La Grecia approva i matrimoni tra persone dello stesso sesso

Per quanto possa sembrare paradossale sotto il profilo linguistico, un tema come quello delle unioni civili divide anziché unire in tutti Paesi. Questo in Grecia è accaduto in maniera esponenziale: dallo scorso febbraio, infatti, il matrimonio tra persone dello stesso sesso è divenuto legge.

Dal punto di vista politico, la Grecia è guidata da un governo di centrodestra e il Primo ministro, Kyriakos Mitsotakis, è leader del partito Nuova Democrazia. All’interno del Parlamento, Vuli, la maggioranza è assoluta. La proposta di legge è stata approvata con 176 voti a favore, 76 contrari e 2 astenuti, mentre 1/6 dei parlamentari era assente. “La Grecia è il 16° Paese dell’Unione Europea che ha votato questa legge che riconosce una realtà”, ha affermato il Mitsotakis, sottolineando come questa decisione rispecchi la Grecia di oggi: moderna, progressista e volta alla difesa dei valori europei.

Determinanti i voti dei partiti di opposizione

Di fronte a questa legge, il partito di maggioranza Nuova Democrazia si è diviso: la frangia più reazionaria, guidata dall’ex premier Antonis Samaras, ha votato contro perché in contrasto con i valori di un partito conservatore e fedele alla Chiesa; l’ala liberale guidata dal Presidente della Vuli, Kostas Tasoulas, ha invece motivato il suo voto favorevole affermando che i valori giuridici e morali di un matrimonio valgono a prescindere dal sesso. “Voto sì non malgrado io sia conservatore, ma proprio perché sono un conservatore”: il partito al governo, dunque, vede questa divisione non come una spaccatura, ma come pluralismo.

Sono tre, invece, i partiti dell’opposizione che hanno votato a favore: una parte dei socialisti del Pasok, la sinistra radicale di Syriza e la sinistra di Pléfsi Eleftherías (Rotta di Libertà). In generale, la stampa e l’opposizione di sinistra rimproverano a Mitsotakis il fatto che 1/3 del suo partito ha votato contro e che le settimane che hanno preceduto la discussione sono state caratterizzate da toni omofobi provenienti da esponenti del suo partito, dai partiti di estrema destra e, soprattutto, dalla Chiesa ortodossa – il cui carisma in Grecia è paragonabile a uno Stato nello Stato.

Syriza è il partito della sinistra radicale guidato fino allo scorso luglio dall’ex premier Alexis Tsipras che si è dimesso all’indomani della sconfitta elettorale. Al congresso di settembre gli è succeduto, con sorpresa degli stessi militanti, il fino ad allora sconosciuto Stefanos Kaselakis, tornato in Grecia dagli Usa, dove ha regolarizzato l’unione con suo marito. La sinistra di Pléfsi Eleftherías, essendo nata da una costola di Syriza per iniziativa dell’ex presidente del Parlamento, ne condivide i medesimi valori. Il voto dei socialisti del Pasok è risultato, invece, diviso: si tratta, infatti, di un grande partito che, insieme a Nuova Democrazia, si è alternato al governo per quarant’anni, raccogliendo dunque al suo interno diverse anime.

Quello che può stupire è, invece, il voto contrario dei comunisti del KKE, anche se solo in apparenza poiché la linea politica del partito vede nell’istituto giuridico del matrimonio una convenzione dello stato borghese.

In conclusione, la sinistra giudica opportunista il voto favorevole dei conservatori di Nuova Democrazia perché il richiamo ai valori europei è il grimaldello che gli stessi parlamentari useranno per aprire la porta alle università private, che di fatto scardineranno quelle pubbliche. L’università pubblica in Grecia gode, infatti, di un’importanza storica e sociale e, anche in questo caso, in tutto il Paese, non sono mancati i cortei di studenti scesi in piazza. Dal canto suo invece, la destra rimprovera alla sinistra di essere europeista a intermittenza. Sotto il profilo politico si sta, dunque, giocando un derby tra liberalismo e liberalità, che, al contrario del primo, non nega lo stato sociale.

La forte opposizione della Chiesa ortodossa in Grecia

Come un micro Stato che si rispetti, la Chiesa ortodossa ha avuto un atteggiamento “istituzionale”, con l’Arcivescovo di Atene, capo supremo, che ha dichiarato che ogni istituzione deve svolgere i propri compiti. Altri vescovi sono, invece, usciti allo scoperto intimando ai parlamentari che “chi vota sì è fuori dalla Chiesa“. Il Metropolita del Pireo è stato il più esplicito, affermando che i parlamentari della sua diocesi si sono posti al di fuori della Chiesa votando una legge che va contro la legge di Dio e del Creato. Non sono mancate, infine, campagne di stampa e associazionismo affisse all’interno delle chiese con manifesti inneggianti alla famiglia tradizionale.

“Il prete faccia il prete, il contadino il contadino (papàs papàs, zevgàs zevgàs)”, ha affermato il Primo ministro, rispondendo alle obiezioni con un proverbio che rimarca come ognuno debba fare il proprio mestiere. Proverbio che, in lingua greca, si presta anche ad un gioco di parole: zevgàs ha, infatti, la stessa radice di zevgàri, coppia.

I cambiamenti a livello giuridico amministrativo

Secondo le direttive della circolare emanata dal ministro dell’Interno, nei certificati di nascita verrà inserito l’apposito spazio “padre/padre” e “madre/madre” e, in maniera analoga, nei certificati di matrimonio, nello spazio riservato ai coniugi, verrà inserita la casella “uomo/uomo” e “donna/donna”.

Cose normali per quei paesi dove questo tema è un fatto acquisito, ma rivoluzionarie per un paese la cui Costituzione è promulgata “nel nome della Santa Trinità”. Ecco dunque che anche la Grecia disciplina la pagina di una realtà sociale che era già aperta ma poco scritta.

Il giorno dopo l’entrata in vigore, i media hanno dato tanto spazio al primo matrimonio a Nea Smirni tra un avvocato e un ortopedico per i quali “non è cambiato nulla, stiamo insieme da vent’anni e abbiamo tre figli”. La prima telefonata di congratulazioni è stata proprio quella di Mitsotakis.

Ultime pubblicazioni