In Kirghizistan, domenica 28 novembre si è votato per eleggere i 90 membri del Parlamento, il Jogorku Kenesh (Consiglio supremo). Alla chiusura dei seggi, la Commissione elettorale centrale (Cec) ha pubblicato i risultati preliminari del conteggio automatico dei voti. Invece, lo scrutinio manuale – l’unico considerato ufficiale dalla Costituzione kirghisa – è ancora in corso.
L’affluenza elettorale si è fermata al 34,6%, un record negativo per il Kirghizistan. Alle ultime elezioni, che si sono tenute il 4 ottobre 2020 e poi annullate, aveva votato il 58,9% degli aventi diritto. Le cause di questa scarsa affluenza sono molteplici. Innanzitutto, l’introduzione di un nuovo sistema elettorale a pochi mesi dalle votazioni potrebbe aver disincentivato la partecipazione degli elettori inesperti. Inoltre, queste sono state le quarte consultazioni nazionali in poco più di un anno. Infine, circa 290mila persone su 3,6 milioni non si sono ancora sottoposte ai rilevamenti biometrici necessari per la registrazione alle liste elettorali e, quindi, sono sostanzialmente private del diritto di voto.
I risultati
I primi risultati mostrano che solo 6 dei 21 partiti candidati hanno superato la soglia di sbarramento del 5%:
- Ata-Jurt Kyrgyzstan con il 16,83% dei voti;
- Ishenim con il 13,43%;
- Yntymak con il 10,73%;
- Alyans con l’8,12%;
- Butun Kyrgyzstan con il 6,71%;
- Yiman Nuru con il 5,98%.
L’unico partito di opposizione ad aver ottenuto dei seggi nel Consiglio supremo è Alyans, fondato pochi mesi fa da politici provenienti dal partito socialista Ata-Meken – che ha ottenuto solo il 3,45% dei voti in queste elezioni, mentre nel Parlamento uscente poteva contare su 11 rappresentanti.
Al contrario, Ata-Jurt Kyrgyzystan, Ishenim e Yntymak sono le formazioni più vicine al capo di Stato Sadyr Japarov: tra i loro membri ci sono molti suoi alleati e vecchi compagni di partito. Infatti, l’ex gruppo del presidente, Mekenchil, non si è candidato a queste consultazioni e i suoi componenti si sono divisi tra gli altri partiti in corsa. Anche Butun Kyrgyzstan e Yiman Nuru, conservatori e nazionalisti, appoggiano gli obiettivi politici di Japarov, in particolare il rafforzamento del sistema presidenziale e la valorizzazione delle tradizioni kirghise.
Le opposizioni chiedono l’annullamento
Durante il processo di conteggio elettronico dei voti, il sito della Commissione elettorale centrale non è stato raggiungibile per qualche minuto a causa di un malfunzionamento del software. Tornato attivo, tuttavia, i risultati erano cambiati. Ad esempio, prima del blackout, Ata-Meken aveva superato la soglia di sbarramento con il 6,17%, mentre i suoi voti si sono dimezzati quando il sito della Cec è tornato in funzione.
Quattro partiti di opposizione – Ata-Meken, Azattyk, il partito Socialdemocratico e Uluttar Birimdigi – hanno chiesto l’annullamento delle elezioni. La Commissione elettorale centrale (Cec) ha assicurato che il problema tecnico non ha compromesso la validità dello scrutinio, mentre il presidente Japarov ha dichiarato che le autorità competenti indagheranno sull’accaduto e che qualsiasi eventuale illecito verrà punito.
Lunedì 29 novembre, circa 100 persone si sono radunate davanti alla sede della Cec, nella capitale Bishkek, per protestare contro la presunta falsificazione dei risultati elettorali: la manifestazione si è conclusa pacificamente, ma le richieste dei partecipanti sono rimaste inascoltate.
I risultati confermano il sostegno a Japarov
Il sistema politico kirghiso è estremamente frammentato e, quindi, le elezioni sono molto competitive e i risultati imprevedibili. I partiti non si formano secondo un programma di valori e obiettivi a lungo termine, ma rispondono a interessi contingenti. Inoltre, le formazioni politiche sono prevalentemente incentrate sulla personalità dei leader.
I risultati delle votazioni del 28 novembre confermano questo quadro: in un anno, il presidente Japarov è riuscito a creare intorno a sé un forte sostegno, sia nell’ambiente politico che tra i cittadini. Questo gli permetterà di raggiungere facilmente i suoi due principali obiettivi, ossia accentrare il potere nelle mani dell’esecutivo e riportare in auge le tradizioni kirghise, accantonate durante il dominio sovietico dell’Asia centrale.
A cura di Francesca Santacatterina, autrice della redazione Russia de Lo Spiegone
Foto di copertina EPA/IGOR KOVALENKO