda, che è avvenuto finora in Europa orientale e sud-orientale solo successivamente o parallelamente a quello alleato – una lezione da tenere a mente rispetto al processo di adesione dell’Ucraina all’Ue. Nell’Europa post-Brexit, è il miglior formato per la cooperazione tra i Paesi Ue e il Regno Unito (nonché la Norvegia) sulle questioni fondamentali di sicurezza e difesa. E tuttora l’Alleanza costituisce un argine e un’ancora rispetto a derive autoritarie come quelle ungherese e turca, mantenendo Istanbul agganciata al blocco occidentale. In definitiva, la Nato è e rimane la pietra di volta dell’architettura di sicurezza regionale che mantiene la pace dell’area euro-atlantica, anche perché è il mezzo principale per tenere gli Stati Uniti (e il Canada) agganciati all’Europa rendendo indivisibile e più solida la sicurezza dei due continenti.
La NATO tra pace interna e deterrenza
La seconda funzione fondamentale della Nato rispetto agli interessi nazionali dell’Italia è dissuadere ex ante un attacco russo e, se questo avvenisse, difendere efficacemente i Paesi membri tramite l’attivazione dell’articolo 5 del Trattato di Washington. Deterrenza e difesa collettiva sono profondamente radicate nel DNA dell’alleanza e nei suoi primi 40 anni di storia. Dal 1991 in poi la Nato ha avviato partenariati con Mosca e con tutti gli stati ex sovietici, culminati con l’istituzione del Consiglio Nato-Russia nel vertice di Pratica di Mare del 2002. Anche in questo trentennio di dialogo e cooperazione con la Federazione Russa, l’alleanza è rimasta una “polizza di assicurazione” rispetto al rischio di una deriva autoritaria e aggressiva di Mosca, che purtroppo è avvenuto con l’invasione della Georgia e poi a più riprese dell’Ucraina. La guerra in corso in Europa rende tale polizza di assicurazione tragicamente fondamentale per l’Italia e tutti i Paesi europei, e in modo strutturale per il prossimo futuro. In primo luogo perché la Nato è il principale ostacolo a un possibile attacco russo alle Repubbliche Baltiche, per decenni sotto il controllo di Mosca: attacco che rappresenterebbe una guerra contro tutti gli stati membri Ue e Nato oppure, nel caso gli alleati abbandonassero gli aggrediti all’aggressore, la fine di entrambe le organizzazioni, e quindi del mercato interno europeo, dell’euro, e della prosperità garantita all’Italia dalla suddetta architettura di sicurezza regionale. In secondo luogo, la deterrenza e difesa collettiva assicurate dalla Nato permettono agli europei di respingere o per lo meno limitare i ricatti russi, e quindi di poter decidere autonomamente la diversificazione energetica, le sanzioni commerciali a Mosca o l’aiuto militare all’Ucraina. I singoli Paesi Ue non avrebbero tale autonomia, e quindi tale sovranità, rispetto all’aggressività russa senza lo scudo Nato.
Kosovo, Mediterraneo e Iraq: le missioni dell’Alleanza
L’alleanza ha svolto una terza funzione fondamentale per l’Italia soprattutto dagli anni Novanta in poi, rispetto alle missioni di gestione delle crisi e di stabilizzazione. Si tratta di una fase storica in gran parte chiusa con il drammatico ritiro dall’Afghanistan nel 2021 e con l’invasione dell’Ucraina che ha attirato la quasi totalità dell’attenzione Nato sul fianco est a discapito del fianco sud. Rimangono tuttavia nel Mediterraneo allargato tre missioni alleate di lungo corso tuttora importanti per l’Italia. La prima è in Kosovo, dove gli scontri del 2023 e le ricorrenti tensioni tra autorità kosovare e serbe sottolineano quanto la missione Nato KFOR sia importante per mantenere una cornice di stabilità e sicurezza nei Balcani – una regione tanto vicina agli interessi nazionali italiani quanto lontana da una definitiva pacificazione e integrazione nell’UE. La seconda missione è Sea Guardian, operazione di sicurezza marittima nel Mar Mediterraneo il cui mandato spazia dalla prevenzione di attacchi terroristici al partenariato con i Paesi della sponda sud, dalla protezione delle infrastrutture critiche subacquee al contrasto della minaccia navale e sottomarina russa. La terza missione rilevante per gli interessi nazionali italiani è la Nato Training Mission Iraq, in un Paese importante per la stabilità in Medio Oriente e che è diventato tra le prime fonti di approvvigionamento energetico per l’Italia. Negli ultimi anni la Nato non ha lanciato nuove missioni fuori area e verosimilmente non lo farà nel prossimo decennio, perché quasi totalmente concentrata sulla minaccia russa, quindi Roma deve trovare altri formati per agire nel Mediterraneo allargato, come avvenuto con la missione Ue Aspides nel Mar Rosso. Ma le tre missioni in corso sul fianco sud restano importanti per gli interessi nazionali, e non a caso l’Italia ha assunto a più riprese il comando sia di KFOR che della Nato Training Mission Iraq.
In definitiva, integrando Paesi membri che si sono combattuti per secoli, e in alcuni casi fino a pochi decenni fa, assicurando la deterrenza e difesa collettiva rispetto alla minaccia russa che con l’invasione dell’Ucraina è diventata molto più grave e imminente, e contribuendo alla stabilizzazione del Mediterraneo allargato in Kosovo, Iraq e nello stesso Mare Nostrum, la Nato garantisce quella cornice di pace, sicurezza, stabilità e cooperazione strategica grazie alla quale hanno prosperato l’economia e la società italiana, ed europea, negli ultimi 75 anni.