Se il prossimo G7 a presidenza italiana vorrà avere realmente un focus sull’Africa e l’area Mediterranea – come pare evidente dalle molteplici dichiarazioni istituzionali e dalla Conferenza Italia-Africa –, il tema delle crisi alimentari dovrà avere necessariamente un posto di rilievo nel corso del summit.
Prima ancora di conoscere ufficialmente le priorità del vertice, la società civile italiana – raccolta nel Civil-7 e coordinata dalla GCAP Italia – ha proposto la questione della giustizia alimentare al centro del dialogo politico, che si è svolto lo scorso 18 gennaio a Roma, con diversi esponenti istituzionali di alto livello dei ministeri interessati. Alcune delle considerazioni e raccomandazioni qui espresse rappresentano il portato di un lavoro comune del gruppo del C7 italiano, denominato “Giustizia alimentare e trasformazione dei sistemi alimentari”.
I sistemi alimentari essenziali per il nostro futuro
I sistemi alimentari sono infatti centrali per il benessere sociale e il paradigma del nostro futuro: per la salute degli ecosistemi, la sicurezza alimentare e nutrizionale, la cultura e il paesaggio. Al contempo, pongono sfide cruciali in merito alla riduzione della biodiversità, il consumo idrico, le emissioni di gas serra e l’inquinamento delle falde, con gravi implicazioni per la salute umana. Subiscono il cambiamento climatico e vi contribuiscono.
Occorre quindi un approccio integrato per rispondere ad una questione tanto urgente: l’ultimo Rapporto FAO sullo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo dichiara che l’anno scorso 783 milioni di persone hanno sofferto la fame (122 milioni in più rispetto al 2019), mentre in 3,1 miliardi non hanno accesso a una dieta adeguata e salubre. Uno scenario che rende una chimera l’obiettivo “Fame Zero” entro il 2030, come previsto dell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile.
Le cause strutturali alla base della fame
In tutto questo, le cause strutturali della fame sono sempre le stesse e non si sono attenuate. Nel post-pandemia, i conflitti e la questione climatica restano i fattori determinanti dello status quo. Causati in buona parte da fattori geopolitici: dal protrarsi del conflitto in Ucraina alla diffusa crisi politica nel Sahel, dai conflitti protratti in Yemen, Somalia e Siria al dramma umanitario che si sta consumando in Africa Orientale. Il caos climatico, che si manifesta con crescente e drammatica frequenza oramai su scala globale, ha infatti proprio nell’Africa e nell’area del cosiddetto Mediterraneo allargato uno dei suoi punti critici.
Assistiamo poi a una speculazione finanziaria sempre più intensa che condiziona l’inflazione, specie se guardiamo agli incrementi ingiustificati dei prezzi dei beni alimentari, aggravata da altri fenomeni, come l’accaparramento della terra in aree sempre più vaste. Un elemento che esacerba diseguaglianze ed è di ostacolo all’accesso al cibo per milioni di persone. A queste si sommano politiche di disincentivo alle riserve strategiche pubbliche di cibo da parte dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), accordi commerciali che aumentano il divario di opportunità e un quadro incoerente di politiche globali ed europee.
Le proposte della società civile per una transizione agro-ecologica
Da questa analisi sulle cause scaturiscono un ampio ventaglio di proposte politiche e di azioni da intraprendere. Ne proponiamo qui alcune che riguardano il processo G7 e pongono la possibilità di realizzare un’inversione di rotta nella direzione di una transizione agro-ecologica. Altre, altrettanto fondamentali, su clima, salute, ruolo delle donne e dei giovani contadini, le proporremo comunque all’attenzione dei governi del G7.
Diritti umani
La centralità del quadro internazionale dei diritti umani nel G7 si estende certamente al tema della giustizia alimentare e alla necessità che i diritti umani siano incorporati nella trasformazione dei sistemi alimentari. Questo approccio deve essere tradotto in priorità, ricordando la necessità di rispettare, proteggere e promuovere i diritti umani, e l’importanza della partecipazione, della trasparenza e della responsabilità dei detentori dei diritti e dei portatori dei doveri e delle terze parti, nella trasformazione dei nostri sistemi alimentari.
Investimenti e commercio
Allo stesso tempo tutti gli investimenti dovrebbero rispettare gli standard ambientali e sui diritti umani, siano essi pubblici o privati. Quando quest’ultimi sono sovvenzionati con fondi pubblici, riteniamo che ci debba essere un’attenzione più forte e marcata ad adottare modelli di business sostenibili e inclusivi, come le cooperative, le imprese sociali e le associazioni dei piccoli produttori, in particolare delle donne, che già integrano il costo della conformità ambientale e sociale.
Occorre anche prestare maggiore attenzione alla necessità di assicurare che gli accordi commerciali multilaterali e bilaterali e gli indirizzi dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) di disincentivo alle riserve strategiche pubbliche del cibo non mettano a rischio o contraddicano gli sforzi volti ad abbandonare un sistema alimentare incompatibile con i limiti del pianeta e con il necessario sostegno agli approcci territoriali.
La governance dei sistemi alimentari
Nei percorsi di dialogo e negoziazione in essere sui sistemi alimentari sostenibili a livello nazionale, europeo e globale occorre infine ovviare a un approccio multi-stakeholder, carente di legittimità democratica, e definire chiare responsabilità, tramite regole utili a mitigare squilibri di potere e conflitti d’interesse, come dimostrato dalle forti limitazioni del summit dei sistemi alimentari dell’Onu nel sostenere percorsi di reale trasformazione dei sistemi alimentari e valorizzare il contributo della società civile. Pertanto, occorre riaffermare il Comitato per la Sicurezza Alimentare Onu (CFS) come la principale piattaforma politica internazionale, multi-attore e intergovernativa sulla sicurezza alimentare e la nutrizione che promuove il coordinamento, la convergenza e la coerenza delle politiche per realizzare il diritto ad un’alimentazione adeguata.