Il Trattato del Quirinale inaugura la nuova cooperazione tra Italia e Francia

L’espressione “Trattato del Quirinale” è ambiziosa perché fa pensare al “Trattato dell’Eliseo”, firmato nel 1963 dal presidente Charles De Gaulle e dal cancelliere Konrad Adenauer. Quel documento ha contribuito a cambiare la storia europea, propiziando una fase di proficua e intensa collaborazione bilaterale, poi confermata dai fatti, malgrado le diverse stagioni politiche.

L’idea di un rapporto privilegiato si è materializzata in una serie di “coppie” altamente simboliche: da De Gaulle-Adenauer a Macron-Merkel, passando per Giscard-Schmidt e soprattutto Mitterrand-Kohl. In alcuni casi i dissapori non sono affatto mancati, ma i dispositivi del dialogo e del rapporto bilaterale hanno sempre retto gli urti degli interessi politici talvolta contrastanti. Su questo terreno c’è il vero punto interrogativo che scaturisce dal nuovo trattato italo-francese. Reggerà all’impatto delle alternanze politiche? Sul piano formale reggerà di sicuro, nel senso che non verrà cancellato. Ma, in caso di pioggia o di tempesta, potrebbe finire in un cassetto.

Un’intesa per superare le tensioni
L’estrema asprezza delle polemiche franco-italiane all’epoca del governo Conte I è storia assai recente. Storia di dissapori tra il ministro italiano dell’Interno e le autorità transalpine, di ritiro dell’ambasciatore francese e di tanto altro ancora. Compresa la frase pronunciata dall’allora portavoce del partito macronista Lrem Gabriel Attal : “Ce que fait le gouvernement italien est immonde”. Parlando della vicenda “Aquarius”, Attal disse che certe scelte italiane lo facevano “vomitare”. Oggi Attal ha fatto carriera ed è portavoce ufficiale del governo. Sarebbe interessante sapere come reagirà nel caso di una nuova svolta della politica italiana.

Un altro punto che ispira prudenza – insieme al compiacimento per la conclusione del Trattato – sta nel fatto che il testo cammina sulle due gambe dei valori condivisi e dei buoni propositi di collaborazione. I valori condivisi sono quelli alla base dell’Unione europea. Condivisi sono oggi e, per fortuna, già lo erano ieri. I buoni propositi sono tanti, ma attendono una verifica alla prova dei fatti. Nel campo della cooperazione economica gli attriti sono stati numerosi negli ultimi decenni. I due Paesi sono complementari, ma anche concorrenti. In certi settori hanno interesse a camminare mano nella mano, ma alcune loro scelte di fondo sono diverse. È il caso dell’energia: la Francia ottiene dal nucleare i quattro quinti della propria energia elettrica, mentre l’Italia ha rifiutato il nucleare per via referendaria.

I due Paesi partono da filosofie diverse, benché accomunate da un elemento fondamentale, ribadito dal Trattato: l’impegno per la lotta ai cambiamenti climatici e a tutto ciò che contribuisce a determinarli.

I settori interessati
La parte forse più promettente dell’attuale iniziativa franco-italiana riguarda la politica estera, la difesa e la sicurezza. I due Paesi vogliono, e per certi aspetti devono, collaborare sempre più strettamente, in un contesto globale che vede gli orizzonti strategici degli Stati Uniti spostarsi dall’area Europa-Mediterraneo verso quella Asia-Pacifico. Se vogliamo la nostra sicurezza, dobbiamo investire di più in prima persona.

L’attuale crisi libica è un test concreto della possibilità di applicare le intenzioni espresse col “Trattato del Quirinale”. I temi dell’economia e della sicurezza hanno un nesso nel comune impegno nel settore dei satelliti e della loro messa in orbita. Restano però punti interrogativi in campo aerospaziale, vista l’assenza (ormai da mezzo secolo) dell’Italia da Airbus e visti i diversi orientamenti a proposito dei futuri aerei militari.

Un altro test per le relazioni bilaterali è al confine tra i due Paesi. Oggi, polizia e dogane francesi effettuano regolari controlli sui treni in arrivo dall’Italia e capita che anche i passeggeri dei voli dalla nostra Penisola siano sottoposti in Francia a controlli dei documenti, come se giungessero da una zona extra-Schengen. Vedremo se il Trattato avrà o meno concrete conseguenze su questo terreno.

Oggi le relazioni italo-francesi sono molto buone e, in questo contesto, la firma del “Trattato del Quirinale” sembra la classica ciliegina sulla torta. In futuro moltissimo dipenderà dalla politica interna. Resta da capire – ma questo non possiamo dirlo oggi – se il nuovo documento sarà un input per intensificare la cooperazione indipendentemente dagli assetti politici nazionali. È possibile ed auspicabile. Ma non è affatto scontato.

Foto di copertina EPA/QUIRINALE PALACE PRESS OFFICE

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