Il ritorno delle trivelle nel Mediterraneo orientale

L’accordo turco-libico sulla frontiera marittima del 2019, che Grecia ed Egitto hanno definito nullo, ritorna sulla scena: Ankara e Tripoli preannunciano ricerche offshore nelle aree marittime in cui avanzano pretese.

Il copione non è nuovo. Sono perciò ipotizzabili altre situazioni di confronto navale con la Turchia. A reagire, questa volta, potrebbe essere anche l’Egitto. Tutto dipende dall’ubicazione delle zone di prospezione turco-libiche che, in teoria, potrebbero non ricadere in acque contestate.

La cautela è d’obbligo, soprattutto per Paesi estranei al contenzioso come l’Italia. Ovviamente l’uso della forza per affermare le proprie ragioni sarebbe illegittimo.

Il confronto sulle Zone economiche esclusive

La proclamazione di Zone economiche esclusive (Zee) è divenuta negli ultimi decenni un’arma geopolitica nel Mediterraneo orientale. Per il momento, è congelato il contenzioso greco-turco sui fondali del mar Egeo che cinquant’anni fa sfiorò il casus belli.

Cipro ha concluso accordi sulle Zee con Egitto, Libano ed Israele contestati dalla Turchia, sia per asserite violazioni dei diritti della sedicente Repubblica Turca di Cipro del Nord (RTCN), sia per contrasto con le proprie pretese marittime a sud-est dell’Anatolia.

Nel 2019 Ankara ha d’improvviso passato il Rubicone, concludendo un accordo sulla frontiera marittima con Tripoli (non ratificato dal Parlamento di Tobruk) improntato a discutibili criteri di delimitazione considerati illegittimi da Grecia, Cipro ed Egitto: le coste rilevanti di Anatolia e Cirenaica prese a base dell’accordo si fronteggiano in diagonale, ignorando acque territoriali e Zee di Rodi, Karpatos e Creta.

Nel 2020 Grecia ed Egitto hanno risposto con un’intesa sulle rispettive Zee che non tiene conto di quella turco-libica, determinando quindi aree di sovrapposizione, come mostra la mappa dell’EJIL. Atene avrebbe voluto che la delimitazione si congiungesse alla Zee cipriota, ma il Cairo non ha consentito che si spinga verso est oltre il meridiano 28°, per non compromettere future soluzioni negoziate con la Turchia.

La tattica delle ‘zone grigie’

Nel quadrante a sud-est di Creta si è così creata una situazione di spazi marittimi di incerta titolarità che è fonte di grave instabilità. Gli Stati sono sovrani nello stabilire i limiti esterni delle loro zone di giurisdizione ma, come affermato dalla Corte internazionale di giustizia, “la validità della delimitazione con riguardo agli Stati terzi dipende dal diritto internazionale”.

L’avvio di prospezioni aggiungerebbe ora benzina sul fuoco, anche se bisognerà vedere dove verranno stabiliti i blocks energetici. Quanto alla società cui saranno affidate le ricerche è presumibile sia la turca TPAO, la quale si avvarrebbe di navi di bandiera protette da Unità navali turche.

In teoria, le attività offshore si potrebbero svolgere nella Zee proclamata da Tripoli nel 2009 (la Turchia non risulta abbia ancora una sua Zee), il cui limite esterno non è tuttavia accettato dalla Grecia né è concordato lateralmente con l’Egitto. Tutto lascia però presagire che si verificherà puntualmente la provocazione di eseguirle, sia pur in minima parte, nella Zee greco-egiziana.

Le situazioni di confronto ravvicinato tra unità greche e unità turche dislocate a protezione della nave di ricerca Oruç Reis sono dunque nuovamente ipotizzabili, con in più, questa volta, il possibile coinvolgimento di unità egiziane. A parti invertite, un simile caso potrebbe verificarsi qualora Atene o il Cairo autorizzino ricerche offshore nelle loro Zee.

Il possibile conflitto con la Grecia

Al momento non si vedono soluzioni giuridiche al contenzioso stante l’indisponibilità delle parti a negoziare o ad adire tribunali internazionali. Il non superare la linea rossa dell’uso della forza navale è in ogni caso un limite invalicabile. La questione quindi si trascinerà a lungo nei modi che già conosciamo, interferendo in aggiunta con la crisi interna tra Tripoli e Tobruk e determinando un danno alla martoriata economia libica.

La Ue appoggerà naturalmente le rivendicazioni greche come fatto sinora in nome del rispetto dei principi della Convenzione del diritto del mare, cui la Turchia non aderisce ancora. La Nato resterà invece estranea per equidistanza tra i due suoi membri.

L’Italia non avanza pretese in aree rivendicate da Tripoli ed Ankara. L’accordo concluso da Roma con Atene nel 2020 per la delimitazione della Zee si ferma a sud in un punto che lascia aperta la porta a future intese con la Libia. Bisognerà comunque prevenire situazioni simili a quelle della Saipem 12000, quando la nave riconducibile ad interessi italiani fu allontanata dai turchi perché operante in un block assegnatogli da Cipro. La Marina italiana che è in quelle acque con l’operazione “Mediterraneo Sicuro” dovrà quindi intensificare la sua attività di presenza e sorveglianza.

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