In Kirghizistan si va al voto con la nuova Costituzione

Domenica 28 novembre, in Kirghizistan si voterà per eleggere i membri del Jogorku Kenesh, il Parlamento unicamerale, i quali resteranno in carica cinque anni. Queste elezioni sono di particolare importanza: sono le prime dopo l’annullamento di quelle tenutesi il 4 ottobre 2020 e da quando è entrata in vigore la nuova Costituzione nel maggio del 2021.

Dove eravamo rimasti?

Le ultime elezioni parlamentari si erano tenute il 4 ottobre 2020 e avevano scatenato la cosiddetta “rivoluzione di ottobre”, la terza da quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza dall’Urss. In questa occasione, i partiti di opposizione avevano denunciato brogli e voti di scambio e, di conseguenza, migliaia di persone erano scese in piazza per chiedere l’annullamento dei risultati elettorali.

Il 6 ottobre 2020, la Commissione centrale elettorale kirghisa aveva accolto la richiesta dei manifestanti: il governo e il capo di Stato in carica, Sooronbay Jeenbekov, si erano dimessi. Nei mesi successivi, il Kirghizistan ha dovuto affrontare una forte crisi politica, che è giunta a termine il 10 gennaio 2021 con l’elezione a presidente della Repubblica di Sadyr Japarov, leader nazionalista e conservatore.

Tra i primi provvedimenti del nuovo governo c’è stata l’approvazione della riforma costituzionale che prevede:

  • l’abolizione del sistema parlamentare e il ritorno a quello presidenziale
  • la riduzione dei membri del Parlamento da 120 a 90
  • il conferimento del potere di iniziativa legislativa al presidente della Repubblica
  • l’introduzione di un mandato presidenziale di cinque anni con possibilità di un rinnovo
  • la costituzione di una nuova assemblea consultiva, Kurultai, formata da 2500 rappresentanti degli antichi clan nomadi

Parlamento ad interim e sistema elettorale

In seguito all’annullamento delle elezioni del 4 ottobre 2020, il mandato del Parlamento uscente è stato prolungato con un provvedimento di legge eccezionale approvato dalla Corte costituzionale. Inizialmente, le nuove consultazioni si sarebbero dovute tenere durante la scorsa primavera, ma sono state ulteriormente rimandate a causa della pandemia da Covid-19.

Diversi osservatori, tra cui la Commissione europea per la Democrazia attraverso il diritto, hanno sottolineato che, durante l’estensione del mandato, il Parlamento ad interim non dovrebbe essere autorizzato a esercitare funzioni straordinarie. Invece, il Jogorku Kenesh ha approvato sia la riforma costituzionale sia l’introduzione di un nuovo sistema elettorale misto, oltre a numerose altre leggi.

Secondo il nuovo provvedimento, entrato in vigore il 26 agosto, 54 parlamentari sono scelti con il sistema proporzionale in un unico collegio elettorale nazionale. Per essere eletti, i candidati devono superare la soglia di sbarramento del 5% a livello nazionale e dello 0,5% nelle regioni e nelle due città principali, Bishkek (la capitale) e Osh (maggiore centro del Sud del Paese). Inoltre, ogni partito può ottenere al massimo 27 seggi. Gli altri 36 parlamentari sono eletti secondo il sistema uninominale secco: in ogni collegio vince il candidato che ottiene la maggioranza relativa dei voti in un unico turno. È previsto, inoltre, che il 30% dei seggi sia assegnato a parlamentari donne.

I partiti in corsa

La rivoluzione di ottobre dello scorso anno è scoppiata anche a causa dell’insofferenza generale dei kirghisi nei confronti della classe politica del Paese: la corruzione è molto diffusa, così come il nepotismo, il clientelismo e gli abusi di potere. La richiesta di cambiamento ha determinato l’emergere di nuovi partiti politici, a discapito di quelli tradizionali. Questo ha portato a un’ulteriore frammentazione del panorama politico kirghiso.

Alle consultazioni di domenica 28 novembre, si sono iscritti 21 partiti e 1036 candidati nel collegio elettorale nazionale, mentre sono 304 le persone che concorreranno nei collegi uninominali. Dei 21 partiti in corsa, solo cinque (Yiman Nuru, Ata Meken, Butun Kyrgyzstan, Ordo e il partito Socialdemocratico) erano presenti anche alle ultime elezioni. La partecipazione di nuove formazioni politiche è stata facilitata dall’eliminazione dell’obbligo di registrazione dei partiti almeno sei mesi prima del giorno del voto.

Secondo l’ultimo report dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), in questa tornata elettorale non si può individuare un partito dominante; inoltre, la presenza di molti partiti nuovi – e perlopiù sconosciuti – rischia di confondere gli elettori.

Il presidente Japarov ha dichiarato di essere super partes e che, quindi, non sosterrà nessuna delle formazioni candidate. Il suo ex partito, Mekenchil, non è in corsa per le elezioni, tuttavia, diversi suoi alleati politici si sono candidati con Butun Kyrgyzstan, Ishenim, Yntymak, Azattyk e Ata Jurt Kyrgyzstan. I partiti che si oppongono alle riforme prospettate dal presidente della Repubblica sono, invece, Ata Meken e Alyans.

Sembra, dunque, molto probabile che il nuovo Parlamento sarà composto per la maggioranza da sostenitori di Japarov: un’assemblea più piccola e leale permetterà al capo di Stato di continuare il processo di centralizzazione del potere nelle sue mani, iniziato con l’approvazione della riforma costituzionale. Come hanno dimostrato le elezioni dello scorso anno, però, in un Paese turbolento come il Kirghizistan, niente è scontato.

A cura di Francesca Santacatterina, autrice della redazione Russia de Lo Spiegone

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